09/02/2014

L’aborto fa male anche all’uomo, danneggiando gravemente i cinque elementi chiave dell’essenza maschile

L’aborto non si limita ad uccidere il figlio concepito e a lasciare nella donna pesanti conseguenze sulla salute fisica e psichica, l’aborto colpisce anche il padre del bambino abortito, intaccandone l’essenza della mascolinità, e provocandogli conseguenze psicologiche varie, anche gravi.

Antonello Vanni – docente in lettere perfezionato in bioetica presso l’Università Cattolica di Milano, e autore del Libro “Lui e l’aborto. Viaggio nel cuore maschile” (San Paolo, 2013) – scrive[1]: “Diversi studi riportano che nell’uomo esiste una reazione negativa all’aborto simile a quella riscontrata nella donna. Questa sofferenza è stata chiamata trauma postabortivo maschile (Male Postabortion Trauma): una reazione a catena che erode l’identità personale maschile, da un lato minandone l’autostima (‘Non valgo nulla perché non ho saputo impedirlo’), dall’altro soffocandola con il senso di colpa e il rimorso che ne deriva (‘È colpa mia, l’ho voluto io, sono un assassino e devo pagare’)”. Inoltre, continua Vanni: “In questo processo psicologico negativo viene impedita anche la maturazione di una compiuta identità di genere. Infatti, per il maschio, contribuire al concepimento di un figlio significa vivere il nucleo centrale della virilità, dell’essere davvero uomini: la capacità, intesa anche come forza e potenza, di avviare il processo vitale di un altro essere umano. L’aborto vanifica quest’esperienza interrompendo, spesso in modo definitivo, il passaggio alla maturità: ‘E quindi io non sono/non sarò mai un uomo, né un buon padre’”. I sintomi di questo trauma variano a seconda del ruolo avuto dall’uomo nella scelta abortiva, per esempio, “i padri che hanno convinto la donna ad abortire possono provare un forte rimorso per il senso di colpa, mentre quelli che hanno tentato inutilmente di salvare il bambino possono essere vittime del senso d’impotenza”. Gli psicologi che si occupano della cura di questi uomini descrivono sofferenze psicologiche “legate alla rabbia e all’aggressività, all’impotenza e incapacità di reagire, al senso di colpa, all’ansia, ai problemi di relazione, al lutto causato dalla perdita”.

La letteratura scientifica mostra che il trauma postabortivo maschile colpisce “4 padri mancati su 10, con una sintomatologia che può manifestarsi nell’arco di circa 15 anni: depressione (88% dei casi), senso di colpa (82%), aggressività (77%), autoisolamento (68%), ansia (64%), disturbi sessuali (40%) e apatia (38%)[2].

Il sito internet www.menandabortion.info, nato dopo il primo convegno che si è occupato di esplorare la reazione dell’uomo riguardo all’aborto, tenutosi a San Francisco nel novembre 2007 e intitolato “Reclaiming Fatherhood: a multifaceted examination of men dealing with abortion”, riporta molte informazioni utili per gli uomini che sono rimasti coinvolti in esperienze di aborto, per coloro che si chiedono: “Non mi sento in diritto di soffrire. È stata una sua scelta. Perché allora mi sento così male?”, e per le persone che si occupano della loro guarigione. Si legge nel sito, che gli uomini che chiedono aiuto dopo aver avuto a che fare con un’esperienza di aborto, rientrano in diverse categorie. Vi sono i padri che si oppongono perentoriamente alla procedura; i padri che si oppongono ma non hanno fatto tutto il possibile per impedirla; i padri che prima acconsentono alla decisione e poi cambiano idea, ma la loro partner procede lo stesso con l’aborto; i padri che si mostrano neutrali sulla questione: qualunque decisione la donna prenda la sosterranno. In realtà, alcuni uomini sono contrari ma la società li ha spronati ad appoggiare la decisione della donna. Altri uomini trovano invece che la decisione di abortire torni loro utile a quel punto della loro vita; gli uomini che semplicemente abbandonano la donna di fronte alla gravidanza; i padri che obbligano la donna ad abortire, minacciando di ritirare il proprio sostegno se non acconsente; i padri che vengono informati dell’aborto solo dopo che si è già verificato; i padri che non sono certi se un aborto si è verificato o no, ma che, dopo essere venuti a conoscenza delle conseguenze dell’aborto sulla donna, ne riconoscono i sintomi in una ex partner; gli uomini che sposano donne che in passato hanno avuto esperienze di aborto con qualcun altro; e gli uomini diversi da un partner sessuale come, per esempio, un amico della donna, o un parente (un fratello, il padre della donna, ecc.).

