15/04/2017

Aborto: con la ragione naturale si spiega perché NO

Ringraziamo i giovani delle Voci del Verbo (Istituto del Verbo Incarnato): ci hanno inviato alcuni articoli con ottimi spunti di riflessione razionale sulla cruda realtà dell’aborto che ci invitano a partecipare alla prossima Marcia per la Vita.

In generale, ma soprattutto quando si parla di aborto, a volte noi cattolici sembriamo essere vittime di una sorta di complesso di inferiorità. Sappiamo che è sbagliato, sappiamo che è un’uccisione, sappiamo che è assurdo che lo Stato la permetta. Eppure, abbiamo ancora paura di gridare la verità “dai tetti delle case”.

Il 10 maggio 2015 compare sul blog de “Il Fatto Quotidiano un articolo sulla Marcia per la Vita, tenutasi lo stesso giorno a Roma. L’articolo è un interessante compendio di tutti gli argomenti che i pro-choice da anni usano per giustificare l’aborto e le leggi che lo consentono (in Italia la legge 194 del 1978). Rispondere alle varie obiezioni poste in quell’articolo può essere utile ancora oggi, dopo due anni, per convincerci ancora di più di quanto siano illogici gli argomenti di chi è favorevole all’aborto e di quanto invece essere contrario all’aborto sempre, sia non solo ragionevole, ma addirittura scontato e banale.

L’autore difende la legge 194 che dà la possibilità alle donne di ricorrere all’aborto «in strutture pubbliche in modo tale che […] non corrano pericoli per la loro salute. […] La legge 194 è stata pensata per impedire che una scelta difficile della vita di una donna si trasformi da dramma in tragedia». Come sempre accade, alla base degli argomenti in difesa della legge 194, vi è una dimenticanza che è invece sostanziale: si dimentica chi è il vero protagonista dell’aborto. Per i pro-choice, il protagonista è la donna. Il corpo è suo e dunque decide lei cosa farne. Certo, il corpo è della donna. Il problema, è che il corpo presente nel corpo della donna, non è il corpo della donna. Ci si dimentica di quell’altro corpo, il vero protagonista dell’aborto: lo zigote, l’embrione, il feto, il bambino. Tutta la questione dell’aborto si può ridurre, a mio parere, ad una semplice domanda: lo zigote, la prima cellula che si viene a formare al momento del concepimento, è già un essere umano? Se è già un essere umano a tutti gli effetti, allora l’aborto non può essere mai concesso, perché significherebbe dare la possibilità ad una donna di uccidere un altro essere umano, per giunta innocente e indifeso, per giunta suo figlio. E lo Stato non può permettere ad una donna di uccidere suo figlio, semplicemente perché lo Stato non può legalizzare l’omicidio.

Chi ci può dire se lo zigote sia già un essere umano?

– Ce lo dice la scienza in maniera molto chiara. Citiamo solo le parole di Maureen L. Condic, professore associato di neurobiologia e anatomia alla University of Utah School of Medicine di Salt Lake. Nella sua trattazione scientifica del tema dell’aborto dal titolo, “When does human life begin? A scientific perspective”, afferma: «prove scientifiche supportano la conclusione che uno zigote è un organismo umano e che la vita di un nuovo essere umano comincia in un istante ben definito: il “momento del concepimento”».
– Ce lo dicono i medici italiani che, secondo la Relazione Ministeriale sull’attuazione della legge 194 del 2014, si rifiutano in massa di compiere aborti: circa il 70% dei medici italiani, nel 2014, si rifiutava di praticare aborti e ci sono regioni in cui si supera l’80%. I medici vengono pagati per praticare aborti: dunque se l’aborto è come un’operazione di appendicite, perché fare obiezione di coscienza, se vieni pure pagato per farlo?
– Ce lo dicono persino pro-choice come Monica Ricci Sargentini, che in un articolo del 25 Febbraio 2015 sul blog la 27ORA affermava «perché abbiamo così tanta paura di ragionare sull’aborto? Rispetto agli anni ’80 esiste una diversa consapevolezza: le ecografie, ormai ultraprecise, ci hanno mostrato che l’embrione non è certo solo un grumo di cellule, come qualcuno l’ha infelicemente definito, ma una vita in nuce. Non possiamo più prenderci in giro su questo». E ancora definiva l’aborto «un atto orribile».

