13/10/2016

Essere giovani nel mondo di oggi. I dati Ocse

I giovani soffrono particolarmente la crisi. Questo emerge dai dati del rapporto OCSE dal titolo: Uno sguardo sulla società 2016 – Riflettore sui giovani.

Si tratta di un’analisi che ogni anno va ad indagare il benessere sociale e i suoi trend nei 34 Paesi industrializzati, prendendo in considerazione diversi parametri.

I dati appena pubblicati, e riguardanti l’Italia, presentano diversi punti d’interesse rispetto ai giovani, ma non solo. Eccone una parte:

  • la percentuale dei cosiddetti Neet si aggira attorno al 27%: significa che un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni che non è occupato, non va a scuola e non è in formazione (la media Ocse è del 15%)
  • i giovani Neet determinano una perdita dell’1,4% del Pil
  •  l’80,6% dei giovani vive con i genitori
  • ogni 100 giovani e adulti (fino ai 64 anni) vi sono 38 anziani
  • i costi previdenziali rappresentano il 16% per Pil
  • il tasso di fertilità rimane stabile a 1,4 figli per donna (la media Ocse è di 1,6)
  • il tasso di suicidi è di 6 persone ogni 100.000 (la media Ocse è di 12)

Il quadro che emerge non è roseo, seppure sembrino esserci alcuni segnali di miglioramento.

Rimane comunque un dato di realtà: l’Italia è (sempre più) vecchia.

Questo aspetto è arci-noto per quanto riguarda l’aspetto demografico, dal quale discende direttamente la crisi economica: nel 2015 siamo stati lo Stato europeo con meno nascite in assoluto. Un record di cui non andare fieri e che dovrebbe essere preso urgentemente in considerazione dal governo italiano, che invece è troppo impegnato a consentire alle coppie omosessuali – sterili – il cosiddetto “matrimonio gay”, a introdurre il gender nelle scuole e a promuovere un referendum costituzionale che di sensato non ha poco o nulla. La situazione italiana è talmente preoccupante che anche all’estero qualcuno si preoccupa per le nostre sorti, tanto da domandarsi su Usa Today«Un mondo senza italiani? Che orrore».

È tuttavia ancora più triste prendere coscienza dei dati che riguardano più specificamente i giovani: uno su quattro non fa nulla e otto su dieci vivono ancora a casa con mamma e papà. 

Nel commentare questa notizia, i giornali si sono soffermati sul costo che questa situazione comporta, con quell’1,4% di Pil che “verrebbe sprecato”. Ma forse le domande da farsi sarebbero altre, e di ben diverso tenore: perché i nostri giovani hanno smarrito l’entusiasmo e la speranza che da sempre contraddistingue le persone in crescita? Perché in pochi hanno il coraggio di rischiare, di mettersi in gioco, di esplorare nuove mete e possibilità?

Abbiamo dato vita a una generazione di persone anagraficamente giovani, ma vecchie dentro: sono ferme, non sperano in nulla. E il problema non sono la situazione di crisi o il contesto sociale difficile, sarebbe troppo facile dare la colpa a questi fattori contingenti: i momenti duri ci sono sempre stati, nel corso della storia.

No, la questione pare essere diversa, più profonda: forse i nostri giovani – chiamarli Neet è abbastanza squalificante – hanno smarrito la speranza e non si avventurano nel futuro semplicemente perché non hanno incontrato sulla loro strada adulti che siano stati in grado di dare loro radici solide (una famiglia stabile, una identità certa, una personalità solida...) e, nel contempo, che abbia trasmesso loro il desiderio di ideali grandi. 

I nostri giovani, spesso cresciuti nella frenetica ed evanescente velocità dell’hic et nunc e alla scuola del relativismo, mangiano l’amaro frutto delle conquiste di “progresso”: la libertà sessuale, il divorzio, l’aborto, le convivenze, la perdita di una visione di fede che punta a ideali grandi...

Se non si ha una meta desiderabile da raggiungere e per la quale si è disposti a rischiare e se non si ha la certezza di un porto sicuro cui tornare... perché avventurarsi al largo? Non ha senso!

I nostri giovani non sono Neet: hanno solo bisogno di maestri che dicano loro – come ha ottimamente sottolineato lo psicologo Marchesini – che vanno bene così come sono e che hanno un potenziale grande da mettere a frutto.

Teresa Moro

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