07/12/2017

Bambini senza identità: l’idea folle della cantante Pink

Cosa non si fa pur di essere visti e considerati dagli altri! Non bastavano i capelli di colore opinabile e gli atteggiamenti poco conformisti, ora la cantante Pink ha deciso di chiamare in causa anche i suoi due bambini, Willow di sei anni e Jameson di undici mesi.

Bambini che verranno cresciuti – secondo la dichiarazione della popstar riportata da Il Giornale – «in modo neutrale, senza attribuire loro un genere specifico (come se non fossero nati con un ben preciso sesso!, ndR). Perché la famiglia creata con il marito Corey Hart non ha bisogno di nessuna etichetta e i piccoli devono avere la possibilità di seguire le loro inclinazioni. La decisione è giunta dopo che la piccola Willow ha espresso la volontà di sposare una donna africana, un desiderio accettato con naturalezza dai genitori».

Chiaro, no? A sei anni una bambina dichiara di voler sposare una donna africana («ma di voler vivere con la futura compagna a casa della madre», chissà come mai...!), e va tutto bene, non c’è nulla da obiettare. Il politically correct impone il silenzio stampa, e tanto basta.

Anzi, non contenta, pare che la «ragazzina pre-adolescente» – come lei stessa si definisce – Pink abbia ribattuto alla figlia: «Ottimo! Puoi insegnarmi a cucinare il cibo africano?». Una frase che costituisce un fulgido esempio di pedagogia fallimentare, dal momento che rinuncia completamente a rispondere al bisogno di avere dei confini manifestato dalla bambina per lasciarla decidere rispetto a questioni per lei troppo grandi, e che la spaventano. E sì che, specie nel 2017, non servirebbe studiare ore e ore sui manuali per sapere che i bambini in età prescolare sono alle prese con la definizione della propria identità sessuata e hanno bisogno di adulti di riferimento che li aiutino in questo processo tanto delicato, quanto fondamentale.

Ma, in nome del relativismo e di non si sa quale altra ideologia, gli adulti oggi sono spesso incapaci di assumersi la loro responsabilità educativa. E a pagarne il dazio sono i bambini che, come è stato per noi, “non nascono imparati” e avrebbero bisogno di modelli solidi cui guardare e cui ispirarsi: invece trovano solo adulti che giocano a fare i bambini.

E quindi a loro, bambini, non rimane altro che confrontarsi con temi da adulti, assolutamente al di fuori della loro portata.

Teresa Moro

Fonte foto in evidenza: Il Giornale


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