06/12/2015

Vita: inizia dal concepimento. Obiezioni inconsistenti

Dopo aver assistito ad un dibattito tra due candidati alla presidenza degli Stati Uniti, il pro – life Marco Rubio e il pro – choice Chris Cuomo, Renzo Puccetti, su Zenit, ci fa riflettere sulle tesi a favore dell’aborto, e la risposta che la scienza e la ragione danno ... a chi le vuol sentire.

Siamo certi che ai nostri lettori non dispiacerà un breve riepilogo di quanto ha scritto l’ottimo Puccetti, che essendo medico e bioeticista, scrive con competenza, ma anche in modo chiaro e adatto a un pubblico di non addetti ai lavori, rispondendo, una per una, a tutte le obiezioni fatte a Rubio da Arthur Caplan, capo del dipartimento di etica medica al Centro Medico Langone dell’Università di New York, che dalle colonne della rivista Forbes ha spalleggiato la posizione pro – choice di Cuomo.

In corsivo le tesi pro – choice, in tondo la risposta pro – life:

Se davvero la vita iniziasse al momento del concepimento si dovrebbero cessare la fecondazione in vitro, la ricerca sulle staminali (embrionali n.d.r.), la contraccezione d’emergenza.

Argomento che sembra irrilevante. Una descrizione non riceve o meno validità dalle implicazioni sociali, ma solo dalla corrispondenza con la realtà. Se dovesse prevalere l’utilitarismo, allora uno schiavista avrebbe potuto affermare che i neri non sono esseri umani perché altrimenti la schiavitù sarebbe stata abolita con grande danno per l’economia.

Comunque è ovvio che dovrebbero cessare la fecondazione in vitro e la cd. contraccezione d’emergenza: sono due delle conquiste della cultura della morte, infatti.

2

Uccidere una donna incinta dovrebbe condurre all’accusa di duplice omicidio.

Vale come il punto numero 1. Anche a livello psicologico l’affermazione si dimostra controintuitiva. Immaginiamo un uomo sposato con la moglie incinta. Un rapinatore le spara. Cade in coma, i medici dicono che è cerebralmente morta, ma che c’è la possibilità che riescano a fare nascere il bambino, mantenendo artificialmente le funzioni vitali. Dopo un mese i medici comunicano che purtroppo anche il bambino non ce l’ha fatta. Quante perdite, quanti dolori distinti ha provato quell’uomo?

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3

Una donna non potrebbe vedere utilizzato il suo testamento biologico quando è incinta.

Stesse considerazioni del punto 1. In più il testamento biologico è un pessimo strumento per la tutela dell’autonomia dello stesso paziente che lo ha redatto, figuriamoci per la tutela di un altro essere umano.

4

La scienza non offre una linea certa di che cosa sia il concepimento: quando uno spermatozoo raggiunge un ovulo, quando penetra l’involucro della cellula uovo, quando comincia la ricombinazione genetica, quando si forma un nuovo genoma, oppure quando esso comincia a funzionare?

Sebbene dietro pressione dell’industria contraccettiva l’Associazione dei Ginecologi Americani (e dietro essa le altre associazioni e istituzioni mediche) abbiano spostato il significato del termine concepimento al momento dell’annidamento dell’embrione nell’utero materno, tuttavia nel linguaggio corrente usato sia dai pazienti che dai ginecologi con esso s’intende la fecondazione (fertilization), termine che scientificamente (come attestato nel nomenclatore dell’Associazione dei Ginecologi Americani) indica la fusione delle membrane dello spermatozoo e dell’ovocita. Nel monumentale manuale di embriologia di Scott Gilbert si legge: “La fecondazione è il processo in cui due cellule sessuali (gameti) si fondono insieme per creare un nuovo individuo con potenzialità genetiche derivanti da entrambi i genitori”. In quanto processo, la fecondazione inizia con la fusione delle membrane dei gameti (singamia) e termina con la fusione del materiale genetico paterno e materno (cariogamia), ma l’inizio è uno, la singamia, il processo che segna il passaggio da due cellule ad un organismo: un’unità ontologica, non un assemblato di parti, con un corredo genetico unico (la probabilità che gli stessi genitori diano alla luce due figli identici in due atti sessuali distinti è meno di una su settantamila miliardi) ed intrinseco orientamento e determinazione allo sviluppo.

5

Oltre il 70% degli embrioni muoiono prima della fase di impianto nell’utero materno, quindi la maggior parte dei concepimenti non porta ad alcun essere umano, il concepimento nella maggioranza dei casi conduce a niente.

