08/01/2017

Donne si nasce, non si diventa... basta l’intuito!

Il nucleo essenziale dell’ideologia gender, com’è noto, origina dalla supposta corrispondenza fra identità sessuale e costruzione culturale della medesima.

Un’idea oggi propagandata quotidianamente e su molteplici fronti, da quello accademico a quello mediatico, ma per nulla nuova se si pensa che già la scrittrice Simone de Beauvoir (1908-1986) sosteneva che «donne non si nasce, lo si diventa» e che la donna sia un «prodotto intermedio tra il maschio e il castrato» elaborato dall’«insieme della storia e della civiltà».

L’aspetto più rilevante di questa prospettiva è tuttavia un altro, vale a dire che è falsa. Non corrisponde cioè al vero che la natura femminile e quella maschile siano – come si vorrebbe far credere – mere risultanze di interferenze ambientali sullo sviluppo dell’individuo; non è, insomma, la cultura l’origine della natura.

E lo ha recentemente confermato una ricerca a proposito d’una delle caratteristiche più specifiche del comportamento delle donne, specifica fino al punto da divenirne inconfondibile segnale: l’intuito.
Lo studio, condotto da ricercatori della Universidad de Granada, della Universitad de Barcelona Pompeu Fabra e della Middlesex University di Londra, partendo dal monitoraggio di un campione di oltre 600 individui, infatti ha scoperto qualcosa di molto interessante, ovvero come l’intuito femminile risulti “programmato”, per così dire, sin dalla vita intrauterina.

Se le donne, rispetto all’uomo, è maggiormente predisposta a interpretare con immediatezza situazioni complesse e a sapersi meglio districare in situazioni difficili con una certa agevolezza – secondo questo lavoro – lo si deve alla scarsa esposizione in fase prenatale del cervello femminile al testosterone, ormone correlato all’esercizio di razionalità e capacità riflessive. Una considerazione importante e, oltretutto, perfettamente coerente con altre evidenze scientifiche rispetto alla differenza naturale e innata fra i sessi nelle dinamiche comportamentali.

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Si pensi in particolare alla scoperta, anch’essa suffragata da uno studio recente, secondo cui il cervello maschile e quello femminile presentano un funzionamento operativo differente. Nello specifico, è stato rilevato come le donne vantino migliori collegamenti tra le parti destra e sinistra del cervello, che presiedono alle capacità di tipo logico-matematico e alla creatività, mentre negli uomini le connessioni migliori sono state riscontrate tra la parte frontale e la parte posteriore, sedi delle aree dell’istinto e della ragione (Cfr. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2013; Vol.111(2):823–828).

Con questo, si badi, non s’intende in alcun modo incoraggiare una sorta di “determinismo biologico/ ormonale” volto a negare che esista anche un ruolo ambientale e della società nella modulazione dell’identità maschile o femminile di ciascuno: si vuole invece smentire il “determinismo sociale” che sta alla base dell’ideologia gender.
Questo perché, in aggiunta a differenze fra uomo e donna già evidenti a chiunque – si pensi alla conformazione fisica, alla forza, al tono muscolare, agli assetti neuroendocrini – ve ne sono altre, altrettanto decisive sul versante comportamentale.

Trattasi di differenze notevoli, che sfuggono all’ipotesi di una specifica influenza culturale. A meno che non si scelga di sposare – come fanno i sostenitori della teoria gender – una prospettiva ideologica, che antepone le convinzioni ai dati di fatto, anche quando questi vanno nella direzione diversa o oppo- sta alle prime. È tuttavia una scelta non lungimirante.

«Educare i giovani a credere che uomini e donne sono uguali – ha, infatti, scritto Dale O’Leary – o che la maternità equivale alla paternità significa mentire ai bambini», ma «i bambini prima o poi scopriranno che sono stati imbrogliati».

Giuliano Guzzo

Fonte: Notizie ProVita, settembre 2014, p. 25.

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