21/06/2018

Aborto non è scelta: oltre a Letizia, Sara

La Comunità Papa Giovanni XXIII ci ha mandato un’altra testimonianza agghiacciante, che dimostra che l’aborto legale non serve affatto a garantire una libera scelta.

È stata pubblicata su Notizie ProVita nel luglio 2014, che si aggiunge alla tragica storia di Letizia, e alle storie di SusannaGiuliaRossana e LiljanaElena e Camilla, e Anna.

«Vuoi un aiuto? Abortisci!»

I servizi sociali dovrebbero essere lo strumento dello Stato incaricati di aiutare le persone in difficoltà, dunque anche le donne incinte che chiedono aiuto.

Ma non è così: oggi in Italia il bambino nel grembo non è ritenuto un essere umano, perciò perché aiutare la sua mamma?

Tranne alcune lodevoli eccezioni (per esempio in Lombardia e in Sardegna), nella migliore delle ipotesi la gestante riceve gli stessi aiuti che riceverebbe se non fosse incinta; nella peggiore, si sente dare suggerimenti o prescrizioni che la condizionano pesantemente verso l’aborto.
Questo è accaduto a Sara (nome di fantasia), una giovane mamma del Nord Italia che, incinta del secondo figlio e senza lavoro, ha chiesto aiuto ai servizi sociali del Comune dove risiedeva.

Sara ha scoperto che non solo non aveva diritto a nessun sostegno particolare, ma addirittura che il nuovo arrivato rappresentava un ostacolo alla possibilità di ottenerne.

Infatti gli assistenti le avrebbero dato un aiuto solo se avesse potuto trovarsi un lavoro entro un tempo ragionevolmente breve, per evitare forme di assistenzialismo. Ma dato che lei era incinta, era impossibile che ne trovasse uno per almeno un anno: dunque non aveva senso aiutarla in quel momento!

Così le istituzioni spingono le mamme ad abortire: se lo fanno, avranno gli aiuti, altrimenti no. Anche questa è istigazione; ancora più grave perché attuata da chi ha un “potere”, che può influire sulla possibilità per la donna di trovare un lavoro o una casa, sull’affidamento dei figli...

Il bambino non importa nulla, anzi è un ingombro: altro che «valore sociale della maternità»!

Ecco la sua storia: «A 19 anni mi sono sposata e poco dopo abbiamo avuto la nostra primogenita.
Io e mio marito lavoravamo entrambi, ma un giorno lui perde il lavoro, a me scade il contratto e scopro di essere incinta del secondo figlio. Questo mi ha spaventata. Decido allora di chiedere aiuto agli assistenti sociali e quello che ho trovato mi ha fatto ancora più paura. Loro, senza troppi giri di parole, mi hanno fatto capire che sarebbe stato meglio non tenere il bambino, mi hanno spiegato che ero in una situazione molto grave, dovevo pensare alla mia primogenita e che il loro aiuto in caso avessi tenuto il bambino sarebbe stato sprecato, perché sarebbe stato insufficiente, non mi sarebbe bastato con due bambini.

Io decisi di abortire.

Andai in consultorio per prenotare l’intervento, ma lì la ginecologa, per fortuna, capì subito che non ero convinta, mi sentivo quasi obbligata, vedevo tutto nero. Allora mi diede il numero di un’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e mi disse che loro mi avrebbero aiutato. Decisi di incontrarli e finalmente mi sono sentita bene. Mi fecero raccontare la mia storia, i miei problemi, io mi sentivo ascoltata veramente. Hanno capito subito che volevo quel bambino, mi hanno aiutata moralmente ed economicamente, con un contributo mensile. Sono stati gli angeli custodi di mio figlio ed è anche grazie a loro se adesso è qua e sta bene. Le cose grazie a Dio sono cambiate, ora mio marito lavora e noi riusciamo a vivere.

A tutte le mamme in difficoltà voglio dire che tutti i giorni vedo mio figlio, quando mi sorride e mi guarda piccolo e indifeso, ringrazio Dio e mi dico: “Meno male che hai fatto la scelta giusta, altrimenti avresti avuto un gran rimorso”».

Andrea Mazzi

Foto: Caravaggio, Il sacrificio di Isacco, 1603

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