06/07/2015

Beatrice Fazi, “Un cuore nuovo”: la vita è un dono

Nonostante la caduta e il dolore, un inno alla vita ...

Sulla copertina del libro, il suo volto. Beatrice Fazi, la Melina della fiction di grande successo Un medico in famiglia, si è infatti rigiocata – con grande piacere per i lettori – nel ruolo di scrittrice.

Il titolo che ha scelto per il suo volume d’esordio è di quelli che non lasciano indifferenti: Un cuore nuovo. Ma è grazie al sottotitolo si entra in medias res: Dal male di vivere alla gioia della fede.

Il testo di Beatrice Fazi sfugge a ogni definizione. Certamente è una storia di conversione, ma nel contempo è anche molto di più. Verrebbe quasi da dire che è un “dono senza condizioni”: il dono di una persona che si apre completamente ai lettori, mostrando la sua gioia ritrovata, le proprie qualità, le conquiste importanti… ma anche la propria fatica, le proprie mancanze e le proprie sconfitte.

Presentiamo questo libro su Notizie Pro Vita essenzialmente per due motivi.

Il primo, quello fondamentale, è che è sempre confortante leggere di persone che hanno riscoperto la gioia di vivere e hanno imparato a riconoscere il valore incalcolabile che ha ogni singolo attimo.

A insegnare questo sono spesso le persone che sono state tentate di “buttare via” la propria vita, che hanno attraversato gallerie buie che sembravano senza fine, ma che sono riuscite a resistere (grazie alla vicinanza della famiglia o degli amici, o per semplice paura, o per virtù, oppure perché Qualcuno ha dato loro la forza…) e sono pian piano rinate a vita nuova.

Il secondo motivo è che Beatrice Fazi – che a giorni darà alla luce la sua quarta figlia e che può quindi essere a pieno diritto annoverata tra le (poche) italiane che superano la media nazionale di figli per donna – in giovane età ha abortito e, in seguito, ha perso altri due bambini.

Questo aspetto, che nell’economia del libro sembra non prendere molto spazio, in realtà è molto importante. Per molti anni, infatti, l’attrice ha convissuto con il senso di colpa. Ricordando la gravidanza della prima figlia, Marialucia, la Fazi scrive: “Il senso di colpa mai lenito, per quell’aborto commesso anni prima, iniziava a suscitare in me la paura di un tremendo giudizio, di una possibile vendetta che potesse ricadere su quest’altro bambino che doveva nascere” (p. 100).

La questione si ripropone anche con la seconda gravidanza, che inizialmente sembrava far pensare alla nascita di un bambino con una patologia grave, oppure con la trisomia 21. La dottoressa “[…] ci consigliò vivamente di fare l’amniocentesi, sottolineando che in certi casi fosse anche consentito l’aborto terapeutico. Tornammo a casa distrutti e io, che avevo detto a Dio che mi sentivo pronta a fare la Sua volontà, qualunque essa fosse, rivelai quanto pavido fosse il mio cuore incominciando a piangere per la disperazione senza riuscire a farmi consolare.

“Pierpaolo invece, che di noi due pensavo fosse quello da convertire, abbracciandomi teneramente mi disse di non avere paura, secondo lui l’amniocentesi non avremmo dovuto farla. Che senso aveva pensare di disfarsi del bimbo ora che l’avevamo visto e aveva già un nome? Avremmo atteso che questo figlio nascesse con la stessa gioia con cui l’aspettavamo prima, perché sarebbe stato nostro figlio e basta, e il nostro compito era di amarlo. Se fosse stato malato, più debole, diverso dagli altri, avrebbe avuto soltanto bisogno di essere amato di più” (pp. 118-19).

Alla fine, neanche a farlo apposta, tutti i problemi sono rientrati spontaneamente e Fabio è nato sano.

Dopo il terzo figlio, Giovanni, gli aborti spontanei. Due lutti vissuti con dolore da tutta la famiglia: “Il dolore di tutti noi fu enorme e complicato fu rispondere alle domande dei figli che mi chiedevano perché Dio ci facesse gioire per poi gettarci nuovamente nella disperazione. Io stessa non avevo risposta, se non nel fatto di dover finalmente capire che quello era fuori dal mio controllo. Non potevo decidere se, come e quando avere un figlio” (p. 188).

A questo punto, il racconto s’intreccia con il tempo presente, dal momento che la tanto desiderata quarta figlia, Maddalena – si chiamerà così questa bambina, come la prima donna che annunciò al mondo: “Cristo è risorto!” –, non è ancora nata. Il suo arrivo è stato vissuto dalla Fazi come un dono, ma anche con un margine di preoccupazione: “Ero di nuovo, inaspettatamente incinta e, avendo avuto le dolorose esperienze precedenti, oscillavo tra un’incontenibile gioia e l’altrettanto ingovernabile paura di perdere anche questo bambino” (p. 204).

Ma per fortuna il libro della nostra Melina è a lieto fine: iniziato con il grido di un bambino mai nato, termina nell’attesa del vagito di una nuova creatura, lasciando al lettore la sensazione di aver preso parte a un vero e proprio “inno alla vita”.

Giulia Tanel

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