Se il criterio della mortalità fosse determinante, allora vorrebbe dire che nei tempi e nei luoghi dove la mortalità neonatale e infantile sono elevate i bambini non sono esseri umani. Supponete che una donna incinta al sesto mese sia imbarcata su un volo verso Kinshasa: fintanto che è sui cieli italiani, dove la tecnologia neonatologia è sviluppata, ella porta in sé un essere umano, ma, secondo quanto affermato da Caplan, quando sorvola le coste dell’Africa, dove la probabilità di sopravvivenza di un tale prematuro sono pari a zero, allora in sé non ha più un essere umano? L’argomento implica che nel braccio della morte non vivano esseri umani e pertanto si potrebbe utilizzarli per ricerche scientifiche, o come fonte di organi.

6

L’Accademia Nazionale delle Scienze USA ha affermato nel 1981 che l’esistenza di una vita umana al momento del concepimento è una questione a cui la scienza non può dare risposte.

Il concetto è stato riportato in modo scorretto. Nel documento citato l’Accademia Nazionale delle Scienze USA ha dichiarato: “la proposta S158 (proposta di legge del Senato N. 158 n.d.r.) che il termine ‘persona’ debba includere ‘ogni vita umana’ non ha basi nella nostra comprensione scientifica. Definire il momento in cui l’embrione in via di sviluppo diventa una ‘persona’ deve rimanere una questione di valori morali e religiosi”. Dal momento che il concetto di persona è di natura filosofica, correttamente l’Accademia delle Scienze si è dichiarata incompetente. Mischiare il concetto biologico di “vita umana” con quello filosofico di “persona” è molto pericoloso. La stessa Chiesa, riconoscendo la natura filosofica del concetto di persona, non ha mai impegnato la propria autorità nel definire l’embrione “persona”, ritenendo sufficiente fornire l’insegnamento che l’embrione vada trattato dall’inizio come persona e rimandando ai negazionisti l’onore della prova: “come un individuo umano non sarebbe una persona umana?” (EV, 60).

7

I fatti indicano che il punto di partenza è dopo il concepimento.

L’argomentazione appare apodittica, imprecisa ed elusiva: quali fatti? “Dopo”? Quando? Alla nascita? Allo sviluppo dell’autocoscienza? Quale livello di autocoscienza? Al raggiungimento dell’autonomia? Quale livello di autonomia? Quale limite indica il professor Caplan oltre il quale si ha un essere umano?

Bisognerebbe rileggersi il racconto distopico, ma tremendamente realistico di Philip Dick: “Le Pre-persone”.

8

Il concepimento crea più di una vita, i gemelli, due, tre, ma poi una delle vite è riassorbita nel corpo di un’altra.

Il processo della possibile gemellazione non nega che un embrione sia un essere umano. Piuttosto esso è solitamente proposto per negare lo status di persona all’embrione alla luce della definizione classica di Boezio. È comunque un argomento inefficace anche in questo senso: la gemellazione consiste in una riproduzione non sessuata (filiazione) del primo essere umano (embrione) con formazione di un secondo essere umano (peraltro non identico all’embrione parentale), mentre il citato processo eventuale di “riassorbimento” dà luogo al fenomeno del chimerismo, del tutto inconsistente per negare lo status umano del concepito, a meno di sostenere che i soggetti trapiantati con organi da vivente o da cadavere non siano forse esseri umani. Le migliaia di persone che vivono con un cuore, rene, il midollo trapiantati, che assumono farmaci anti-rigetto e sono monitorati per il chimerismo post-trapianto sono non esseri umani? E che cosa sono?

9

Al momento del concepimento non è chiaro quante vite ci sono, lo si capisce solo più tardi.

Così formulato sembra ininfluente. Prima di ogni censimento non si sa quanti esseri umani sono presenti in un territorio, ma questo non rende quelli che sono presenti esseri non umani. Bombardare un’area non rende quanti periscono degli esseri non umani per il fatto d’ignorare il numero di quanti ci vivono.

10

Anche dopo l’annidamento una parte delle gravidanze vengono interrotte spontaneamente.

Vale come il punto 5. Con l’aggiunta che, proprio perché fattibile, i medici operano sui fattori che possono determinare la morte del concepito cercando di evitarla e nessuno, nemmeno il professor Caplan credo direbbe che nel fare questo i medici si comportano da veterinari.

11

Il concepimento è sí l’inizio, ma è l’inizio solo del possibile, non dell’attuale.

È un’affermazione corretta solo se si dà per essere umano la definizione di un essere con caratteristiche diverse dall’embrione, ad esempio se si definisce come essere umano un adulto autocosciente ed autonomo. Ma questo è proprio ciò che il professor Caplan non ha provato nel suo intervento.

Redazione

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