23/07/2019

Dal MeToo all’utero in affitto. Quale rispetto per la maternità?

Ha fatto scalpore, nei giorni scorsi, l’iniziativa della stilista Giorgia Gabriele, la ex del noto imprenditore ed influencer Gianluca Vacchi, la quale ha condiviso sui social una propria fotografia dove compare completamente nuda. Uno scatto che la Gabriele ha utilizzato per annunciare urbi et orbi, con un «Quasi pronta per lui», il fatto di essere in dolce attesa di un bambino, insieme al suo nuovo compagno, Andrea Grilli. Come si diceva, questa foto è diventata presto virale e la notizia dell’ormai prossimo parto dell’ex di Vacchi è rimbalzata su diversi portali internet.

Ora, lungi da noi fare i bacchettoni e il voler moraleggiare su chicchessia, anche se non possiamo fare a meno di notare – dinnanzi a certo esibizionismo social che non si arresta neppure dinnanzi alla maternità – che a volte un po’ di pudore non guasterebbe, per usare un eufemismo. Detto questo, senza voler – lo si ripete – moraleggiare nei confronti di alcuno (anche perché il nudo della Gabriele in dolce attesa è solo l’ultimo di una serie apparsa in questi anni), è difficile non scorgere come l’entusiasmo che ha suscitato lo scatto in questione strida con le tendenze culturali di questi anni.

Infatti la nostra sta diventando da un lato la società del #MeToo e delle battaglie contro le discriminazioni anche minime che possono sfiorare l’universo femminile, mentre dall’altro la stessa società accetta senza nulla obbiettare tutta una serie di situazioni – fra le quali rientrano senza dubbio i nudi di donne incinte – che inevitabilmente feriscono la dignità della donna, contribuendo alla sua mercificazione; il che è evidentemente paradossale e contradditorio dal momento che occorre intendersi: o la donna non va rispettata proprio mai – eventualità che qui si rigetta senza remora alcuna -, oppure la donna va rispettata sempre.

Ma se il rispetto che è doveroso tributare incondizionatamente alla donna e alla sua dignità è qualcosa di davvero così centrale, allora è impossibile applaudire il diffondersi anche di nudi di giovani madri senza cogliere in una simile tendenza qualcosa che andrebbe non appoggiato bensì avversato. Per almeno due motivi. Il primo concerne la natura stessa della maternità, che è una condizione troppo bella, crediamo, per essere esibita ai quattro venti. Basti pensare alle pagine che la letteratura e la poesia ci hanno lasciato su questo argomento, pagine nelle quali il diventare madri è descritto con una grazia commovente.

Un secondo motivo per cui è doveroso preservare da qualsivoglia forma di mercificazione la maternità riguarda il fatto che, anche in questo ambito, è fondamentale essere coerenti: non si può combattere l’utero in affitto – che della mercificazione è l’apice più vergognoso – o la legalizzazione della prostituzione, ma tacere su quelle forme di umiliazione della dignità materna di certo più soft ma non per questo meno espressione di uno stesso consumismo che abbassa la persona umana stessa a oggetto di consumo o di esibizione per raggiungere tanti «mi piace».

Per questo appare opportuno abbandonare tutte le forme ipocrite e astiose di neofemminismo stile #MeToo e tornare davvero, e seriamente, a battersi per la dignità della donna e per l’intangibilità della maternità, che è una esperienza e una condizione troppo importante e troppo bella per finire nel tritacarne dell’esibizionismo social. Si tratta di un impegno non moralistico ma davvero imprescindibile se si pensa che un pensatore illuminato come l’arcivescovo J. Fulton Sheen affermava che il livello della società è dato dal livello delle donne. Di qui la necessità di attivarsi affinché alla femminilità, in tutte le sue forme, dal concepimento alla maternità, possano essere riservati il rispetto e la valorizzazione che merita.

Giuliano Guzzo

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