Gli uomini coinvolti in un’esperienza di aborto descrivono le seguenti conseguenze:

  • Collera o rabbia: la collera può manifestarsi come impulso a colpire fisicamente o emotivamente chi ha avuto un ruolo nella scelta abortiva. La rabbia può essere interiorizzata o rivolta verso chi si è reso corresponsabile della scelta.
  • Impotenza sessuale: l’aborto può interferire con le funzioni sessuali del partner coinvolto.
  • Virilità: con la presenza di un senso di incapacità per non essere stato in grado di proteggere la compagna e la prole. Ciò può essere invalidante, portando l’uomo a rimuginare su questo fatto e a provare un senso di impotenza.
  • Forte preoccupazione nei confronti della propria compagna e del suo benessere: l’uomo può cercare informazioni sui postumi dell’aborto sulle donne perché si preoccupa per lei. A volte può forzarla a chiedere aiuto prima che sia pronta a farlo o ne senta il bisogno.
  • Incapacità di comunicare con la propria compagna circa la sua esperienza, la comunicazione all’interno della coppia può essere compromessa a causa dei diversi modi di reazione e sofferenza all’evento abortivo.
  • Uso e abuso di sostanze (alcool o droghe): questo sembra essere un comune meccanismo di reazione condiviso da molti uomini. Alcuni cercheranno assistenza attraverso gli AA (Alcolisti Anonimi) o in qualche altro programma di trattamento.
  • Assunzione di comportamenti rischiosi: come guidare auto e moto veloci, domare cavalli, fare paracadutismo o altre attività che sfidano la morte. I padri che si sono opposti all’aborto possono rasentare il suicidio. Sembra, in alcuni casi, che il giovane uomo ad aver avuto un’esperienza di aborto al liceo o all’università, possa tentare con successo il suicidio a seguito di questa esperienza. È quasi sempre il gruppo dei pari che è a conoscenza dell’aborto e non la famiglia.
  • Lutto e tristezza: gli uomini della nostra cultura possono avere difficoltà ad articolare il senso di tristezza. Questa reazione emozionale può colpire l’uomo di sorpresa, investendolo come un fatto non previsto.
  • Pensieri ossessivi del bambino perduto: alcuni uomini descrivono la comparsa di pensieri del figlio perso con l’aborto.
  • Incubi di qualcuno/qualcosa vulnerabile che viene minacciato e che non si è in grado di proteggere: questi incubi hanno spesso per protagonisti animali minacciosi come uno squalo o un leone, che incombono su di un animale più piccolo e indifeso, e per il quale, nel sogno, non c’è niente che l’uomo possa fare per proteggerlo. Spesso l’uomo si sveglia con un sudore freddo e con un senso di morte incombente.
  • Desiderio di avere un altro bambino unito ad un comportamento atto ad ottenere questo obiettivo: questo può manifestarsi, qualche volta, in un comportamento ossessivo nel voler mettere di nuovo incinta la donna che ha abortito, ma si può anche dirigere generalmente verso un’altra partner. La conseguenza è che alcuni uomini sperimentano in questo modo più di un’esperienza di aborto. Se in futuro si manifesta un problema di infertilità, l’uomo può percepire questo fatto come una punizione per l’esperienza di aborto vissuta in passato.
  • Ideazione suicidaria: oggi sappiamo quanto questa sia comune, ma si manifesta in particolar modo nei padri che volevano tenere il bambino.
  • Incapacità di risolvere/fare ordine nei sentimenti che si stanno provando.
  • Abuso emotivo e/o maltrattamento coniugale: dell’uomo nei confronti della donna o viceversa. Sembra che ci sia una predisposizione per le persone con storie di aborto a trovare partner con la stessa storia. La dinamica che si sviluppa è la seguente: lei gli ricorda la donna che ha abortito il figlio contro la sua volontà, e lui le ricorda il ragazzo che ha insistito per farla abortire. A livello inconscio questo è lo scenario della rabbia che si riversa fuori. Abusi emotivi e maltrattamenti reciproci si possono manifestare anche nei partner che sono rimasti insieme dopo l’esperienza di aborto e che hanno considerato l’aborto come un non-evento. Alcune relazioni possono deteriorarsi completamente e sfociare in un divorzio.
  • Attivismo pro-life o pro-choice.

