22/06/2017

Educazione totalitaria: i Cobas bolognesi come l’URSS?

I figli appartengono allo Stato e solo dallo Stato devono ricevere l’educazione.

Sembra questo il messaggio fondamentale lanciato dai sindacati Cobas di Bologna in un comunicato diffuso per attaccare la manifestazione che il 17 giugno varie associazioni (tra cui ProVita) hanno organizzato davanti al MIUR in segno di protesta contro l’imposizione dell’ideologia gender e della sessualizzazione precoce nelle scuole statali.

I tanti casi di vero e proprio indottrinamento LGBT – spacciato per educazione al rispetto e alla tolleranza – hanno indotto molti genitori a ribellarsi. In particolare, le polemiche sono nate attorno alla rappresentazione teatrale “Fa’afafine” e a progetti ‘educativi’ all’affettività, alla sessualità e al rispetto delle differenze come “W l’amore!” negli istituti sia della provincia che, più in generale, della regione.

Di fronte a questa sollevazione delle famiglie, i Cobas hanno ritenuto opportuno convocare una contromanifestazione a Bologna, il prossimo 29 giugno, a difesa dell’educazione statalista o, meglio, dell’indottrinamento di Stato.

Il sindacato condanna «le indebite ingerenze nel funzionamento delle scuole da parte di sedicenti associazioni di genitori, che hanno l’obiettivo di provocare ingiustificati allarmi e di condizionare le attività delle scuole, inficiando la libertà di insegnamento e subordinando la stessa al cosiddetto “consenso informato”. Come se questi contenuti potessero essere oggetto di scelta discrezionale da parte delle famiglie, e non tematiche la cui trattazione è in realtà prevista dal MIUR stesso!».

Pertanto chiede «un intervento ufficiale dell’amministrazione per difendere i progetti educativi già esistenti sul tema, anche in vista del prossimo anno scolastico, ribadendo che esistono già tutti gli strumenti di progettazione e informazione delle attività didattiche per far vivere attivamente la partecipazione dei genitori alla scuola della Costituzione». Insomma, libertà e partecipazione sì, ma fino ad un certo punto. Quando di mezzo vi sono i dogmi LGBT, nessuno osi fiatare.

Eppure, non solo la legge naturale, ma la stessa Costituzione protegge il prioritario diritto delle famiglie a educare i figli in base ai valori in cui credono: lo Stato non può passare sopra il suddetto diritto.

Certo, immaginiamo che la visione del mondo dei Cobas è ancora legata a quelle esperienze di regimi totalitari (il nazista e il comunista, per intenderci) che pretendevano di controllare persino la vita privata delle persone, però dovrebbero ormai rendersi conto che viviamo in un Paese (almeno formalmente) democratico e civile, in cui per indottrinare e ideologizzare i piccoli per lo meno sarebbe necessario il consenso dei genitori.

Ebbene, nonostante le rassicurazioni ricevute dalle istituzioni sulla vigilanza (ma vigilare chi? Le famiglie che non vogliono la sessualizzazione precoce dei figli?), i Cobas ritengono comunque «che sia al momento sottovalutata l’azione organizzata di diversi gruppi integralisti cattolici e neofascisti, che attraverso l’attacco alla presunta e inesistente teoria del gender, mirano a colpire la scuola pubblica, laica e pluralista. Le azioni di intimidazione, infatti, hanno già condizionato in alcuni casi le scelte delle istituzioni scolastiche, e non accennano a diminuire, a dimostrazione che quanto fatto a livello istituzionale fino ad ora non è sufficiente ad arginare il problema. È necessario perciò tenere alta l’attenzione (altro che abbassare i toni!) per creare solidarietà attiva e condivisione intorno ai temi dell’antifascismo, dell’antisessismo e della libertà di insegnamento».

Integralismo, neofascismo, sessismo, inesistente teoria gender: insomma tutto il repertorio della vecchia e ammuffita sinistra emiliana e romagnola, ferma a molti decenni fa. Il che fa intendere molto bene come dietro i progetti LGBT (e tanti altri, riguardanti l’impostazione generale della scuola statale italiana di oggi) in realtà si celi un piano ideologico preciso e una visione del mondo ben determinata.

Anche per questo il 17 giugno abbiamo protestato davanti al MIUR e per questo motivo sosteniamo con convinzione le esperienze di educazione parentale.

Redazione


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