02/07/2016

Famiglia e lavoro. L’Italia cambia (in peggio)

Famiglia, lavoro e gender gap: come le madri lavoratrici conciliano i tempiquesto è il titolo di un rapporto  presentato  dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, al  Festival del Lavoro 2016, che si conclude oggi, 2 luglio, a Roma.

Per un’analisi approfondita della ricerca si può leggere un articolo molto interessante pubblicato su Affari Italiani. Qui ci limitiamo a delle considerazioni essenziali sulle conclusioni del rapporto.

I risultati della ricerca non sono affatto incoraggianti e confermano la tendenza innescata e favorita dalla crisi economica e dalla propaganda nichilista della cultura della morte e del relativismo (che si alimentano a vicenda).

Tendenza intimamente connessa con la preoccupante crisi demografica in atto (in Europa e nel nostro Paese specialmente).

La società italiana è sempre più disgregata, perché la famiglia è sempre più disgregata: una famiglia su tre è composta da persone sole, single o coppie senza figli, prevalentemente anziani. È questo l’effetto del divorzio (sempre più facile e veloce), della contraccezione e dell’aborto, ma soprattutto della mentalità egoista e individualista che sottendono queste “conquiste di civiltà”; effetto acuito dagli ultimi undici anni di politiche dissennate (i dati rilevano il cambiamento decisivo avvenuto dal 2004 in poi).

Oggi quelli che fanno figli sono i genitori più istruiti, maggiormente occupati (il 40% esercita professioni altamente qualificate). Oltre due terzi vivono nel Centro-Nord. E – quelli che fanno figli – sono maggiormente gli immigrati: lo scriveva profetica Oriana Fallaci e lo diceva già nel 1974 all’ONU il leader algerino Boumedienne. «Presto irromperemo nell’emisfero Nord. E non vi irromperemo da amici, no. Vi irromperemo per conquistarvi. E vi conquisteremo popolando i vostri territori coi nostri figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria».

La ricerca evidenzia, infine, che il problema della conciliazione lavoro – famiglia per le donne, madri e lavoratrici è ben lungi dall’essere risolto: non sembra neanche essere affrontato dal sistema socio-economico (e legale) che abbiamo instaurato. Il Parlamento è troppo occupato a pensare alla liberalizzazione della droga, alla propaganda dell’ideologia gender, ai matrimoni e alle adozioni gay, per dedicarsi a questioni come queste.

Dalla ricerca si evince chiaramente che alle donne madri non conviene lavorare. E ciò è tanto più vero, quanto più l’impiego rende un salario basso.

A parte il fatto che solo l’1,2% dei genitori ha trovato lavoro attraverso i centri pubblici per l’impiego – il che potrebbe far venire in mente a qualcuno che forse l’organizzazione e la regolamentazione della cosa è da rivedere – la situazione è ovviamente molto più grave nel  Mezzogiorno: al Sud la maggioranza delle donne inoccupate sarebbe disposta a lavorare immediatamente se avesse l’opportunità di un lavoro regolare.

Il welfare aziendale è praticato da poche mosche bianche e i servizi di conciliazione tra vita e lavoro sono molto poco diffusi.

Finché non si registrerà un’inversione di tendenza, soprattutto nella cultura e nella mentalità che viene a formarsi grazie alla propaganda dei mass media e dei social,  non si potrà invertire la tendenza “suicidaria” della nostra civiltà. Continuiamo a dirigerci  – neanche tanto lentamente – verso quel futuro distopico di persone sole, ebeti non-pensanti, consumatori seriali, in fondo profondamente infelici, descritto da romanzi come Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley.

Francesca Romana Poleggi


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