Il libro “Fatherhood Aborted: the profound effects of abortion on men” (“Paternità abortita: gli effetti profondi dell’aborto sugli uomini”) di Guy Condon e David Hazard, include nel trauma postabortivo dell’uomo le seguenti manifestazioni:

  • Ha difficoltà ad impegnarsi
  • Evita l’autorità
  • Non ha un solido senso di identità
  • Tiene a bada le donne
  • Ha problemi con i legami
  • Teme un’imminente tragedia
  • Non ammette i suoi errori
  • Si sente inadeguato come leader

Inoltre, gli autori espongono i seguenti sintomi:

  • Rapporti conflittuali
  • Incapacità a fidarsi degli amici
  • Rabbia
  • Dipendenze e compulsioni sessuali
  • Insonnia, brutti sogni, incubi
  • Disfunzioni sessuali
  • Depressione
  • Paura di fallire
  • Paura di essere rifiutato
  • Isolamento e insensibilità

Alcuni uomini raccontano di soffrire di una grande ansia quando la loro partner rimane incinta e porta a termine la gravidanza. Altri ammettono di essere padri troppo protettivi, che temono che qualcosa possa accadere ai loro figli. Un atteggiamento che influisce negativamente sul normale sviluppo dei figli. Alcuni padri dicono di essere emotivamente invischiati, altri di essere emotivamente distanti ma eccessivamente protettivi. Alcuni affermano di essere diventati il genitore che più vigila sul bambino, allontanando la madre e con un eccesso di reazione ai normali eventi dell’infanzia, come per esempio, nel caso di un raffreddore, precipitandosi al pronto soccorso con il bambino pensando che abbia contratto la polmonite.

Occasionalmente, un uomo, può agire in modi socialmente distruttivi: incendiare chiese, omicidi/suicidio, attacchi alla clinica abortiva. La confusione e l’angoscia per la fine del rapporto che ha portato alla gravidanza può, in alcuni casi, portare ad uno stato di ossessione per la partner perduta. Alcuni uomini affermano di essere coinvolti in comportamenti che assomigliano allo stalking, perché hanno bisogno di mantenere i contatti con la ex partner e/o per capire come mai abbia scelto l’aborto. Altri ammettono un coinvolgimento con la pornografia e dipendenze sessuali dopo una perdita con l’aborto.

Lo psicologo Vincent Rue, Direttore del centro indipendente no-profit Institute for Pregnancy Loss a Jacksonville, Florida, nonché ricercatore pioniere nel campo dell’uomo e l’aborto, ha scritto in un articolo intitolato “Gli effetti dell’aborto sugli uomini”[3], che “gli uomini soffrono a seguito di un aborto, ma sono più propensi a negare il loro dolore o a interiorizzare il loro sentimenti di perdita piuttosto che ad esprimerli apertamente… Quando gli uomini esprimono il loro dolore, lo fanno usando modelli culturali propriamente ‘maschili’, come rabbia, aggressività, controllo. Gli uomini di solito soffrono in silenzio dopo un aborto. Per questo motivo, le loro richieste di aiuto spesso passano inosservate e non sono riconosciute da coloro che li circondano”. Poi continua: “Un maschio tormentato dal senso di colpa, difficilmente ama o accetta l’amore. La sua preoccupazione per la compagna, la negazione di se stesso e dei suoi persistenti sentimenti di vuoto, possono vanificare anche le migliori intenzioni. Il senso di colpa che prova può impedirgli di cercare compassione, sostegno o affetto. E, a sua volta, si ‘dimentica’ come ricambiare questi sentimenti”.

