01/10/2016

Referendum: le motivazione del #IoVotoNO

Lunedì è stata annunciata la data per il referendum costituzionale: si voterà il 4 dicembre, dalle ore 07:00 alle 23:00. Il dibattito attorno a questo tema è animato ed esula dalla consueta divisione tra “destra” e “sinistra”, arrivando persino a divergenze di opinione interne ai singoli partiti.

ProVita Onlus, mantenendo il consueto distacco da qualsivoglia partito, ha già espresso la propria posizione in merito al referendum: è necessario andare a votare, e votare NO. Questo per scongiurare che la riforma si riveli essere, con un effetto a cascata praticamente certo, un ulteriore tassello nella lotta contro la vita, la famiglia e l’educazione. Ha affermato il nostro presidente Toni Brandi: «Il NO al referendum, quindi, è prima di tutto un NO al rischio di accentramento del potere in un solo partito; un NO alla limitazione della libertà e con esso della possibilità di difendere sul piano sociale, antropologico e morale principi e valori con i quali si è costruita la nostra storia, valori che abbiamo ricevuto dai nostri padri e che abbiamo il dovere di insegnare ai nostri figli».

Rilanciamo volentieri il Manifesto contro la rottamazione della Costituzione – Le ragioni del NO alla riforma costituzionale pubblicato sul Gruppo Consiliare Civica Trentina.

La volontà di stravolgere irrimediabilmente la Costituzione, lasciando sussistere un Senato sostanzialmente esautorato, viene pubblicizzata dal Governo Renzi e dai suoi sostenitori con vari argomenti, alcuni dei quali suggestivi… Vediamoli.

Il Parlamento italiano è pletorico: in Paesi come gli USA, con un numero di abitanti molto superiore rispetto all’Italia, i rappresentanti dei cittadini sono circa la metà

Valutando la questione in linea di principio, il fatto che oggi siano in voga determinate architetture istituzionali rappresenta una coperta troppo corta per dimostrare la fondatezza delle tesi renziane. Uno sguardo storico di maggior respiro sulle più nobili forme di governo del passato, suggerisce spunti interessanti: nella Venezia del 1500, la Repubblica per eccellenza – anche quanto a durata storica –, con un numero di abitanti ed un’estensione territoriale assolutamente modesti rispetto a quelli dell’Italia odierna, i membri del Maggior Consiglio erano numericamente molti di più rispetto a quelli del Parlamento italiano odierno.

Venendo ad oggi, va poi riconosciuto che gli USA non sono l’esempio più calzante di rispondenza fra la politica della classe dirigente ed il volere dell’elettorato. Su un tema di assoluta gravità, come quello dei rapporti internazionali, ad es., i rappresentanti di quel Paese attuano una politica militare globale estremamente presenzialista, in aperto contrasto l’orientamento assai meno bellicoso dell’elettorato americano. Sotto la presidenza di Obama, gli USA sono infatti intervenuti direttamente e/o indirettamentein Libia, Ucraina, Siria, Egitto, Yemen, in Romania (con sistemi missilistici convertibili in tempo reale in sistemi di offesa nucleare), in Polonia, nel Mare cinese meridionale, ecc.. Senza con ciò fornire una valutazione di merito della politica USA, è chiaro che un sistema governabile – talmente governabile da poter agevolmente e sistematicamente scavalcare il volere della Nazione, anche su questioni di gravissima portata – non è per ciò stesso un sistema adeguatamente rappresentativo dell’elettorato.

* Abolendo il bicameralismo perfetto, Renzi promette un risparmio che dapprima ha stimato in circa un miliardo di €, e successivamente in 500 milioni (Il Sole 24 Ore, 10 agosto 2016)

Va premesso che è irresponsabile addurre come argomento di peso la prospettiva di un risparmio tanto modesto, per giustificare la demolizione di un importantissimo istituto di rappresentanza democratica. Ciò detto, si deve comunque obiettare che i valori in campo sono completamente differenti da quelli indicati da Renzi. Dai dati previsionali del bilancio 2015 del Senato, ad es., emerge che il costo totale annuo delSenato stesso è di 540 milioni di €, contro i 570,4 miliardi di € di spesa previsti per il solo Stato (v. “Il bilancio in breve” del MEF). A ciò si aggiunga che è pacifico che il Senato renziano avrà comunque dei costi importanti: più precisamente, la riduzione delle spese attuali,  secondo le stime più attendibili – confermate anche dalla Ragioneria dello Stato – si attesterà sui  50 milioni annui.

E cioè un risparmio irrisorio (un ventesimo del promesso miliardo iniziale), a fronte della (opposta) necessità di rappresentare in maniera adeguata circa 55 milioni di cittadini (non di residenti) italiani.

Considerato peraltro che, col tempo, le promesse di risparmio del Governo Renzi hanno via via perso credito, la ministro Boschi ha estratto dal cilindro un nuovo argomento, producendo uno studio che assicura vantaggi eccezionali – grazie alla riforma – consistenti in un futuro, notevole aumento del PIL.

Persino l’ex-premier Monti, però, benché ultrariformista per vocazione, ha smentito questa prospettiva ed ha invitato a non caricare di aspettative economiche le previste modifiche costituzionali.

Dati dunque questi precedenti, concludendo, non è difficile prevedere che nelle prossime settimane la fantasia politica (al potere) escogiterà nuovi e sempre più mirabolanti argomenti a favore del Sì.

* Il bicameralismo perfetto rallenta, e persino paralizza i procedimenti legislativi

In Italia, e similmente in UE (fonte di innumerevoli norme poi “tradotte” in diritto italiano), il vero problema è quello di rallentare la produzione delle norme, non è affatto quello di accelerarla.

