06/05/2024 di Giuliano Guzzo

UK: «Il sesso è un fatto biologico». Continua a crollare l’ideologia gender, non solo in Gran Bretagna. E l’Italia?

Un tempo pioniere del gender, il Regno Unito sembra oggi il Paese del suo ripensamento. Anzi, non sembra: lo è. Non si spiegherebbe diversamente come mai dopo lo scandalo Tavistock prima e lo storico divieto della prescrizione dei farmaci che bloccano la pubertà ai giovani disforici sotto i 18 anni poi, dall’Inghilterra sia arrivata un’altra decisione che gli stessi media britannici hanno definito «storica», destinata a far discutere e senza dubbio di grande impatto: quella contenuta nelle nuove linee guida del servizio sanitario britannico (NHS), che in estrema sintesi dicono una cosa molto semplice, e cioè che - salvo rarissime eccezioni - si nasce maschi o femmine. Insomma, i sessi sono due. Apparentemente ovvia, questa affermazione non lo è. Infatti non più tardi di tre anni fa le linee guida NHS avevano stabilito che un paziente trans dovesse essere indirizzato in reparti single-sex, intendendo tuttavia per sex «quello nel quale ci si identifica». Ora, invece, si chiarisce che quando si dice «sex» si intende «biological sex».

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Apparentemente marginale se non perfino di lana caprina, una simile svolta potrebbe invece essere copernicana, come ha ben colto sulle colonne del Foglio Marina Terragni. «L’aggiornamento del regolamento NHS viene effettuato ogni dieci anni e per sorte stavolta - ha scritto Terragni - il lavoro di revisione prende avvio proprio poche settimane dopo che il colossale Cass Review ha mandato gambe all’aria tutto il sistema di “cura” destinato a bambine e bambini con incongruenza o disforia di genere, rilevandone la fallacia e l’inconsistenza scientifica e facendo tremare le vene dei polsi a tutti quei medici che nei servizi dedicati hanno trattato migliaia di minori secondo un protocollo che palesemente non stava in piedi e contravveniva clamorosamente all’ippocratico “primum non nocere”».

«Il servizio sanitario nazionale ha finalmente capito il senso del sesso biologico», è stato invece sul punto l’ironico commento dello Spectator (storico quotidiano britannico) su questa notizia, di cui ha parlato anche la BBC, scrivendo che le nuove linee guida «sottolineano per la prima volta l’importanza del sesso biologico». In effetti, è la prima volta che si vieterà alle donne trans l'accesso a reparti solo femminili, garantendo alle donne il diritto di richiedere un medico dello stesso sesso per le cure intime. Inoltre, il documento impone ai fornitori di servizi sanitari di utilizzare «termini chiari» per comunicare e tenere conto delle differenze biologiche. Come si diceva all’inizio, siamo insomma davvero dinnanzi ad una rivoluzione copernicana, non meno rilevante del già immenso terremoto determinato dalle 388 pagine del già citato rapporto Cass, che smonta un tassello alla volta la narrazione unica del cosiddetto modello affermativo sui minori a disagio con il loro corpo sessuato.

Va chiarito che la rivoluzione anti gender, per così dire, non è affatto solo inglese, ma riguarda molti altri Paesi. A partire da quelli scandinavi che, dopo Svezia e Finlandia e Danimarca, nel marzo dello scorso hanno visto anche la Norvegia opporsi fermamente alla “terapia affermativa di genere”. Per l’America fa invece testo il caso del Transgender Center della Washington University presso l'ospedale pediatrico St. Louis, che ha ufficialmente comunicato che, d’ora in poi, i medici non prescriveranno più bloccanti della pubertà o ormoni sessuali incrociati a bambini e adolescenti. Anche in Germania qualcosa si muove: 15 docenti hanno recentemente sollevato «molti punti critici» contro un progetto sul ricorso a bloccanti puberali, ormoni cross sex e interventi chirurgici su minori che non si identificano con il loro sesso biologico e che presentano disforia di genere.

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E in Italia? Dopo le battagliere campagne di Pro Vita e Famiglia contro l’ideologia gender nelle scuole (la petizione ha superato le 100.000 firme) e contro la carriera alias – con tanto di diffide a centinaia di scuole -, anche da noi qualcosa si muove. Infatti, sappiamo che in seguito ad una ispezione ministeriale all’Ospedale Careggi di Firenze - dove venivano trattati minori con disforia di genere - sono emersi molti punti critici nel modo con cui, appunto, venivano seguiti i pazienti. Ne è scaturito un acceso dibattito nazionale, che ha portato - a fine marzo - all’apertura di un lavoro istruttorio e comune tra il Ministero della Salute e il Ministero della Famiglia sulla problematica della disforia di genere dei minori, a partire dall’utilizzo della Triptorelina, il farmaco bloccante della pubertà. Siamo insomma ancora distanti dalla svolta britannica sul gender, ma certamente qualcosa si muove anche in Italia. Ed era ora.

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