03/02/2018

Donna cinese partorisce in strada e butta via la neonata

Ancora immagini dolorose dalla Cina: una donna ha abbandonato una neonata martedì scorso per la strada: per fortuna un medico l’ha trovata e ora sta bene, ricoverata nell’ospedale Bo’ai di Guilin.

La dottoressa Yang Jin’e (nella foto – fonte Elciudadano),  ha detto di aver visto la donna accovacciata vicino ad alcuni bidoni della spazzatura.

Non stava espletando funzioni fisiologiche – come inizialmente pensava la dottoressa: stava partorendo! E poi ha messo la neonata in un bidone. La bambina era viola, faceva freddo. La polizia sta cercando la madre.

La Cina è tristemente nota per gli aborti e gli infanticidi legati alle sue pesanti misure di controllo della popolazione: nonostante sia più facile dal 2016 ottenere il permesso per partorire un secondo figlio, comunque anche per il primo figlio, senza permesso si pagano multe impossibili e l’aborto è obbligatorio: ogni donna viene controllata periodicamente e forzatamente, per vedere che non sia incinta senza permesso.

E purtroppo la Cina è tristemente nota anche per l’enorme squilibrio di genere a causa delle preferenze culturali per i bambini maschi. Le stime dicono che  le bambine abortite solo perché sono femmine possono essere da 35 a 60 milioni ogni anno. Quindi per ogni 100 femmine ci sono 115,4 maschi. La cosa va avanti ormai da 30 anni, da quando c’è la politica di pianificazione familiare: prima i femminicidi erano molti di meno, perché le coppie potevano continuare a far figli finché non nasceva il maschio. Oggi, invece, i giovani cinesi adulti fanno fatica a trovare una donna da marito: la tratta degli esseri umani prospera, le mogli si “comprano” nei Paesi limitrofi.

Ma torniamo alla donna protagonista di questo ennesimo episodio di abbandono: forse era disperata. Forse il suo gesto era frutto della disperazione. Ma – come spiega bene in un suo libro Liu Xiaobo* –  la gente ormai è stata “rieducata” dalla dittatura del Partito Comunista Cinese a considerare la vita umana di valore zero (basti pensare alle condizioni dei lavoratori), a non far figli e nel caso ad ucciderli.  Le nuove generazioni dei Cinesi, sono figli unici viziati ed egoisti, cresciuti nel materialismo più sfrenato, con la convinzione che l’unico scopo della vita sia arricchirsi e che far figli sia indecente, inconveniente e indecoroso.

Un ultimo pensiero: in Cina questo triste risultato è stato ottenuto da decenni di dittatura. Qui da noi il materialismo più sfrenato, la crescita zero, e la strage di innocenti con l’aborto, l’abbiamo ottenuti con 50 anni di propaganda della cultura della morte.

Francesca Romana Poleggi

*Liu Xiaobo, premio Nobel per la Pace nel 2010, è morto l’anno scorso nel laogai (laodong gaizaodui, campo di rieducazione del pensiero attraverso il lavoro) dove è stato detenuto per dieci anni a seguito di un processo farsa, colpevole di aver siglato la Charta 2008, in cui – come la Charta ’77 di Havel, in Cecoslovacchia – una serie di intellettuali cinesi chiedevano al Governo un po’ di democrazia. Una serie di saggi di Liu che fanno un’analisi spietata e dolente del degrado morale e culturale che si constata in Cina, aggravato dalla politica del figlio unico e dal “socialismo di mercato” introdotti negli anni ’80 da Deng Xiaoping, sono raccolti in “Monologhi nel giorno del giudizio“, edito da Mondadori.

Francesca Romana Poleggi

Fonte: LifeNews


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