31/03/2015

Educazione sessuale: natura, famiglia e scuola

Alcune considerazioni di un pediatra in merito all’insegnamento dell’educazione sessuale nella scuola, pubblicate su La Croce del 28 u.s.

Da alcuni mesi si è acceso un forte dibattito sulla pubblicazione degli Standards per l’Educazione Sessuale in Europa, pubblicati dall’Ufficio Regionale dell’OMS.

In queste linee guide per politici, amministratori locali e insegnanti, si legge che i bambini hanno il “diritto di indagare la propria nudità e il proprio corpo, un diritto di essere curiosi, il diritto di scoprire la loro identità di genere” e dovranno essere coinvolti al “gioco del dottore”. Inoltre bisognerà “informare [il bambino] sul piacere e sul godimento che si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo e sulla masturbazione precoce infantile”. Per i bambini dai 4 ai 6 anni occorrerà mettere a tema i loro “problemi sessuali e favorire relazioni tra coetanei dello stesso sesso”, per quelli dai 9 ai 12 è necessario stimolarli “a decidere in modo responsabile se avere o non avere esperienze sessuali”. La contraccezione (preservativo, pillola etc) sarà argomento spendibile già per i bambini dai 6 anni in su e di gravidanze indesiderate e di aborto si potrà parlare agli scolari di nove anni e più.

Il presupposto di queste linee guida è che “bambine e bambini, ragazze e ragazzi sono decisivi per il miglioramento della salute sessuale generale“. Ma “per maturare un atteggiamento positivo e responsabile verso la sessualità, essi hanno bisogno di conoscerla sia nei suoi aspetti di rischio che di arricchimento”. Questo documento vuole essere dunque un “primo passo” in questa direzione e “contribuire a introdurre l’educazione sessuale olistica”, che significa fornire a bambine/i e a ragazze/i “informazioni imparziali e scientificamente corrette su tutti gli aspetti della sessualità”, evitando di terrorizzarli con i potenziali rischi e favorendo, piuttosto, un sentimento che li porti a vivere la sessualità e le relazioni di coppia “in modo appagante e allo stesso tempo responsabile”.

“Il documento ha il pregio di aver evidenziato che la sessualità va educata per tutto il corso della vita, però offre una lettura dell’educazione sessuale estranea alla famiglia, come fosse un addestramento, un esercizio”, sottolinea lo psicologo infantile Ezio Aceti.

Bludental

Sessualità e affettività rivestono sicuramente un aspetto importante nella vita di relazione di ogni individuo, ma coinvolgendo aspetti così sensibili, intimi, personali, non possono essere insegnati o divulgati come fossero le Guerre Puniche o il Primo Canto del Paradiso di Dante.

Per non ferire la sensibilità di soggetti in età evolutiva, è indispensabile tener conto del grado di maturazione dei minori, delle abitudini etniche e razziali, delle convinzioni religiose, ed infine delle differenti tappe di maturazione e di sensibilità fra maschio e femmina all’adolescenza, considerando anche i rapporti interpersonali che sempre si creano all’interno di una stessa classe.

Rispetto dell’intimità, rispetto del pudore, rispetto della privacy (così spesso tirata in ballo senza motivo, e messa in un angolo come in questo caso), rispetto della gradualità educativa, che richiederebbero colloqui individualizzati, parlando a tu per tu coi bambini/adolescenti, in privato, e non apertamente davanti ad altri 20, 30 coetanei, sono i motivi per cui solo all’interno della famiglia questi argomenti potrebbero essere affrontati, rispettando la personalità del minore.

Lo sviluppo del comportamento sessuale, delle emozioni e cognizioni relative alla sessualità, inizia nel grembo materno e continua per tutto l’arco della vita di un individuo.

Il bambino esplora il proprio corpo, scopre parti più sensibili, e parti più dolorose, scopre la differenza fra il suo corpo e quello degli altri, impara il rispetto di ciò che è diverso dal suo e che ognuno ha pari dignità; questo non vuol dire che maschi e femmine siano la stessa cosa, ma, anzi, hanno bisogni, sensibilità ed esperienze differenti.

Maschio e femmina, uomo e donna sono differenti fisicamente, emotivamente, psicologicamente, ma sono assolutamente complementari.

Nasciamo maschi e femmine – ribadisce Ezio Aceti – e su questa nascita maturano caratteristiche fisiologiche e psicologiche differenti. L’educazione e la cultura intervengono affinché l’essere uomo o donna sia rispettato, siamo di fronte ad una verità della natura”.

La scoperta del corpo e la scoperta del piacere che lo accompagna è quindi una cosa naturale, spontanea. “I bambini, esplorandosi, sono gratificati dalla propria stimolazione tattile, producendo un comportamento calmante e gratificante come avviene quando la mamma li abbraccia, li accarezza” (Noemi Grappone sessuologa).

Susanna Tamaro, scrive su Il Corriere:Questo prepotente insinuarsi dei metodi educativi nella parte più segreta e intima dei bambini è qualcosa di inquietante. Da che mondo è mondo, i piccoli d’uomo hanno scoperto da soli come nascono i figli e cosa fanno gli adulti quando si appartano. Il percorso di queste scoperte coincide con quello del corpo, ed è un percorso fatto di penombre, di cose nascoste, di piccole conquiste, di grandi e improvvise folgorazioni. L’esplorazione del proprio corpo e di quello degli altri è un’ attività che è sempre esistita, e che sempre esisterà. Probabilmente soltanto la nostra società malata di frantumazione ha bisogno di farla illuminare dalla sapienza degli specialisti, senza tenere conto del nostro innato senso di pudore.

