16/10/2017

Famiglia: un nido sicuro o un luogo di violenza?

La famiglia, nucleo fondamentale della società, va distrutta.

Il diktat della modernità liquida e senza radici nella quale siamo immersi è questo, e per conseguire l’obiettivo vengono messe in atto diverse azioni: si va da leggi come quelle sul divorzio – e sul divorzio breve –, passando per un clima sociale che incentiva la convivenza a discapito della presa di assunzione che comporta il matrimonio, per arrivare legalizzazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso (sì, il “cosiddetto matrimonio gay” altro non è che l’ennesimo attacco alla famiglia perché equiparando tutto si sottrae valore a ogni cosa)... Il tutto “arricchito” da leggi come quella sull’aborto (194/78) e sulla fecondazione artificiale che sviliscono il valore della vita e spesso creano voragini nella coppia (si pensi alla fecondazione eterologa, che può essere vissuta come un tradimento...).

Si tratta di passaggi graduali, dei quali spesso si fa fatica anche a rendersi pienamente conto, ma che rispondono perfettamente alla logica sottostante al modello d’ingegneria sociale elaborato negli anni Novanta da Joseph P. Overton: «The Overton Window». «Questo modelloscrivevamodescrive i passaggi, le “finestre”, attraverso cui passano idee e concetti che inizialmente risultano totalmente inaccettabili: grazie al lavorio di politici, economisti, (pseudo)scienziati, opinion makers, e ovviamente grazie ai media, si modifica l’opinione pubblica e quelle idee e quei concetti e quelle pratiche diventano gradualmente accettabili e poi vengono legalizzati. Insomma, una nuova idea, inizialmente impensabile (inaccettabile, vietata), pian piano può divenire vietata ma con delle eccezioni, poi accettabile per alcuni, poi sensata, quindi diffusa (socialmente accettabile) e infine legalizzata (consacrata nella politica statale)».

Nella stessa ottica vanno lette le notizie – sempre “urlate” dai media – di violenze compiute dentro le famiglie: i cosiddetti “femminicidi”, se compiuti dal coniuge, o gli abusi esercitati sui minori da parte di familiari o, ancora, la violenza esercitata sui bambini... Naturalmente nessuno di questi atti è giustificabile, ma è altresì evidente come nel modo di filtrare e presentare le notizie vi sia sotto un attacco alla famiglia: l’intento è quello di far passare il concetto che essa non è più un luogo sicuro, un nido che protegge e favorisce la crescita e aiuta a vivere la quotidianità, bensì un contesto ricco d’insidie... e quindi da rifuggire e distruggere. La famiglia è “cattiva”, in sintesi. 

Leggiamo – solo a titolo esemplificativo – come l’Ansa ha ritenuto di presentare i dati sulla violenza diffusi da Terre des Hommes (ProVita ne ha parlato qui, con don Fortunato di Noto): «+12% abusi in famiglia, +23% casi di botte  – La violenza domestica è causa della maggioranza dei reati contro i minori: nel 2016 sono state ben 1.618 le vittime di maltrattamento in famiglia, il 51% femmine, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente».

Insomma: i bambini in famiglia non vivono sicuri. Il che, talvolta, magari è anche vero, ma – come sempre si dice – questo non significa che sia giusto «buttare via il bambino con l’acqua sporca», facendo ricadere tutte le colpe sulla famiglia. Forse sarebbe invece più utile e onesto andare ad indagare come mai questo avviene, che cosa abbia portato a questo aumento di violenze e abusi... e forse si scoprirebbe che il problema non sta nella famiglia, bensì proprio in quella matrice culturale individualista e senza valori che si vuole a tutti i costi imporre.

Teresa Moro


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