16/07/2019

Oklahoma, vince la civiltà: stop aborto per smembramento

In Oklahoma la difesa della vita fa passi avanti. Avevamo già parlato di come, dal momento che la Costituzione americana protegge l’inviolabilità della vita umana, lo stato dell’Oklahoma ha scelto di permettere l’aborto solo nei casi di stupro, incesto o pericolo per la vita della madre, previo un prestabilito tempo di riflessione ed una completa informazione circa i rischi che esso comporta.

Oggi è diventato uno degli otto stati che hanno approvato il divieto di aborto tramite smembramento degli arti del bimbo non nato a cuore battente (la cavità cardiaca del piccolo, ricordiamo, inizia a pulsare già intorno al ventunesimo giorno di gravidanza). Si tratta, spiega un articolo di Life News, dell’Unborn Child Protection from Dismemberment Abortion Act, un provvedimento grazie al quale questa pratica brutale sarà proibita. La pena per chi trasgredisce tale norma potrebbe giungere fino a due anni di carcere e 10 mila dollari di multa.

Una legge che rappresenta un vero e proprio traguardo per il mondo pro life, in quanto dimostra il riconoscimento dell’umanità del concepito (che è una persona a tutti gli effetti) ed una seria presa di consapevolezza della crudeltà della pratica abortiva.

Ovviamente non si sono fatte attendere le associazioni abortiste, le quali hanno immediatamente contestato la legge in tribunale, sostenendo che essa potrebbe in qualche modo “nuocere” alle donne, al punto che l’attivista pro aborto Julie Rikelman avrebbe dichiarato che senza il cosiddetto “aborto libero” le donne non avrebbero avuto accesso “alle migliori cure mediche”.

Ma l’aborto non è una cura, tanto meno una delle migliori cure. Né per il bambino, che ne resta ucciso, né per la donna che potrebbe andare in contro a gravi conseguenze per la sua salute fisica e psichica. Fortunatamente la civiltà ha vinto e la legge è stata confermata. Così dichiara Mike Hunter, procuratore generale dell’Oklahoma: «È inconcepibile pensare che consentiremmo a questa pratica di continuare». E noi, lieti per questo passo avanti, auspichiamo che anche gli altri stati prendano esempio.

Luca Scalise

 

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