06/03/2015

Utero in affitto: il Governo ricorra contro la sentenza della CEDU

La Manif Pour Tous Italia ci ha inviato la sua newsletter che riassume la vergognosa ingerenza della Corte Europea di Strasburgo nella legislazione italiana in tema di utero in affitto.

Ci auguriamo che il Governo italiano faccia ricorso contro la sentenza di cui si parla qui di seguito.

Anno 2010 : Non riuscendo ad avere un figlio, decidono di acquistarlo.

Anno 2011:Dopo avere sborsato 50.000 Euro, il bimbo nasce da un utero in affitto.

Anno 2013:Certificata l’assenza di qualsiasi legame biologico, il bimbo viene tolto dalle mani dei nuovi “genitori”.

Anno 2015: La Corte di Strasburgo condanna l’Italia ad un risarcimento di 30.000 Euro a favore della coppia.

Una decisione pericolosa che rischia di favorire la diffusione di una prassi orribile: l’utero in affitto. Un’attività spregevole che, calpestando i diritti del bimbo e dell’umana dignità di donne e bambini, finisce per trattare l’uomo e la vita al pari della merce.

Il desiderio narcisistico che frequentemente accompagna la decisione di “possedere un figlio ad ogni costo”, sembra essere spalleggiato e sostenuto da un alleato istituzionale di non poco conto, la Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo.

“Narcisismo”, è il termine utilizzato dal Tribunale di Campobasso per descrivere la condotta dei due coniugi molisani che, nel 2010, non riuscendo a concepire un figlio, si recarono in Russia per poterne contrattare uno tramite la pratica (vietata dalla legge italiana) dell’utero in affitto.

Un narcisismo egoista che spesso, come in questo caso, porta i supposti “nuovi genitori” non semplicemente a strappare il bimbo dal grembo che lo ha generato ma, in aggiunta, a farlo con l’utilizzo di una volontaria e consapevole menzogna.

A Mosca, infatti, la nuova “madre” italiana aveva fornito al consolato dei documenti che accertavano l’esistenza di un legame biologico fra i due italiani e il neonato.

Lo aveva fatto, però, “dimenticandosi” completamente dell’opinione della vera madre che, in realtà, affermava l’esatto opposto: tanto gli ovuli quanto gli spermatozoi erano stati comprati.

La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia perché non avrebbe dimostrato che l’allontanamento del bambino dalla coppia fosse necessario. Utilizzare l’affetto tra bambino e genitori – che sicuramente esiste – risulta un “escamotage” per scardinare una norma prevista dalla legge italiana.

La sentenza della Corte di Strasburgo non riguarda in alcun modo il merito delle leggi vigenti in Italia, che vietano e puniscono il ricorso alla maternità surrogata, e sono quindi destituite di ogni fondamento le pressioni strumentali che già invocano interventi del Parlamento.

Con la sua ingiusta decisione, la Corte di Strasburgo ha creato un regime di tolleranza legale intorno alla barbara pratica dell’utero in affitto. In nessun caso si può limitare la libertà degli Stati di non riconoscere un “diritto di vita privata familiare” nella situazione nata dalla violazione della legge e dei più elementari diritti umani.

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Resta il fatto che, sfruttando un tale pronunciamento, ora altre coppie saranno legittimate a ricorrere a tali pratiche all’estero per poi farsi riconoscere i figli in Italia. Una decisione che comporta una serie di problematiche non indifferenti.

I paesi dove la pratica della maternità surrogata è legale si stanno rendendo conto delle problematiche legate a questa procedura e stanno tornando sui propri passi. In Thailandia, dopo oltre trent’anni in cui la pratica è stata tollerata e non punita, il parlamento di Bangkok ha oggi approvato una legge che vieta agli stranieri di ricorrervi. Il fatto eclatante è stato quando una giovane thailandese, Pattaramon Chanbua, di 21 anni aveva affittato il proprio utero a una coppia di australiani per circa 12 mila euro, e aveva partorendo due gemelli. Uno di loro, Gammy, nato Down, era stato abbandonato dalla coppia.

Non vogliamo che anche in Italia si dia spazio a una pratica così barbara e inumana, per poi accorgersene e tornare indietro quando sarà troppo tardi.

La Manif chiede udienza presso i Ministri competenti, affinché accolgano la richiesta formale di presentare ricorso avverso la iniqua sentenza della CEDU.

La Manif Pour Tous Italia

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