19/07/2019

Coppie etero e “casi pietosi”. Così Radicali e Lgbt cambiano tattica sull’utero in affitto

L’utero in affitto evoca il brutale mercimonio della maternità, ergo, non è accettabile dalla maggior parte della popolazione? Niente paura: i Radicali, a braccetto con i collettivi Lgbt e con il principale sindacato italiano, stanno già alacremente lavorando sulla “maternità solidale”.

Ancora una volta, la finestra di Overton è stata spalancata da un “caso pietoso”, quello di Maria Sole Giardini, trentacinquenne ternana, nata con la sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser, una grave malformazione agli organi riproduttivi. Sposata da un anno, la Giardini ha dichiarato di aver trovato un’altra donna, disposta a portare a termine una gravidanza per lei, per supplire alla mancanza dell’utero. Il tutto, ça va sans dire, gratuitamente, salvo i rimborsi spese.

A sostegno di Maria Sole sono accorse le associazioni “Luca Coscioni”, Certi Diritti e Famiglie Arcobaleno, assieme all’ufficio “Nuovi Diritti” della Cgil (ma i sindacati non si occupavano di lavoro?...), che al convegno nazionale dello scorso giugno, aveva veicolato la presentazione di una proposta di legge ad hoc, con l’intento di superare i divieti legislativi e giurisprudenziali in materia.

La signora Giardini aveva lanciato il suo primo appello già tre anni fa, in occasione della presentazione del XIII Congresso dell’Associazione “Luca Coscioni”. Raccontando del suo desiderio di maternità frustrato dalla menomazione fisica, la donna aveva spiegato: «Adozione o maternità surrogata, le uniche cose che mi sono concesse; non escludo la prima ma intanto chiedo a una mamma di aiutarmi a diventare mamma. Ho conosciuto tante donne nel mondo affette dalla mia stessa sindrome che oggi tengono tra le braccia il proprio bambino e anche io e il mio compagno vogliamo far nascere nostro figlio tramite la gestazione per altri perché è una tecnica medica, una possibilità, l’unica che ci garantirebbe di avere nostro figlio. Lancio un appello al cuore di una donna già madre, alla sua bontà, perché possa regalarmi la gioia della maternità; quella donna potrà far parte della nostra famiglia se vorrà».

Durante l’incontro del settembre 2016, Maria Sole riferì anche di aver tentato la fortuna in America, dove però le avevano chiesto la proibitiva cifra di 100 mila euro per affittare un utero. A distanza di tre anni, la donna ha rilanciato la sua richiesta: «Stiamo verificando che ci siano tutte le condizioni per una maternità solidale secondo la proposta di legge presentata a metà giugno. Quando tutto sarà pronto ci sarà il rimborso spese e sarà tutto alla luce del sole. Pagheremo le spese mediche, una psicologa e tutti i costi di una gravidanza. Non sarà un’operazione commerciale», ha dichiarato nei giorni scorsi al webmagazine Umbria 24.

Intanto, i Radicali non perdono tempo e sono già alla ricerca di «parlamentari che siano disposti non solo a depositare la proposta di legge, ma anche a difendere il testo», ha spiegato Filomena Gallo, avvocato dell’associazione “Luca Coscioni”, secondo la quale in Italia vi sarebbero almeno 10 mila donne con malattie come «l’endometriosi, malformazioni all’utero e altre patologie», pronte a «lottare per avere un bambino» e con «una sola possibilità: chiedere aiuto ad un’altra donna, ma la legge non lo consente.  Vogliamo offrire garanzie e tutele a tutti coloro che hanno bisogno di queste tecniche, non devono iniziare un percorso nell’assoluta incertezza», conclude l’avvocato Gallo.

Il gran rumore che i Radicali e le associazioni Lgbt stanno facendo intorno a questo caso umano e al loro progetto di legge sono rivelativi di un probabile cambio di strategia: l’utero in affitto è stato finora associato all’idea di coppie gay ricche e viziate disposte, pur di avere un figlio, a spendere migliaia di euro e a far leva sulla disperazione di donne poverissime. Per rendere la questione più socialmente accettabile, allora, meglio puntare su coppie eterosessuali, non abbienti e con problemi irreversibili di infertilità. Ultimo ma non ultimo: fa alquanto riflettere il fatto che queste migliaia di donne e coppie sterili non abbiano preso in considerazione l’ipotesi dell’adozione. Una pratica, quest’ultima, di difficile attuazione legale in Italia, ma quantomeno legale e – almeno sulla carta – tecnicamente più semplice rispetto alla fecondazione artificiale.

Eppure…

Luca Marcolivio

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