Si legge, nel sito internet sopra citato, che uomini e donne rispondono in modo diverso alla perdita di un bambino con l’aborto. Per comprendere la reazione maschile a questa profonda perdita è importante come prima cosa prendere in esame quali siano i fattori che motivano un uomo. L’essenza del maschile spinge gli uomini a raggiungere il successo in cinque settori chiave della loro vita, essi si distinguono per la loro capacità di: piacere (godere), procreare, provvedere, proteggere e riuscire (prestazione).

Piacere. Il desiderio per gli uomini di godere si estende oltre la necessità di soddisfazione e appagamento sessuale. Esso comprende anche il piacere di avere figli, di vederli crescere, di insegnare loro a diventare cittadini indipendenti e produttivi. Il piacere dell’uomo si orienta anche nella ricerca di una compagna per la vita, una moglie di supporto e compagnia negli alti e bassi lungo il percorso della vita.

Procreare. Probabilmente, l’elemento più importante che motiva l’uomo è il suo desiderio di procreare. Gli uomini hanno un ruolo fondamentale nella continuazione del genere umano. Quasi ogni uomo, sia che lo verbalizzi o meno, apprezza l’idea di avere una progenie della propria carne e sangue, che porti avanti il nome di famiglia o la stirpe.

Provvedere. Il ciclo riproduttivo dell’uomo si conclude con l’atto sessuale, in quello stesso momento quello della donna inizia. Pertanto, una priorità dell’uomo si sposta dal procreare, al provvedere alla madre e al nascituro che ha generato. Egli istintivamente sa che questa nuova famiglia conterà su di lui per molte necessità quotidiane. L’uomo sente che è importante che egli riesca a provvedere a loro.

Proteggere. Come per l’attitudine a provvedere a moglie e figli, l’uomo è anche fortemente programmato per proteggere la sua famiglia. Nel corso della vita del figlio ci saranno molti pericoli da cui dovrà difenderlo: le minacce di malattia, la possibilità che si faccia male, il dover prendere le giuste decisioni, sapere quando dire no alla miriade di offerte seducenti che appaiono nel corso della vita. L’esigenza dell’uomo di proteggere i suoi figli non deve essere sottovalutata.

Riuscire (prestazione). Quando nella società contemporanea si usa la parola prestazione, questa viene spesso riferita alla capacità sessuale dell’uomo ma, benché ciò sia corretto, essa non è limitata alla sola attività sessuale. La performance comprende la capacità dell’uomo di riuscire in vari ambiti della vita. La riuscita nel lavoro è spesso primaria nel definire un uomo di successo: il reddito che genera, la posizione sociale che raggiunge e che suscita l’ammirazione dei coetanei. Una performance di successo a livello sociale assicura amicizie e aiuti a un uomo che realizza il suo desiderio di piacere, di essere apprezzato.

