21/08/2016

Aborto: i bambini diventano “rifiuti speciali”

L’aborto, anche spontaneo, rappresenta un vero e proprio lutto.

Se l’aborto avviene prima delle 20 settimane di gestazione, i bambini vengono chiamati ‘prodotti abortivi’, equiparati a ‘rifiuti speciali ospedalieri’ dei quali è previsto lo smaltimento (Dpr 254/2003) tramite termodistruzione in discariche pubbliche, fogne, o sepolti insieme agli arti amputati.

Le 20 settimane divengono quindi lo spartiacque della dignità di una sepoltura, della dignità di un bambino, che si coniuga con la dignità del genitore che tale è anche senza essere riuscito a conoscere la sua creatura, anche se ha deciso per l’aborto. Dopo le 20 settimane, la normativa di polizia mortuaria contempla la sepoltura. 

L’obbligo di registrazione all’anagrafe e il diritto alla cerimonia funebre scatta invece quando i feti abbiano compiuto 28 settimane di età intrauterina. Ma in realtà la legge italiana da oltre vent’anni, con il Dpr 285/1990, ha fornito la possibilità di offrire degno trasporto e sepoltura anche a ‘prodotti’ di concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane. Già nel 1988 una circolare dell’allora Ministro Carlo Donat-Cattin prevedeva la possibilità di sepoltura «anche in assenza di richiesta dei genitori», considerando lo smaltimento attraverso la linea dei rifiuti non solo un problema giuridico e di igiene, ma un venir meno ai «principi dell’etica comune».

La legge dà quindi la possibilità ai genitori che perdono un bambino durante la gravidanza (bambini vittime di aborto per qualunque motivo o in qualsiasi circostanza, compresa l’IVG), ma anche a ‘chi per essi’, se lo vogliono e senza alcuna forma di costrizione, di seppellirlo, senza limite di età gestazionale, in maniera civile ed in aree appositamente indicate dai regolamenti cimiteriali dei singoli Comuni. Purché la domanda sia presentata entro 24 ore dall’espulsione o estrazione del feto. Tali norme sono però spesso ignorate o erroneamente applicate in molti ospedali italiani, spesso sconosciute ai genitori che non conoscono la legislazione e i loro diritti, a volte in assenza di una corretta informazione da parte degli operatori sanitari.

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Primo propulsore dell’attenzione a questo aspetto del dramma dell’aborto è stata l’Associazione ecclesiale ‘Armata Bianca’, fondata a L’Aquila nel 1973 dal cappuccino Padre Andrea D’Ascanio, che si è battuta per il seppellimento dei bambini non nati e che ha affrontato violente contestazioni e processi, conclusisi con piena assoluzione nel 2006. Tutt’oggi il Movimento, con la stipula di appositi protocolli d’intesa con le strutture sanitarie, si occupa della sepoltura, fornendo regolarmente appositi contenitori e tenendo un registro, dei bimbi frutto di aborti procurati. Sulla stessa linea si muove da tempo anche l’Associazione ‘Difendere la Vita con Maria’, di cui abbiamo parlato su questa rivista nel numero di dicembre 2013, e l’Associazione Ora et labora in difesa della vita. Le Associazioni rivestono il ruolo del ‘chi per essi’, consentito dalla legge, in luogo dei genitori.

In Giappone esistono i cimiteri dei Mizuko (bambini liquidi); in Germania ai genitori di bambini nati morti, anche se di peso inferiore ai 500 grammi fino ad ora considerati solo ‘Sternerkinder’ (bambini delle stelle), è stata data per legge la facoltà di dare loro legalmente un nome, e dunque un’identità giuridica, e una sepoltura ufficiale.

In Italia sono circa 40 i Comuni – tra gli ultimi Firenze e Roma – che si sono man mano adeguati a questa sensibilità, destinando un’apposita area dei cimiteri all’inumazione delle spoglie dei bambini non nati. Cosa che ha fatto gridare allo scandalo i so- liti mortiferi benpensanti (come la Ravera).

E il 14 settembre 2013, su iniziativa dei pro-life americani, si è celebrata la Giornata Ricordo dei bambini abortiti, cui aveva aderito anche la nostra Associazione. Anche quest’anno aspettiamo numerose le vostre adesioni: una Messa, una preghiera, per le persone che hanno abortito o che hanno aiutato ad abortire, con l’intercessione delle piccole vittime innocenti.

Marta Buroni

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Fonte: Notizie ProVita, luglio-agosto 2014, p. 19

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