05/08/2018

Famiglia naturale al centro, in Ungheria

La famiglia naturale al centro, sempre. In Ungheria questa affermazione, che in molti altri Stati rappresenta un’utopia di difficile realizzazione, si fa quotidianamente realtà.

Non è da ieri che il governo a guida di Victor Orbán investe sulla famiglia naturale e sulla natalità, tanto che dati recenti riportano che, nel Paese, i divorzi e gli aborti stanno diminuendo, mentre sono aumentati i matrimoni e le nascite. Come dire, spendere il 4,8% del proprio PIL per il sostegno alla famiglia, laddove la media OCSE è del 2,55% (2011, fonte: database della famiglia dell’OCSE), porta a risultati concreti sia in termini presenti, sia in ottica futura: una nazione con famiglie più solide e aperta alla vita è infatti una garanzia sia per quanto riguarda il benessere complessivo della società, sia per la solidità economica, dal momento che la natalità stimola il mercato e che le nuove generazioni garantiscono un adeguato ricambio di risorse umane nel settore produttivo.

In primavera Orbán è stato rieletto premier per la terza volta, tra i malumori internazionali, vista la sua avversione ad adeguarsi al mainstreaming pro gender e pro morte, e in un recente discorso – tenuto il 29 luglio a Băile Tuşnad – ha ribadito con forza, tra le altre cose, la sua linea di sostegno alla famiglia naturale.

Innanzitutto, il premier ha affermato di voler, entro il 2030, fermare il declino demografico dell’Ungheria. Il che significa che le politiche pro family intraprese negli ultimi mandati sono pienamente confermate.

In un altro passaggio, Orbán ha quindi affermato – riporta LifeSiteNews – che «ogni paese ha il diritto di difendere il modello tradizionale della famiglia e ha il diritto di affermare che ogni bambino ha il diritto di avere una madre e un padre». Una ovvietà, diranno coloro che ancora ragionano secondo buon senso, ma oramai non più scontata e di certo importante, se affermata dal massimo vertice dello Stato ungherese. Il fatto è che, ha proseguito il premier, «l’Europa ha rifiutato la sua fondazione cristiana», negando alla base la cultura che l’ha resa grande nei secoli. Le conseguenze di questa scelta sono sotto gli occhi di tutti: venendo meno il rispetto della legge naturale e il concetto di bene comune, ogni cosa è lecita al più forte.

Teresa Moro

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