27/05/2017

Cambia il divorzio, si stravolge il matrimonio

Con una sentenza del 10 maggio, la Cassazione ha respinto il ricorso dell’ex moglie di un ex ministro a cui era già stato negato l’assegno di divorzio, rivoluzionando le regole con cui si calcolerà, qualora ritenuto dovuto, l’assegno divorzile.

Nella sentenza, la Corte di Cassazione afferma «l’esigenza di superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come “sistemazione definitiva”, perché il divorzio è stato assorbito dal costume sociale».

I nuovi criteri adottati dalla stessa, spostano la lente d’ingrandimento dal coniuge forte, al coniuge debole. Di quest’ultimo, si dovrà tutelare la sola indipendenza economica e non più il tenore di vita di cui si è goduto durante il matrimonio, essendo, la funzione dell’assegno divorzile, esclusivamente assistenziale; se accertato che l’ex coniuge richiedente l’assegno, è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto. Toccherà quindi a quest’ultimo dimostrare l’inadeguatezza dei propri mezzi, e l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

Se questa sentenza ha fatto discutere soprattutto per la possibilità che offre ad alcuni divorziati vip di ridurre i cospicui assegni da versare agli ex-coniugi, le maggiori conseguenze colpiranno la classe media, in particolar modo le casalinghe, ruolo che, sebbene in netto calo negli ultimi tempi, rimane una realtà rilevante nel nostro Paese. Queste, dopo aver abbandonato il lavoro per occuparsi totalmente della famiglia, saranno private di quella sicurezza economica che finora le aveva permesso di affrontare con una certa serenità (perlomeno economica) il divorzio. Saranno quindi costrette (a seconda dei casi) a rigettarsi freneticamente in un mondo del lavoro caratterizzato da una forte crisi economica, in cui avranno maggior peso l’età avanzata, e la mancanza di aggiornamento. orsi_matrimonio_famiglia_family Day_matrimonio-gay_unioni-civili_obiezione di coscienza_buona-notizia

Il disancoraggio dell’assegno divorzile al tenore di vita, inoltre non rende giustizia a quello che è il lavoro fatto durante il matrimonio dalla coppia, che sì, si manifesta solo come un avanzamento di carriera del solo coniuge “lavoratore”, ma che spesso è frutto del lavoro di entrambi, secondo la classica suddivisione dei compiti all’interno della famiglia: il marito porta lo stipendio a casa, la moglie accudisce casa e figli. Procedendo in questa direzione, il solo a poter godere dei frutti del lavoro comune, sarà esclusivamente il marito.

Ma le conseguenze più preoccupanti sembrano essere quelle a lungo raggio, nel cambio ideologico di come viene inteso il matrimonio. Fino ad adesso si è inteso il matrimonio come un gioco a due e in due, in cui si anteponevano i successi della “squadra” a quelli propri, in quanto i due interessi sempre coincidevano. Ne è un esempio classico l’accordo che fanno le donne coi propri mariti, quando scelgono di abbandonare il lavoro: mi occupo io delle incombenze domestiche affinché tu possa concentrarti nel tuo lavoro e fare carriera, cosicché entrambi ne possiamo beneficiare; o ancora il trasferirsi in un’altra città per permettere al coniuge di accettare una promozione di lavoro, abbandonando però il proprio.

Appena i due interessi verranno contrapposti, ed i risultati saranno “personali”, è probabile che non si facciano più scelte di questo tipo, con grave sofferenza di tutta la famiglia. Quello che si rischia non è di poco conto: la separazione prima ancora del divorzio, la trasformazione del matrimonio in un banale “consorzio” di due persone che conducono due vite a fianco sì, ma non insieme. Come una squadra di calcio in cui nessun giocatore difende la porta o fornisce un assist in quanto l’unico intento è fare sé stessi il goal...

Giovanni Sanzone


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