18/10/2014

Bullismo gay: il bullismo che non fa notizia

Una donna (lasciata dal marito gay) e l’intellettuale femminista (allevata da una lesbica) che l’ha difesa, sono vittime di bullismo e stalking da parte di attivisti gay, nell’indifferenza generale dei media, ovviamente, solo per aver raccontato le loro storie.

La sua testimonianza ha più di 48.000 condivisioni su Facebook e 2.600 tweet. E’ il grido angosciato di una donna, moglie e madre che è stata abbandonata dal marito che si è portato via i  figli e li ha introdotti nell’oscuro mondo gay: si intitola “Rompere il silenzio: quando le donne e i bambini sono vittime della ridefinizione del matrimonio”.

Janna Darnelle, questo il suo pseudonimo, ha pubblicato su The Public Discourse la storia della disintegrazione del suo matrimonio iniziata quando il marito ha rivelato di essere sessualmente attratto dagli uomini: “In un istante, il mondo che avevo conosciuto e amato, la vita che avevamo costruito insieme, è andato in frantumi.”

Ha cercato di convincere il marito a restare, appellandosi all’onore e alla responsabilità paterna. Lei e i suoi figli, però, divennero “usa e getta ... essere gay cancellava ogni impegno, promessa, responsabilità, fede, paternità, matrimonio, amicizia, e comunità.”

Il giudice, poi, pare abbia emesso una sentenza punitiva  nei confronti della donna e dei figli. Avrebbe detto al marito: “Se tu avessi chiesto di più, ti avrei dato di più.”

Il marito di Janna si è risposato col suo amante, prima illegalmente, e poi legalmente quando lo Stato in cui vivono ha legalizzato il matrimonio omosessuale: in entrambi i casi, i bambini sono stati costretti, contro la volontà loro e della madre a partecipare. Il secondo “matrimonio” fece scalpore perché fu uno dei primi nel suo Stato, tanto che USA Today era lì per scattare foto, anche dei bambini. A Janna non fu permesso neanche di dire di non usare i suoi figli come oggetti di scena per promuovere il matrimonio tra persone dello stesso sesso sui media. E quindi i commenti unanimi furono: “Oh, che famiglia felice, questa nuova famiglia gay!” Janna sottolinea, invece, che in ogni immagine della nuova famiglia felice mancava qualcuno: mancava la donna che aveva reso possibile la presenza lì di quei bambini. Ha scritto Janna:

Ogni famiglia omosessuale può esistere solo con la manipolazione della natura. Dietro la facciata felice di molte famiglie omosessuali, si intravedono le precedenti relazioni distrutte. Queste coppie omosessuali provengono e rappresentano alleanze rotte, amori abbandonati e le responsabilità schiacciate. Sono costruite sul tradimento, sulle bugie, e su ferite profonde.

Da allora i suoi bambini vivono in un mondo gay: in un condominio per soli gay, in cui girano giovani e vecchi prostituti, coppie formate da persone anziane e amanti poco più che ragazzi. Si organizzano feste e festini gay, partite di baseball transgender, raccolte di fondi per i diritti gay e festival cinematografici LGBT.

Robert Oscar Lopez, ormai è noto, è uscito da quel mondo poco tempo fa: cresciuto da lesbiche testimone di quanto ciò gli sia stato nocivo, leader mondiale per i diritti dell’infanzia. Sulla sua pagina Facebook, Lopez ha parlato di Janna come di una delle tante vittime del  “bullismo gay”. Egli infatti ha denunciato che alcune organizzazioni omosessualiste si dedicano a rintracciare e rovinare la vita di chiunque si permetta di raccontare la propria storia.

Infatti, nonostante Janna abbia usato uno pseudonimo per proteggere se stessa, e ovviamente anche la sua famiglia, l’hanno rintracciata, grazie anche all’aiuto del marito: Jeremy Hooper, che collabora con GLAAD (una potente associazione di attivisti gay), e che gestisce un blog chiamato “Good as You” ha organizzato una vera e propria azione di stalking. La povera Janna è stata letteralmente messa alla berlina, ricoperta di insulti. Un ragazzo particolarmente inquietante di nome Scott Rose è anche andato sulla pagina Facebook della azienda dove lavora Janna lamentandosi di lei denunciando il suo “orribile articolo diffamatorio anti-gay”, che secondo lui allontanerebbe i clienti dall’azienda in cui lavora. Il tentativo di farla licenziare non ci sorprende: sapete cosa è successo a Brendan Eich di Mozilla Firefox per aver fatto una donazione a un politico non gradito dalle lobby gay.

Rivka Edelman, una scrittrice femminista, una studiosa, attivista per i diritti dei bambini, cresciuta da una lesbica, si è mossa in difesa di Janna: anche lei ha denunciato le tattiche del bullismo gay, la loro palese misoginia, e gli sforzi in atto per distruggere la povera Janna. Paragona questi sistemi a quelli che usano i gruppi razzisti tipo Ku Kux Klan. In particolare la Edelman sottolinea il profondo disprezzo che i gay hanno per le donne: “oggetti” utili solo per vendere ovuli e affittare uteri.

Immediatamente si è scatenata una campagna denigratoria e diffamatoria anche nei confronti della Edelman.  

Speriamo che Jeremy Hooper e Scott Rose non siano rappresentativi della cultura gay. Attendiamo fiduciosi il giorno in cui vengano stigmatizzati dalle associazioni LGBT per il loro comportamento. Proprio come solo una piccolissima percentuale dei gay (circa un 1,6 per cento)  è interessata al matrimonio, così il bullismo sarà certamente solo di una piccola ma rumorosa minoranza. Ma gli unici che possono riuscire ad arginarli sono le persone più sensibili all’interno del movimento LGBT, che sicuramente si faranno presto sentire. 

Newlife

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