03/08/2013

Culle per la vita

Dal 1992 una nuova organizzazione di volontariato per la vita salva i bambini dall’abbandono in luoghi malsani, dove sarebbero destinati a morte certa. Le sue origini, però, sono molto antiche nel tempo

Gli stati democratici dell’Occidente si vantano di promuovere la solidarietà sociale. Certamente, però, gli ospedali e le scuole per i poveri non sono stati inventati dalla mentalità laica e secolare. Così come gli orfanotrofi e i brefotrofi, anche le “ruote degli esposti” erano strutture d’accoglienza per bambini abbandonati annesse a qualche istituto religioso o a qualche chiesa. Il primo ricovero per neonati abbandonati fu istituito a Milano nel 787 dall’arciprete Dateo. In Francia comparvero alla fine del XII secolo le ruote: dalla strada si deponeva il neonato all’interno di un cilindro di legno collocato nel vano di una finestra sita a pian terreno e si suonava una campanella posta lì accanto. Da dentro l’edificio, udito il suono, facevano girare il cilindro sul proprio asse e prendevano il bambino. La prima ruota in Italia pare fosse quella dell’ospedale di Santo Spirito in Sassia, a Roma. Fu voluta, nel 1198, da Papa Innocenzo III, turbato dall’incubo ricorrente dei corpicini di neonati che venivano ripescati nel Tevere. Dal Medio Evo in poi le ruote ebbero ampia diffusione in tutta Italia: a metà dell’800 se ne contavano più di mille. Ma da allora prese piede un movimento abolizionista che portò al progressivo smantellamento dell’istituzione: in parte il fronte abolizionista fu alimentato dal pensiero malthusiano. Si riteneva infatti che le ruote salvassero troppi bambini (alcuni dati dell’inizio dell’800 riferiscono che il 30% dei nati, a Milano, era allevato nei brefotrofi) e che la crescita della popolazione a spese della collettività fosse divenuta insostenibile. Dal 1923 la legge impose che l’abbandono dei neonati fosse possibile solo in forma non anonima. Oggi la legge consente alle donne di partorire in ospedale, con tutte le cure del caso, in assoluto anonimato, cosicché il bambino viene prestissimo dichiarato adottabile. Nonostante ciò, negli ultimi decenni, spesso sono tristemente venute alla ribalta della cronaca le notizie del ritrovamento di neonati abbandonati nei cassonetti tra le immondizie, o luoghi simili. Questo scosse la coscienza sinceramente cristiana di Giuseppe Garrone (co-fondatore di SOS Vita e del Progetto Gemma), che, nel 1992, ideò i “Cassonetti per la vita”, poi ribattezzati “Culle per la vita”. Come le vecchie ruote, consentono di lasciare i bimbi nel pieno anonimato. I neonati però sono perfettamente protetti, sicuri, al caldo. Le postazioni sono vigliate 24 ore su 24 e forniscono immediatamente l’assistenza di un medico e di una puericultrice. Oggi in Italia esistono più di 40 “Culle per la vita” dislocate in quasi tutte le regioni, gestite da diverse organizzazioni e istituzioni religiose o diocesane o di volontariato, in coordinamento con i Centri di Aiuto alla Vita.

di Francesca Romana Poleggi

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