13/10/2018

Obiezione di coscienza in Norvegia: vittoria!

L’11 ottobre 2018, la Corte Suprema norvegese ha stabilito un nuovo precedente sull’obiezione di coscienza di fronte all’aborto. Nel 2015 Katarzyna Jachimowicz è stata licenziata dalla clinica dove lavorava, per essersi rifiutata di inserire spirali, cioè dispositivi intrauterini (IUD), che agiscono come abortivi, in nome della sua fede cristiana. La Corte ha dichiarato che la Jachimowicz ha agito nel suo diritto, rifiutandosi di partecipare a una procedura verso la quale ha un’obiezione morale. Alle autorità sanitarie è stato così intimato di rispettare il diritto all’obiezione di coscienza del personale nell’esercizio delle sue funzioni.

La tesi difensiva della dottoressa aveva sempre seguito la linea per cui la legge norvegese contrasta, in materia, con il diritto sovranazionale, in specie la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo dell’ONU (art. 18) e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (artt. 9-10). Infatti la legge norvegese non riconosce un vero e proprio diritto soggettivo all’obiezione di coscienza, ma permette solo che le strutture sanitarie valutino, nei contratti col personale, la possibilità di un rifiuto di certe pratiche. Ciononostante, per una incoerenza normativa nell’ordinamento nazionale, i superiori della Jachimowicz la licenziarono per non aver rispettato un’istruzione che riteneva moralmente sbagliata.

Un medico si rifiuta di obbedire a una norma di diritto positivo per ragioni morali: come non tornare sul grande classico del Processo di Norimberga? Lì «tutti noi siamo stati testimoni di come alcuni che hanno agito secondo tale diritto sono stati poi chiamati a rendere conto davanti alla giustizia umana» (Pio XII, Discorso alla Sacra Rota, 14 novembre 1949). L’obiezione di coscienza non è solo un diritto, ma anche un dovere:  la legge statale non basta a obbligare in coscienza, se non è fondata sulla legge morale.

Robert Clarke, direttore di European Advocacy per ADF International, un’organizzazione per i diritti umani che ha difeso le ragioni della dottoressa, ha giustamente affermato: «Questa vittoria arriva in un momento in cui i professionisti medici di tutta Europa si sentono sempre più minacciati nelle loro posizioni dalla pressione di fare cose che ritengono essere moralmente sbagliate e immorali. In quanto tale, fornisce un prezioso precedente legale nel proteggere questa libertà naturale in tutto il continente. Questa sentenza invia un chiaro messaggio alle autorità norvegesi secondo cui la coscienza è un diritto fondamentale ai sensi della Convenzione europea sui diritti umani e che deve essere protetto».

Vincenzo Gubitosi

Fonte:
LifeNews

 

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