L’italiano medio oscilla, senza affatto rendersene conto, fra la riprovazione di un sistema giuridico di giorno in giorno sempre più complesso e nevrotizzante e l’opposta tentazione di mettere dissennatamente a disposizione della classe politica strumenti (come l’abolizione del bicameralismo perfetto) capaci diaccelerare a dismisura la produzione delle norme, idonei a rendere ancora più agevoli blitz legislativi, ed a varare norme che gli stessi parlamentari non hanno avuto il tempo di ben comprendere, quanto a contenuto ed a conseguenze.

Eppure, il sistema (sostanzialmente) monocamerale – hanno obiettato i fautori della riforma – permetterebbe (in assoluta controtendenza con la storia) di ridurre le norme…

Che dire? L’ingenuità non conosce limiti.

* Il bicameralismo perfetto produce norme di cattiva qualità, frutto di compromessi

La politica comporta un tasso umanamente inevitabile di compromessi: da sempre.

La forza della Roma repubblicana, a giudizio di Polibio, grande storico greco, risiedeva fra l’altro nel suo sistema costituzionale, caratterizzato, in definitiva, da un articolato e saggio equilibrio compromissorio fra i poteri: popolare, aristocratico e (semi)monarchico (consolato).

Con una necessaria approssimazione, si pensi che a Roma le leggi promanavano dal Senato, dai Comizi centuriati, dai Comizi tributi, dalla Plebe (plebisciti), il Pretore emanava l’Editto, ecc..

Tornando poi alla Repubblica di Venezia, il Maggior Consiglio – oltre a non costituire un’entità omogeneizzata da una disciplina di partito – operava comunque in un contesto adeguatamente pluralistae bilanciato: Doge, Senato, Consiglio del Quaranta, ecc..

Con la riforma Boschi-Renzi, di contro, la maggioranza partitico-governativa “propone” leggi alla propriastessa maggioranza partitica della Camera (sostanzialmente) unica.

L’immediatezza del sistema monocamerale, congiuntamente alla quantità incontrollabile ed allacomplessità delle norme prodotte dai sistemi contemporanei, nonché all’ancor più stringente necessità, per i parlamentari, di affidarsi alle proposte elaborate dagli apparati tecnico-politici di partito, determinerebbero una dialettica (Governo/Camera e cioè maggioranza/maggioranza) in massima partefasulla. Sarebbe il tripudio della partitocrazia.

Non è forse un caso se, già nel 1911, H. Belloc e G. Chesterton lamentavano la decadenza del sistema parlamentare inglese, denunciando il fatto che i leader della Camera “sono uomini che giocano a rotazione nella farsa del partito”, e concludendo che la Nazione inglese aveva perso il controllo sul proprio destino.

* Anche il bicameralismo perfetto patisce gli effetti negativi del sistema partitocratico

È innegabile. Ma in numerosissime occasioni il passaggio delle leggi fra la due Camere (cd. “navetta”) ha permesso di creare un autentico dibattito in seno alla stessa maggioranza e di rivedere veri e propri erroriche un processo efficientista ed irriflessivo (monocamerale) tende a non cogliere; ha dato il tempoall’opinione pubblica di far conoscere il proprio orientamento, prima di essere posta dinanzi al fatto compiuto, ecc..

Un solo, recente esempio: la navetta fra Camera e Senato del disegno di legge Cirinnà (PD), ha fornito l’opportunità a gente comune ed a schieramenti politici eterogenei – M5 stelle, parte del PD e buona parte dell’opposizione – di condividere significative perplessità e critiche su questa normativa.

La Cirinnà era stata agilmente approvata alla Camera, quando – anche grazie al tempo di elaborazione e di ponderazione consentito dal sistema bicamerale – il caso Lo Giudice ed il caso Vendola hanno aiutato a comprendere quale fosse l’effettiva posta in gioco: utero in affitto, adozione di bambini da parte delle coppie gay, ecc.. L’esistenza di una seconda linea – e cioè di un Senato munito di poteri pari a quelli della Camera – ha dunque consentito un dibattito politico ben più consapevole ed incisivo di quello avvenuto alla Camera.

In un sistema di fatto monocamerale, Renzi (che ha comunque vinto, ponendo la questione di fiducia)avrebbe comodamente evitato persino di addossarsi la responsabilità di un vero dibattito.

La Cirinnà si è dunque rivelata un ottimo (fra i tanti) banco di prova: anzitutto ha dimostrato che anche col sistema bicamerale perfetto si possono approvare le leggi, persino su questioni tutt’altro che vitali, ed anche a costo di trascurare i problemi urgenti del Paese reale.

Ha poi evidenziato la peculiare superficialità operativa del sistema monocamerale: si vota “Sì” per disciplina di partito, più che per consapevolezza; si vota “Sì” più per non avere avuto il tempo di approfondire un tema, che per aver condiviso una conclusione.

Ha, infine, reso palese la facilità estrema che il monocameralismo consentirebbe al partito/schieramento di maggioranza di imporre al Paese leggi non meditate, leggi-truffa, leggi non realmente condivise (Italicum compreso) neppure da una parte della stessa maggioranza.

Siamo certi, concludendo, di voler mettere nelle mani di una maggioranza provvisoria (o, più spesso, di una fazione interna alla maggioranza: e cioè di un’assoluta minoranza) un formidabile strumento di controllo del Paese come quello voluto da Renzi/Boschi e relativi sponsor?

Siamo certi di volerci consegnare, legati mani e piedi, ad un sistema costituzionale che amplifica così potentemente i vizi e lo strapotere stesso della partitocrazia?

Redazione

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