25/04/2024 di Giuliano Guzzo

Nasce la piattaforma europea per tutelare i bambini dal porno. Anche Pro Vita & Famiglia ne fa parte

La pornografia on line è «un problema di salute pubblica» e come tale necessità di «buone pratiche», ma soprattutto di «soluzioni politiche per proteggere i bambini». È questa la consapevolezza di fondo che anima ed ispira l’European Child Shield Platform, un network comunitario – di cui anche Pro Vita & Famiglia fa parte - di esperti sul versante medico e giuridico che riunisce oltre 30 ong impegnate sul fronte della prevenzione della dipendenza da porno e attive in 19 Paesi dell’Unione.

Questa realtà considera il porno «un problema di salute pubblica» non sulla base di qualche concezione moralistica, bensì alla luce di constatazioni suffragate da riscontri, che dicono come il consumo di materiale a luci rosse sia un pericolo per le donne, favorisca la dipendenza sessuale risultando dannoso per il cervello, danneggi l’autostima, peggiorando i problemi relazionali, dando dipendenza e generando assuefazione cerebrale ai contenuti hot.

Qualche esempio? Uno studio sulla rivista Violence and victims, per realizzare il quale si sono interpellate un centinaio di vittime di violenze sessuali, ha registrato come la maggior parte delle vittime (58%) semplicemente ignorava se i carnefici facessero uso di materiale porno - ipotesi che non si può quindi escludere -, mentre ben il 28% di esse aveva affermato che i loro abusatori utilizzavano tale materiale e il 12% aveva persino riconosciuto l’imitazione del porno nella violenza. Più recentemente, nel 2016, sul Journal of Communication è stata pubblicata una metanalisi che, a partire da 22 studi realizzati in 7 diversi Paesi, ha riscontrato come i soggetti che consumano materiale pornografico più frequentemente abbiano maggiori probabilità di mantenere atteggiamenti favorevoli all’aggressione sessuale e di impegnarsi in atti reali di aggressione sessuale. Se a questi si somma il fatto che la pornografia sia utilizzata, secondo alcune stime, regolarmente almeno dal 50% degli uomini e almeno dal 30% delle donne – e che il 50% degli adolescenti tra gli 11 e i 13 anni ha utilizzato pornografia online -, si può ben comprendere la portata del problema contro cui l’European Child Shield Platform si spende.

A questo proposito, per quanto riguarda l’Italia, non siamo fortunatamente all’anno zero nel senso che delle iniziative virtuose sono già state promosse anche a livello normativo. Nello specifico, nel nostro Paese sono stati già introdotti dei sistemi di verifica dell'età imposti su siti web e altre piattaforme, impedendo l'accesso ai minori. Per esempio l'articolo 13-bis del “decreto Caivano” – nome dato al dlgs 15 settembre 2023, n. 123 – contiene, in tal senso, "Disposizioni per la verifica della maggiore età per l'accesso a siti pornografici", e vieta ai minori l'accesso a contenuti pornografici, «in quanto ne lede la dignità e ne compromette l'integrità fisica e psichica, costituendo un problema di sanità pubblica». La legge impone altresì agli operatori di siti web o altre piattaforme che distribuiscono materiale pornografico di verificare l'età degli utenti. In caso di inosservanza, può essere comminata una sanzione ai soggetti obbligati e, se ciò non porta all’adempimento, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) può disporre il blocco del sito o della piattaforma.

Non solo. Nel nostro Paese sono anche promossi i sistemi di parental control (PCS) su alcuni contratti di servizio internet. L'articolo 7-bis del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, recante "Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio" prevede infatti che i PCS - ovvero sistemi idonei a filtrare contenuti inappropriati per i minori e a bloccare contenuti riservati a un pubblico di età maggiore di diciotto anni - debbano essere inseriti e preattivati, a titolo gratuito, nei contratti di fornitura di servizi di comunicazione elettronica. Tutto questo, naturalmente, non ci deve come Italia far immaginare che il problema di trovare «soluzioni politiche per proteggere i bambini» dai pericoli del porno non ci sia: c’è eccome. Ma, come si diceva poc’anzi, fortunatamente non si parte affatto da zero, bensì da premesse anche positive.

Ciò detto, ora che resta da fare? Secondo l’European Child Shield Platform bisogna lavorare secondo cinque direttrici. In prima battuta, serve investire in studi scientifici più approfonditi e descrittivi sul consumo di pornografia infantile, in particolare tra gli adolescenti; nel fare questo può tornare utile – per implementare la letteratura che già esiste sull’argomento - identificare le vulnerabilità individuali che facilitano lo sviluppo di conseguenze negative come la dipendenza e la sessualità violenta.

In secondo luogo, secondo il newtork europeo bisogna intervenite sulle politiche sanitarie, includendo la pornografia nell'elenco delle dipendenze nelle classificazioni internazionali della salute mentale (Oms e Apa in primis). Punto tre: bisogna rafforzare gli sforzi già in atto per diffondere consapevolezza e sostenere tutte le iniziative – anche in ambito scolastico ed universitario - volte a lanciare l'allarme sulle conseguenze del consumo di pornografia. Spesso infatti, di questo tema si ha semplicemente timore a parlare, e ciò non fa che aggravare la situazione attuale. Un quarto impegno prioritario, sempre secondo l’European Child Shield Platform, sarebbe quello di sviluppare politiche e una legislazione europee che proteggano efficacemente i minori dall’esposizione e dal consumo di contenuti pornografici online; questo perché le norme hanno quella forza prescrittiva immediata che può generare effetti concreti.

Infine, bisogna sostenere i bambini, i genitori e le scuole monitorando e adottando le buone pratiche implementate. Quest’ultimo, quinto punto forse è il più importante di tutti dal momento che – come Pro Vita & Famiglia sa bene e ripete costantemente (anche con la Campagna "Piccole Vittime Invisibili" contro l'ipersessualizzazione dei minori in rete) – l’impegno educativo delle scuole, ma soprattutto da parte dei genitori, cui spetta il vero primato educativo, è fondamentale. Ed utopico sarebbe ogni tipo di sforzo che arrivi a puntare tutto sulla scuola o su altre istituzioni, senza considerare che è l’impegno diretto di padri e madri quello più in grado di incidere nella formazione e nella crescita dei loro figli.

 

 

 

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