26/07/2019

La richiesta di Hollywood, sempre più scene di aborto nei film

Hollywood prosegue la sua campagna di normalizzazione dell’aborto, non è un mistero. Anzi, c’è chi ritiene che l’aborto non venga ancora pubblicizzato a sufficienza, come Goss Graves, Presidente e CEO del National Women’s Law Center e Co-fondatore del Time’s Up Legal Defense Fund.

In occasione del CAA Amplify, «una conferenza annuale per promuovere la diversità e l’inclusione nel settore dello spettacolo», Graves, come spiega un articolo di Life News, avrebbe chiesto più scene di aborti nei film.

Così l’aborto diviene argomento da trattare in materia di promozione della diversità e dell’inclusione, come se non parlarne o mostrarlo per quello che è, ossia una pratica intrinsecamente negativa, rappresentasse una sorta di discriminazione o di violazione dei diritti di qualcuno.

L’aborto, che uccide vite umane di bambini innocenti e ferisce profondamente le loro madri, dovrebbe diventare il pane quotidiano di ogni spettatore, quindi. Perché sarebbe assurdo affermare che l’aborto sia un tema tabù. Specialmente dal momento che solo quest’anno ben 21 personaggi della televisione hanno parlato apertamente di aborto o ne hanno inscenato la pratica.

Lo ammette lo stesso professore abortista Gretchen Sisson, il quale afferma che il numero di rappresentazioni televisive dell’aborto è aumentato all’aumentare delle leggi che pongono limiti all’aborto ed al controllo delle nascite. Lo stesso, inoltre, lamenta il fatto che solo in un caso è stata rappresentata la contraccezione. Sembra dunque essere sempre più palese il legame tra il mondo del cinema e della televisione e la politica pro aborto, la quale si serve di essi per prolungare i suoi tentacoli mediatici attraverso cui veicolare l’idea che l’aborto sia un intervento come un altro, semplice assistenza sanitaria.

Ma l’America, fortunatamente, mostra evidenti segni di non voler essere quella società in cui porre fine alla vita di un innocente è normale. Hollywood, prima o poi, dovrà farsene una ragione.

Luca Scalise

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