Ebbene, quando un uomo sperimenta l’aborto, questi cinque elementi chiave della sua vita vengono gravemente danneggiati o, spesso, del tutto cancellati. Probabilmente il sintomo più consistente ed evidente negli uomini, a causa della perdita di un figlio con l’aborto, è la rabbia. Un assistente che aveva avuto un’esperienza personale con la decisione di abortire, ha sottolineato che ogni uomo che ha seguito ha un livello molto alto di rabbia prima dell’aborto. Ed ha precisato che ciascuno di loro ha agito con quella rabbia in modo tale da danneggiare se stesso o qualcun altro. Un altro assistente ha paragonato questa rabbia ad “una bomba ad orologeria pronta ad esplodere”. La rabbia e la frustrazione di un uomo per non essere in grado di proteggere e provvedere al suo bambino non nato, a causa di un aborto, si manifesta in diversi modi. Spesso si trasforma in alcool e droghe, per cercare di alleviare il dolore dovuto al fatto di aver preso parte alla decisione per l’aborto, o per essere stato troppo “debole” nell’impedire la morte del suo bambino non nato. Molti diventano maniaci del lavoro per evitare il contatto con altre persone, o in un disperato tentativo di avere successo in un aspetto cruciale della loro vita.

Dopo la decisione di abortire, la relazione di coppia molto spesso fallisce. Inoltre, le future relazioni con le donne diventano spesso difficili o impossibili. Una donna ha il controllo totale sulla decisione di abortire il bambino di entrambi, ed il padre non ha alcuna possibilità di ricorrere per legge. Questa mancanza di controllo su una decisione critica e a forte impatto sulla vita, genera spesso un considerevole risentimento e diffidenza nei confronti delle donne. Come risultato di questa esperienza precedente, l’uomo non vuole finire di nuovo in una situazione in cui possa verificarsi un’altra gravidanza, della quale non ha sull’esito alcun controllo. Alcuni uomini sperimentano l’omosessualità perché permette loro di avere un rapporto sessuale soddisfacente non impegnativo, ed esente da preoccupazioni di gravidanza. Gli uomini possono soffrire anche di altre forme di disfunzione sessuale come l’impotenza, la dipendenza dalla pornografia e dalla masturbazione. Tra gli altri sintomi di un uomo che sta combattendo con una perdita da aborto, vi possono essere insonnia, attacchi di panico, scarsa capacità di reagire, flashback, incubi, isolamento auto-imposto. Egli può non essere più in grado di mantenere il posto di lavoro a causa della sua incapacità a gestire il processo decisionale, o può iniziare a comportarsi in maniera rischiosa nell’ambiente lavorativo e sociale, condannandosi così con le proprie mani al fallimento. Questo può nascere dalla sensazione che se lo merita per essere un perdente e un fallito, dato che non è riuscito nella cosa più importante: proteggere il suo bambino non nato.

Purtroppo la società rende doppiamente difficile per gli uomini affrontare i postumi dell’aborto. In primo luogo perché la maggior parte dell’ambiente secolare non riconosce neppure l’esistenza della Sindrome Post Aborto nelle donne. E, in secondo luogo, perché agli uomini è stato spesso insegnato fin da bambini che è poco virile mostrare debolezza o piangere. Il risultato è che gli uomini non hanno alcun incentivo dalla società per far fronte in maniera concreta all’evento abortivo.

Il dottor David C. Reardon, dell’Elliot Institute, riporta[4] lo studio realizzato da Arthur Shostak, professore di sociologia alla Drexel University di Philadelphia. Nei primi anni Settanta, Shostak accompagna la sua partner in una clinica per abortire, dopo che hanno entrambi concordato che l’aborto sia la cosa migliore. Tuttavia, mentre aspetta seduto in sala d’attesa, sente di stare vivendo un’“esperienza urtante” e, dopo aver lasciato la clinica, rimane scioccato nel constatare quanto quell’esperienza l’abbia profondamente turbato. Shostak trascorre i successivi dieci anni a studiare gli effetti dell’aborto sugli uomini, la sua ricerca – pubblicata nel libro Men and abortion: lessons, losses and love (1984) – include anche un sondaggio realizzato su 1.000 uomini che hanno accompagnato le loro partner ad abortire.