Se la scienza, i medici e persino chi è favorevole all’aborto, tutti, ci dicono che l’aborto è un omicidio: possiamo permetterci di avere ancora dei dubbi? E se l’aborto è un omicidio, davvero lo Stato può permetterlo? Se l’aborto è l’eliminazione di un essere umano innocente e indifeso, può esistere un motivo tanto grave da legittimarlo? Davvero alla donna deve essere concessa la possibilità di eliminare suo figlio? La legge 194 non impedisce che l’aborto «si trasformi da dramma in tragedia», ma rende lecita una tragedia e da 40 anni genera una ferita grande e profonda nelle nostre donne e nella nostra società.

Aborto clandestino: un argomento illogico

L’autore difende la 194 anche perché nata per estirpare «la piaga dell’aborto clandestino». Ma ogni azione illegale avviene, per definizione, in maniera clandestina. Dunque, l’aborto era clandestino, gli omicidi oggi avvengono in maniera clandestina, i furti avvengono in maniera clandestina. Come fare per estirpare un male? Semplice: rendiamolo legale! Questo ragionamento, che a tutti sembrerà naturalmente assurdo, diventa improvvisamente sensato per l’aborto: «se la legge 194 venisse abrogata non verrebbe cancellato l’aborto, ma solo la possibilità di ricorrervi in strutture pubbliche in modo tale che le donne non corrano pericoli per la loro salute», si afferma nell’articolo del Fatto. Cioè: non possiamo eliminare l’aborto, quindi tanto vale legalizzarlo per evitare che le donne possano farsi del male. Ma se l’aborto è un omicidio, e abbiamo visto che lo è, non possiamo permettere che una donna commetta un omicidio in maniera pulita, legale, sicura e gratuita, per evitare che si faccia del male nel compierlo. Come se non bastasse, l’aborto legale provoca gravi conseguenze alle donne, come sottolineato dalla psicologa e psicoterapeuta Cinzia Baccaglini nel suo libretto “50 domande e risposte sul post-aborto”.

La straw man fallacy

Spesso, quando non si hanno argomenti a sostegno delle proprie tesi, si utilizzano altri tipi di argomenti, che in realtà sono errori logici. La straw man fallacy, per esempio: «questa gente ha come slogan “per la vita, senza compromessi”. Ma, a ben vedere, sono gli stessi che vorrebbero che i bimbi e le bimbe delle famiglie arcobaleno non nascessero». L’errore qui sta nel fatto che viene data una interpretazione errata del pensiero di chi ha partecipato alla Marcia per la Vita, nel tentativo di far perdere di credibilità le loro posizioni. In realtà, nessuno vuole che i bambini delle “famiglie arcobaleno” non nascano (anche perché le cosiddette famiglie arcobaleno non possono avere figli, per definizione): piuttosto, vogliamo che i bambini non crescano nelle famiglie arcobaleno. E anche se nascessero mediante pratiche orribili quali l’utero in affitto, di sicuro nessuno di noi vorrebbe che quel bambino venisse abortito. Mentre l’autore ritiene che «la genitorialità non è un fatto meramente biologico», la scienza afferma ben altro: ognuno di noi nasce da un padre e una madre. Ogni essere umano nasce da un padre e una madre e ha quindi diritto a crescere con il suo padre biologico e con la sua madre biologica.

In conclusione: nessuno di quelli che ha partecipato alla Marcia per la Vita è contro nessuno, ma tutti noi abbiamo il dovere di giudicare un’azione sbagliata, specialmente quando si tratta dello sterminio di milioni di esseri umani. E dobbiamo lottare ed essere disposti a qualunque cosa pur di risvegliare le coscienze. Il modo migliore per farlo è partecipare alla Marcia per la Vita, il 20 Maggio 2017 a Roma. Non puoi mancare!

Stefano Principe



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