08/04/2019

A Verona le fake news hanno avuto le gambe corte

Le bugie hanno le gambe corte, recita un antico quanto popolare adagio. Al quale pare il caso di aggiungere che analoga sorte tocca alla fake news. Ma sì, proprio così. Adesso che il Congresso mondiale delle famiglie di Verona si è concluso, infatti, sarebbe bello poter chiedere a tutti coloro che hanno messo in giro simili voci quali siano stati gli interventi a favore della pena di morte per gli omosessuali. Analogamente, sarebbe interessante capire chi e dove, dal 29 al 31 marzo, ha teorizzato forme di tortura o di pressione psicologica ai danni delle persone con tendenze non eterosessuali. Le donne, poi...

Doveva essere il Congresso del medioevo e della teorizzazione della sottomissione della donna. Peccato che, anche qui, nessuno dei numerosi relatori intervenuti abbia affermato nulla di ostile alla dignità femminile. Anzi, è stato molto ironico l’esordio della relazione di Giorgia Meloni, salita sul palco fingendosi affaticata: «Scusate, sapete: ho appena finito di stirare». Del resto, anche volendo non si sarebbe potuta teorizzare alcuna inferiorità femminile con riferimento al Medioevo. Più agevole, semmai, sarebbe stato farlo parlando dell’Illuminismo tanto caro alla cultura dominante.

A questo riguardo, sarebbe bastato evocare il riconosciuto maschilismo di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) e le idee dell’avvocato Sylvain Maréchal (1750-1803), uno dei più importanti esponenti dell’ateismo durante la Rivoluzione nonché ammiratore di Voltaire, Diderot e di Rousseau appunto, il quale formulò persino un progetto di legge allo scopo di vietare alle donne di imparare a leggere, motivato sulla base di premesse quali «i gravi inconvenienti, per entrambi i sessi, dal fatto che le donne sappiano leggere», il fatto «che le donne più colte e istruite non hanno mai arricchito le scienze e le arti di alcuna scoperta» e la convinzione «che una donna, anziché imparare a leggere, deve piuttosto imparare a stare al mondo».

Altrettanto significativo è il rapporto con cui nell’autunno del 1793 Jean Pierre Amar (1755-1816), del Comitato di Sicurezza generale, argomentò l’interdizione dei club popolari femminili asserendo che una donna onesta non si mostra in pubblico per immischiarsi di affari di governo, né la natura gliene ha dato la capacità fisica, morale e mentale. E non trascurabile, a proposito della considerazione che i rivoluzionari effettivamente avevano della donna, appare anche la tragica vicenda della drammaturga Olympe de Gouges (1748-1793), la quale, prima di essere ghigliottinata, nella sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1791, senza nascondere una forte delusione e rivolgendosi esplicitamente al mondo femminile scrisse: «Oh donne! Donne, quando la smetterete di essere cieche? Quali vantaggi avete tratto dalla rivoluzione?».

Chiusa questa breve parentesi storica, tornando al Congresso mondiale delle famiglie di Verona, c’è inoltre da sottolineare come, alla fine, davvero nessuno abbia detto nulla di scandaloso. Su nessun versante. Tanto è vero che, pur di scrivere qualcosa di piccante, i giornaloni sono arrivati a polemizzare sui fetini di plastica che circolano da anni e anni in ambito pro life. Della serie: qualcosa di esplosivo e sconvolgente, alla kermesse pro family, andava trovato. A tutti i costi. Peccato che, appunto, non si sia poi scoperto pressoché nulla di terrificante. Così i fabbricatori di fake news si sono ancora una volta confermati per quello che sono, ossia gente costretta a infangare il prossimo pur di raccattare copie e clic.  C’era una volta il giornalismo…

Giuliano Guzzo

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