17/02/2017

Dalla droga, un insegnamento: «Cercate la straordinarietà!»

La droga uccide, in Italia, nel 2017. Quella droga che alcuni definisco “leggera” e il cui uso si vorrebbe rendere legale.

E non si venga a dire che il ragazzo morto suicida a soli sedici anni a Lavagna è una vittima del proibizionismo. No: è solamente l’emblema di una gioventù che vaga senza direzione, perché senza maestri in grado di indicare loro ideali per i quali valga spendere la propria esistenza.

In manca di senso, nel pieno dell’adolescenza, la droga appare come un palliativo efficace. «Tanto è solo una canna, lo dicono tutti che non fa male!», ripetono a destra e a sinistra. E l’errore è proprio qui: anche una sola e singola canna provoca danni irreparabili a un cervello in pieno sviluppo (ma anche a quello già formato, seppur in misura minore): nel numero di novembre della rivista cartacea Notizie ProVita intervistavamo una mamma (a sua volta ex tossica e sieropositiva), la quale raccontava di come avesse dovuto re-insegnare al proprio figlio ventenne a camminare, a mettere un piede dietro l’altro... e questo solo ed esclusivamente per colpa delle canne! Canne che hanno una percentuale sempre più alta di principio attivo e che spesso arrivano nelle mani dei nostri ragazzi dopo essere state lavorate, tagliate e mischiate con prodotti gravemente nocivi per la salute.

A questo si aggiunga che l’uso di canne apre, in una percentuale considerevole di casi, all’uso di droga cosiddetta “pesante”.

La mamma di Lavagna non ne poteva più di vedere il figlio buttare la propria vita, stordendosi con la droga. Ed è così che ha deciso di chiamare la Guardia di Finanza – «Grazie per aver ascoltato l’urlo di dolore di una madre che non poteva vedere il proprio figlio perdersi», ha affermato pubblicamente -, compiendo un atto educativo tanto coraggioso (alla faccia del “sesso debole”: una mamma diventa una leonessa per i propri figli...), quanto poco compreso e strumentalizzato dai media e dai fautori della droga legale.

Un gesto d’amore che diventa occasione, proprio durante i funerali del sedicenne, per riportare al centro l’importanza dell’educazione e richiamare gli adulti a non disertare il loro compito nei confronti delle generazioni che hanno messo in un mondo forse più complicato di un tempo, ma che comunque riserva tante opportunità.

Ecco quanto ha affermato la mamma ai giovani presenti al funerale del figlio: «Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale. Qualcuno vuol soffocarvi. [...] Diventate protagonisti della vostra vita e cercate lo straordinario. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi. Invece di mandarvi faccine su whatsapp, straordinario è avere il coraggio di dire alla ragazza sei bella invece di nascondersi dietro a frasi preconfezionate. [...] Straordinario è chiedersi aiuto proprio quando ci sembra che non ci sia via di uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per mio figlio è troppo tardi ma potrebbe non esserlo per molti di voi, fatelo! [...] Fate emergere i vostri problemi!».

La generazione giovanile è oggi in grande difficoltà. Il pedagogista Daniele Novara ha commentato: «[...] Ci troviamo di fronte ad un a generazione adolescenziale particolarmente fragile da un punto di vista emotivo. Questo è vero e lo dicono tutte le ricerche. C’è quella che in un recente lavoro chiamo “carenza conflittuale”. Significa che c’è una profonda difficoltà a gestire le situazioni critiche, di contrarietà e di conflittualità. Non solo con gli adulti ma anche in generale. Sia coi coetanei che in situazioni di pure e semplice frustrazione. Sono ragazzi cresciuti in contesti eccezionalmente virtuali. [...] Hanno indici di socializzazione molto bassi e sono eccessivamente coinvolti nella vita degli adulti che li proteggono e li sottopongono alla loro iper apprensione. Sono ragazzi con difficoltà gravi ad affrontare le comuni fatiche della vita e le normali crisi o gli ostacoli che si incontrano quotidianamente. Per tanto agiscono poi in modo profondamente autolesionistico».

L’infanzia e la gioventù sono il periodo più importante nella formazione della personalità, sono anni che scolpiscono nelle persone gioie e ferite con le quali si faranno i conti per l’intera esistenza. Le dipendenze – dalla droga, ma anche dalla pornografia, dall’alcol o dai social... – influenzano e macchiano la vita, per sempre. Servono adulti che lo sappiano ripetere, a parole ma sopratutto con l’esempio: lo dobbiamo ai nostri ragazzi, a quei miracoli ambulanti che abbiamo chiamato alla vita e che dobbiamo, giorno dopo giorno,  generare alla vita.

«Perdonami di non essere riuscita a colmare quel vuoto...», ha concluso la mamma. La droga non è stata una risposta sufficiente alla richiesta di senso del giovane sedicenne. Non è una risposta sufficiente per nessuno.

Ecco il video del discorso della mamma del ragazzo.

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Teresa Moro

Fonte: Il Corriere della Sera


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