Il piacere quindi che provano è conseguenza di un atto esplorativo e conoscitivo, non il fine per il quale agiscono, come potrebbe invece accadere dall’adolescenza in poi; cioè non possiamo ritenere (perché non dimostrato) che la manipolazione dei genitali, cioè la masturbazione infantile, sia finalizzato alla ricerca del piacere sessuale inteso come orgasmo.

E’ viceversa un sistema auto consolatorio, del tutto naturale, da non enfatizzare, ma sicuramente da non favorire o promuovere.

Chi ha lavorato tanti anni a tutela dei minori riferisce che gli unici bambini che avevano questi pensieri (questi sì francamente sessuali) erano bambini abusati o che avevano assistito a filmati pornografici o a madri che si prostituivano in casa. Al di là di questi casi, non hanno mai visto bambini esplicitamente interessati al raggiungimento del piacere sessuale.
Un fatto che a mio avviso merita attenzione è trasmettere al bambino la capacità di dominare gli impulsi, esercitare la volontà, il controllo di sé, promuovendo il concetto che la sessualità non vada disgiunta dalla affettività mentre si vorrebbe distinguere i due piani, separarli rendendoli indipendenti.

L’insegnamento al gioco del dottore, la manipolazione dei genitali, anche fra bambini dello stesso sesso, l’educazione alla masturbazione infantile (favorita da insegnanti e genitori) mira invece a scindere l’aspetto puramente genitale da quello emotivo, il piacere fisico dal contatto affettivo.

Peculiare dell’essere umano sono razionalità e volontà, quelle caratteristiche che lo rendono capace di dominare impulsi, desiderio e istinto, e che tradotto in pratica diventano libertà di agire o non agire, cedere o aspettare.

L’incapacità di dominarsi è alla base delle violenze sulle donne (femminicidio), sui bambini (pedofilia), ma anche all’interno delle coppie dello stesso sesso, come abbiamo assistito in questi ultimi decenni e come mostrano le statistiche dei paesi del Nord Europa, che ad una liberalizzazione dei costumi sessuali, hanno visto crescere stupri, aborti e malattie a trasmissione sessuale.

Dietro a questa critica, che viene liquidata come bigotta e sessuofobica, vi sono valutazioni di psicologi clinici e sessuologi.

“Dal punto di vista clinico ed esperienziale, la masturbazione, soprattutto maschile, è tra le principali (se no principale) causa d’impotenza sessuale e di matrimoni bianchi.

Per diversi motivi: innanzitutto la stimolazione manuale è più “rude” di quella naturale, che quindi diventa meno eccitante; secondariamente, la masturbazione produce la stessa latenza di un rapporto sessuale, quindi chi si masturba quotidianamente vive perennemente in una fase di latenza; dal punto di vista psicologico la masturbazione è una forma di sessualità nevrotica e, come in economia la moneta cattiva scaccia quella buona, la sessualità cattiva (nevrotica) scaccia quella naturale perché la trasgressione la rende più eccitante; infine la pornografia associata alla masturbazione da un imprinting che la realtà difficilmente può realizzare. Non è il punto di vista di un bigotto, ma anche quello di “istruttori di seduzione”: http://www.seducere.com/2011/12/fa-male-masturbarsi/

Chi si masturba non ha una vita sessuale.”

Non dimentichiamoci poi delle dinamiche che si creano fra autoerotismo, pornografia e dipendenza sessuale, vere e proprie psicopatologie, che sicuramente trovano le loro radici in una visione sessuocentrica che la cultura dominante quotidianamente ci propina.

Il gioco del dottore e la masturbazione nel bambino è un dato oggettivo,  naturale, spontaneo, occasionale, talvolta autoconsolatorio, fatto di nascosto quando i grandi non guardano, sembra pertanto una forzatura farlo diventare un gioco strutturato, di pubblico dominio e sotto la supervisione degli adulti, come se fosse, ripeto, un esercizio o un compito in classe (chi lo fa meglio? Non si fa così si fa cosà).

Citando Foucalt, «si è ‘problematicizzato’ il sesso. Il gesto sessuale è ridotto a funzione corporale emancipata dalla moralità. L’educazione sessuale a scuola cerca di cancellare le differenze fra noi e gli animali, rimuovendo concetti come il proibito, il pericoloso o il sacro. L’iniziazione sessuale significa superare queste emozioni ‘negative’ e godere del ‘buon sesso’. Abbiamo incoraggiato i figli a un interesse depersonalizzato alla sessualità. Il corpo è diventato opaco»

L’educazione sessuale verso i minori, quindi – che tocca la sfera più intima della persona – non può essere affidata in via prioritaria ad “esperti”. Solo i genitori, conoscendo il grado di maturazione e la sensibilità dei propri figli, sono in grado di affrontare temi così delicati.

E’ da denunciare infine il tentativo che le istituzioni (scuola, ministero, enti locali) cercano di portare avanti, escludendo la famiglia, o non informandola, facendo passare come materia curricolare l’educazione alla sessualità. Qualora le famiglie fossero in difficoltà ecco che le istituzioni potrebbero sostenerle e formarle, anche con corsi specifici, ma non sostituirle o peggio ancora escluderle.

Concludo ricordando che l’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo recita “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli” .

Giovanni Bonini

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