19/06/2018

Aborto: una ferita aperta e ancora non ci siamo capiti

La moda di censurare i manifesti pro vita è arrivata anche a Chiavasso, dove dei manifesti  che fanno riflettere sull’aborto, affissi dal Movimento per la Vita, hanno suscitato l’ira funesta dei soliti noti, Cgil in testa. Ne abbiamo fatto cenno qui. Rilanciamo volentieri il comunicato stampa in proposito del Centro di aiuto alla vita di Chiavasso, che sottoscriviamo in pieno.

La campagna di prevenzione dell’aborto volontario, promossa dal Movimento per la vita e dal Centro di aiuto alla vita di Chivasso in occasione del quarantesimo anniversario della Legge 194/78, ha suscitato, in alcuni ambienti, un vespaio di polemiche.

aborto_Chiavasso_vitaChe l’aborto sia un argomento che appassioni, lo troviamo di gran lunga preferibile rispetto all’eventualità che ci lasci indifferenti.
Ma è un tema estremamente complesso; chi pensa di poterlo liquidare in due battute commette un grave errore di sottovalutazione, dall’una o dall’altra parte. Per questo un manifesto pubblico, con la sua intrinseca esigenza di sintesi, non può essere una buona base per un confronto ragionato.
Inoltre, per poterne discutere apertamente e lealmente bisogna rimuovere il pregiudizio verso l’altra sponda.
Il tema che deve essere messo a fuoco è il “bene dell’essere umano”, di tutti gli esseri umani coinvolti, nel massimo grado possibile.
Qualcuno pensa che tutti quelli contrari all’aborto siano insensibili alla sofferenza fisica e morale delle donne? Che il loro obiettivo sia schiacciare chi ha abortito sotto il peso del rimorso di coscienza? Sbagliato.
Qualcuno pensa che tutti quelli favorevoli all’aborto siano inguaribili edonisti, egoisti, sprezzanti della vita altrui? Non credo proprio.
Credo però che si debba partire dalla realtà, dalla verità scientifica e biologica, prima ancora della verità spirituale.

Il principio matematico ci dice che dall’ipotesi discende la tesi, mediante una dimostrazione; ma attenzione, se le premesse sono sbagliate, le conclusioni non possono che essere sbagliate.
E le premesse sono queste:
la donna che si trova in una situazione di gravidanza indesiderata (lasciamo perdere per ora i motivi) è un essere umano in una situazione di estrema difficoltà, spesso abbandonata al suo destino da un partner che se ne lava le mani e comunque sottoposta a fortissime pressioni esterne; è frastornata, il mondo le crolla addosso. Ha bisogno di aiuto, per risolvere “il problema”, ma non è detto che quella che sembra la soluzione più semplice e veloce sia quella giusta;
il bambino che si sta sviluppando nel grembo materno è un nuovo individuo della specie umana, è vivo, non gli si può imputare alcuna colpa e come tutti gli esseri umani chiede solo di vivere.

Se la soluzione apparente consiste nel salvaguardare una vita a scapito dell’altra, qualcosa non torna.

Tanto per cominciare sarebbe più corretto dire “credere di salvaguardare”: si potrebbero scrivere fiumi di inchiostro sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’aborto volontario. Cito solo che la statistica rileva come l’aborto volontario aumenti notevolmente il rischio di suicidio.
La maternità negata è un dramma per la donna, perché è capace di rimanere silente per anni e poi di esplodere, lacerando violentemente l’anima della donna, che sente su di sé tutto il peso della responsabilità per aver impedito la nascita del proprio figlio. Lo diciamo non perché questo ci rallegri, ma per mettere in guardia la donna dal grave pericolo che corre, illudendosi di trovare un rimedio che le procurerà un danno ancora peggiore.

Il vero pro-life ha solo un obiettivo difendere il bambino e insieme difendere la mamma. Non avrebbe senso difendere il bambino contro la sua mamma, che magari è mamma di altri figli, o moglie e in ogni caso un essere umano anch’ella.

Queste sono le premesse per poter discutere con rispetto reciproco fra le parti e saremmo solo al punto di partenza.

Noi pro-life non siamo gente che si limita a parlare per difendere un’idea.

A Chivasso, in 22 anni di attività, il Centro di aiuto alla vita ha sostenuto la nascita di 193 bambini, di cui esattamente 50 destinati ad essere abortiti a qualche ora o giorno di distanza da un colloquio, quasi sempre fortuito, nel quale l’amicizia, il conforto e l’auto offerto alla donna sono stati determinanti per l’esito positivo della gravidanza.

Oggi noi diamo assistenza continuativa mediamente a 140 persone al mese: pannolini, latte in polvere, vestitini, alimenti, medicine, carrozzine, passeggini, eccetera eccetera eccetera.

Se non correggessimo gli errori contenuti nei comunicati pubblici recentemente diffusi, faremmo un torto non solo ai dirigenti, non solo alla cinquantina di iscritti, ma soprattutto alle innumerevoli persone che ci stanno vicino e ci sostengono con le loro offerte.

Per esempio, rispetto a quanto affermato dalla Cgil Torino, alla luce anche di quanto sopra esposto, la nostra campagna pubblicitaria:
1) Non può essere definita “contro le donne”, ma semmai proprio il contrario, a favore delle donne.
2) Contro una legge dello Stato, Sì, una legge talmente controversa da dover prevedere l’obiezione di coscienza contro essa stessa. Per inciso, anche le leggi razziali erano una “Legge dello Stato”, ma ad esserne contrari c’è solo da esserne fieri.
3) Disinformazione? Abbiamo richiamato due fatti, reali e indiscutibili, non opinioni:
– la fotografia di un feto all’età gestazionale di 3 mesi, realizzata dal fotografo Lennart Nilsson, a dimostrazione che il “grumo di cellule” è ben altra cosa;
– il numero ufficiale di aborti volontari eseguiti legalmente in Italia da quando è in vigore la legge 194/78.
4) Non c’è alcun nesso, nel modo più assoluto, tra la nostra campagna di prevenzione dell’aborto e il triste e deprecabile fenomeno della violenza contro le donne.
5) L’affermazione più grave in assoluto è l’auspicio che l’Italia possa reprimere la coscienza, vietare la libertà di opinione e nascondere, con la forza della legge, la verità scientifica e biologica della vita umana, pur di difendere la propria convinzione.

Bonariamente, considerando questi come grossolani errori di percorso, frutto di quel pregiudizio che impedisce la reciproca comprensione, auspichiamo che tutti, ma proprio tutti e soprattutto coloro che fanno della difesa dei più deboli e dei lavoratori la propria ragione di vita, profondano il loro impegno per promuovere una società pluralista, veramente rispettosa di ogni essere umano.

Luigi Cipolla

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