Riferisce il sociologo che la maggior parte degli uomini intervistati nella sala d’attesa della clinica, si sentiva isolato, arrabbiato con la propria compagna e con se stesso, ed era preoccupato per il danno fisico ed emotivo che l’aborto avrebbe potuto causare alla partner. Solo circa un quarto degli uomini ha dichiarato di essersi offerto di pagare i costi per crescere il bambino se la donna non avesse abortito, e la metà degli uomini single ha detto di aver proposto alla propria partner di sposarla se avesse portato avanti la gravidanza. Lo studio di Shostak ha scoperto che per l’uomo l’aborto è molto più stressante di quanto l’opinione pubblica generalmente supponga. Più di 1 uomo su 4 ha paragonato l’aborto all’omicidio. Poco più dell’80% ha affermato che aveva già iniziato a pensare al bambino che avrebbe potuto nascere (con un 29% che ha dichiarato di aver fantasticato sul bambino “frequentemente”), il 68% degli uomini coinvolti negli aborti ha reputato di “aver attraversato momenti difficili a causa dell’aborto”, e il 47% era preoccupato di poter avere in seguito pensieri inquietanti. Shostak ha anche riferito che durante l’intervista molti di loro sono scoppiati a piangere. Molti uomini hanno espresso frustrazione e rabbia per l’incapacità delle donne di prendere in considerazione i loro desideri e sentimenti, sentendosi esclusi dalla decisione e – soprattutto tra coloro che si erano opposti all’aborto – evirati e impotenti.

Il dottor Reardon cita quindi le parole dello psicologo Vincent Rue, secondo il quale: “L’aborto indotto rafforza nel maschio la difficoltà a risolvere i problemi, incoraggiandolo al distacco, alla diserzione, e all’irresponsabilità… L’aborto riscrive le regole della mascolinità. Laddove un maschio deve essere forte, l’aborto lo fa sentire debole. Un maschio deve essere responsabile, ma l’aborto lo incoraggia ad agire senza preoccuparsi del bambino, e a scansare qualunque esito identificabile e indesiderato delle sue decisioni sessuali e/o affettive… Sia che il maschio sia stato coinvolto oppure no nella decisione di abortire, la sua incapacità di funzionare in un modo socialmente prescritto (per esempio circa le attitudini del proteggere e del provvedere) lo lascia ferito e confuso. Le tipiche risposte al dolore da parte del maschio includono mutismo e sofferenza in silenzio. Nel silenzio, un maschio può dare rifugio a sensi di colpa e dubbi circa la sua capacità di proteggere se stesso e coloro che ama. Alcuni diventano depressi e/o ansiosi, altri compulsivi, diffidenti, esigenti,… Altri ancora diventano collerici, e il fallimento in ogni relazione può innescare l’ostilità repressa a causa del dolore che essi provano ma che non è riconosciuto dalla società… [L’atto di fuggire dal processo doloroso] favorisce il rifiuto e spinge il maschio a diventare un ‘fuggitivo’ dalla vita, dall’amore, e dalla guarigione”.

Reardon conclude osservando che, quando in una famiglia un membro muore, il resto della famiglia si impegna, solitamente, nel processo del lutto pubblico e familiare, il quale, se ha successo, permette di “chiudere la ferita”. Invece, la corretta chiusura a seguito della perdita di un figlio abortito è molto più difficoltosa, perché la nostra cultura resiste, quando non è addirittura ostile, a riconoscere che in realtà l’aborto comporta la perdita di un figlio, la perdita di un membro della famiglia.

 

Note:

[1] Antonello Vanni, “Lui e l’aborto”, Vita Pastorale n. 7, luglio 2013, www.stpauls.it/vita/1308vp/aborto.html.

[2] Alessandro Zaccuri, “Aborto, che fine fa papà?”, Avvenire – Noi genitori e figli, Settembre 2013, pp. 22-24, foglio 1-3.

[3] Vincent Rue, “The effects of abortion on men”, Ethics & Medics 21(4):3-4, 1996.

[4] David C. Reardon, Ph.D., “Forgotten fathers and their unforgettable children”, www.theunchoice.com/Men/forgottenfathers.htm.

Lorenza Perfori

Fonte: Libertà e Persona

 

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