23/10/2016

Sì alla famiglia e NO al referendum: eccovi le ragioni (2)

“Dalla decostruzione della famiglia alla disintegrazione dei corpi intermedi della società” è il titolo di una pubblicazione  dell’Associazione Generazione Famiglia, a cura dell’avvocato Simone Pillon, che ci ha gentilemente concesso di condividere con i Lettori di ProVita “le ragioni per il NO al referendum costituzionale”.

Anche a questa seconda parte dobbiamo premettere una raccomandazione: per questo tipo di referendum la Costituzione non prevede alcun  quorum. E’ quindi indispensabile andare a votare. Se per ipotesi assurda si recassero alle urne solo 4 persone, sarebbero quelle 4 a decidere – a maggioranza – se la riforma Renzi passa  (votando SI’), o non passa (votando NO).

Qui i link alle  prima parte.

La legge Renzi – Boschi negli articoli da 1 a 8 e da 17 a 20 modifica la composizione del Parlamento riscrivendo gran parte della Costituzione.

La Camera diventa unica titolare del rapporto di fiducia col Governo, del potere di indirizzo politico, della funzione legislativa e del controllo dell’operato del Governo.

Il Senato ha mere funzioni di rappresentanza e di concorrenza. I senatori passano da 315 a 100, non sono più eletti dal popolo ma nominati dalle regioni o dal Presidente della Repubblica.

Dicono che così si semplificherebbe la rappresentanza politica.

Ragioni del NO: Il bicameralismo è prezioso per garantire equilibrio e saggezza nelle decisioni che poi condizionano la vita dei cittadini. Molte volte le proposte di legge sono migliorate passando dalla Camera al Senato. Il Senato tradizionalmente composto da uomini e donne più maturi nell’età garantisce decisioni ponderate e condivise. La partecipazione di più voci alla funzione legislativa tutela i diritti di tutte le realtà politiche e locali impedendo la c.d. “dittatura della maggioranza”  [Nel decennio 1997-2006 l’Italia ha approvato, in media, 153 leggi l’anno. Una ogni 2,3 giorni. Il triplo di Regno Unito (47) e Spagna (50); più del doppio della Francia (70), NDR]

E’ certamente auspicabile una più chiara distinzione della funzione esecutiva da quella legislativa che eviterebbe sovrapposizioni e conflitti. Meglio sarebbe anche una legittimazione popolare del governo.

L’articolo 9 della legge Renzi – Boschi abolisce l’indennità parlamentare per i senatori: così – dicono – si risparmierebbero i costi della politica.

Non è vero. Infatti non sono stati eliminati i costi per i rimborsi spese dei senatori, che rimangono uguali a prima e costituiscono la metà degli emolumenti dei parlamentari.

Non sono stati eliminati gli ingenti costi per la sede, per il personale per i gruppi parlamentari.

Oggi il senato costa circa 500 milioni di euro all’anno. La maggior parte della spesa è per la struttura, il personale e i gruppi parlamentari nonché per i rimborsi spese.

I risparmi a seguito della riduzione dei senatori e dell’abolizione della loro indennità inciderebbero solo per circa 20 milioni di Euro all’anno, che divisi per 60 milioni di italiani porterebbero ad un risparmio effettivo di 0,33 centesimi all’anno per ogni cittadino.

Il vero risparmio sarebbe incidere sui costi strutturali eliminando i rimborsi per i gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali ai partiti e ridimensionando lo stipendio ai parlamentari e il numero dei dipendenti. Oggi ci sono 800 dipendenti al Senato e 1450 alla Camera, per un totale di 2,38 dipendenti per ogni parlamentare! [con stipendi d’oro, NDR]

Tratto alla pubblicazione sul NO al referendum a cura dell’avv. Simone Pillon

Qui i link alle parti successive: terza, quarta, quinta, sesta.

E per avere una idea di quello che pensa la gente che lavora la terra e che fatica davvero, guardate come risponde la platea della Coldiretti all’invito a votare sì....


#STOPuteroinaffitto: firma e fai firmare  qui la petizione contro l’inerzia delle autorità di fronte alla mercificazione delle donne e dei bambini

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