30/12/2016

Basta bambini, largo ai cani (che sono meno impegnativi)

Gli animali sono creature che meritano rispetto e protezione. Sanno essere utili e di compagnia, sanno farsi amare. Sono, poi, meno impegnativi, esigenti e problematici dei bambini. Quindi la società sconsideratamente edonistica in cui viviamo ce li propone come validi sostituti.

Un palazzo nel centro di Brescia riportava un cartellone pubblicitario con la scritta: «Mi fido. Lui gioca, tu fai la spesa», per pubblicizzare un dog parking. Sono rimasto sconcertato: ora, in certi supermercati, prima di andare a fare la spesa si può usufruire non più di un’area giochi per i bambini, bensì per i cani: è garantito che «verranno fatti giocare e coccolati da veri dog sitter!».
Quindi ci saranno delle persone impiegate per tenere compagnia ai cani. Mi sorge, allora, un dubbio: l’animale da compagnia è il cane o l’uomo?

Ma c’è una riflessione più profonda da fare, su tutto questo. C’è un messaggio che è passato, o sta passando. Qualcuno ci sta dicendo, sotto sotto, che i bambini devono essere sostituiti dal cane, a costo di mandare al macero gli ultimi barlumi di razionalità che ci sono rimasti.

Fatevi un giro in un parco pubblico. Vi capiterà senz’altro, purtroppo, di vedere adulti che trattano i cani da figli e i figli da cani: l’affetto, la sollecitudine e i sorrisi sono tutti per i fedeli amici a quattro zampe. Ai bambini, prevalentemente, lanciano sguardi torvi con qualche raccomandazione/ingiunzione acida tipo: «Non farti male, non gridare, non ti sporcare».
Provate a fare un giro nel centro affollato di una città con un cane: per quanto, oggettivamente, potrebbe essere piuttosto invadente e fastidioso, riceverà molte più dimostrazioni di simpatia del bambino che avete in carrozzina.
In certi locali “in” è interdetto l’ingresso ai bambini (che disturbano). Sempre meno si vieta, invece, l’ingresso agli animali. Persino nelle chiese (in quelle più “moderne”, ovviamente) è dato vedere qualche fedele che ascolta la Messa col cagnolino.

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La denatalità mette in crisi troppe industrie; la disoccupazione incalza; le multinazionali non hanno i proventi da sempre ricavati. Ben vengano quindi le bestie sulle quali si giocano le ultime carte per allungare l’agonia del mondo lavorativo, convertendo la produzione e facendo leva sulla rinnegata maternità/paternità di quell’animale ex razionale che è divenuto l’uomo. E queste carte vengono giocate in maniera pesante, usando tutte le armi che vanno dalla propaganda subliminale alla impostazione politica. Non si vuole capire, però, che il culto degli animali reca all’economia e all’intera collettività un bene effimero e solo temporaneo, perché i cani e i gatti non sostituiranno mai tutti quei bambini a cui viene impedito di nascere perché uccisi con l’aborto chirurgico e chimico (più di 6.000.000, solo in Italia, dall’entrata in vigore della legge 194: legge iniqua, che ha trasformato un “delitto” in un “diritto” e fatto pagare ai contribuenti questo genocidio di Stato).

Non ci rendiamo conto che ci stiamo avviando verso l’eutanasia sociale, verso un mondo di nonni senza nipotini, con poche carrozzine e molte carrozzelle, dove i bambini vengono sostituiti da cani e gatti. Secondo un rapporto Eurispes le famiglie italiane che posseggono animali domestici superano i 21 milioni. A questo inverno demografico (l’Italia è al penultimo posto al mondo come tasso di natalità) possiamo porre rimedio solo promuovendo la cultura della vita, riscoprendo il valore sociale della maternità e della famiglia naturale, smettendo di uccidere i bambini con l’aborto.

La civiltà di un popolo si misura sulla sua capacità di servire e difendere la vita. Alla politica dobbiamo chiedere la decisione chiara di investire risorse sulla famiglia, perché la Vita vince anche la crisi. Belle a riguardo sono le parole di Papa Francesco: «No ai matrimoni sterili per scelta, no alle coppie che decidono di non avere figli per essere più libere e più comode, magari preferendo tenere in casa un cane o un gatto».

Giorgio Celsi

Fonte: Notizie ProVitadicembre 2014, p.26

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