21/01/2016

Family day – Una lettera di un Parroco friulano

Riteniamo di dover condividere con i nostri lettori la lettera che un Parroco friulano ha mandato ai suoi parrocchiani, invitandoli a partecipare al family day.

ProVita non è un’associazione confessionale, ma Don Alessio Geretti, dell’ufficio Pastorale della cultura dell’Arcidiocesi di Udine, responsabile del Coordinamento diocesano per la custodia della verità su persona, procreazione e famiglia, spiega molto bene che in questo caso la Chiesa neanche svolge un ruolo confessionale, ma svolge un servizio all’umanità, alla società e alla dignità di tutti gli esseri umani.

Riteniamo che una lettera del genere possa ispirare molti altri Parroci e /o responsabili di gruppi e associazioni, non necessariamente religiosi, ma votate ad ideali pro-family.

Carissimi,
vi scrivo questo urgente messaggio, in piena sintonia con il nostro Arcivescovo e a nome del Coordinamento Ecclesiale che in questa diocesi mette in rete da alcune settimane Uffici Pastorali diocesani, associazioni laicali, movimenti ecclesiali e centri di aiuto alla vita, per reagire al diffondersi di messaggi, progetti e disegni di legge fondati su una visione falsa della persona umana e della società.

Sabato 30 gennaio 2016 si terrà a Roma un nuovo “Family Day”, cioè una grande manifestazione di popolo a sostegno della famiglia e a difesa del diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà.family day_matrimonio_bene_comune

Per la posta in gioco in questo momento, ognuno di noi faccia tutto il possibile per partecipare a questa manifestazione e per portarvi il massimo numero di persone. Coinvolgiamo il soggetto, l’associazione, il movimento, la rete di amici e di collaboratori che ognuno di noi rappresenta. Diamo massima diffusione a questo messaggio, facendo presente che in questo momento è veramente importante lanciare all’Italia e al suo Parlamento un appello appassionato, chiaro, pubblico e politicamente rilevante.

Il bisogno di questo appello c’è, eccome: il Senato della Repubblica Italiana, infatti, a partire dal prossimo 26 gennaio potrebbe approvare il DDL Cirinnà, assegnando a una coppia omosessuale i diritti tipici che il matrimonio conferisce a marito e moglie, compresa l’adozione dei figli (per precisione: figli di uno dei due partners, poiché nemmeno la legge italiana, seppur talvolta capace di stupirci, può fare in modo che due maschi o due femmine concepiscano insieme un figlio).

Ciò che accade in una coppia omosessuale non può essere trattato giuridicamente (e culturalmente) come se fossimo di fronte a una famiglia fondata sul matrimonio. I diritti delle persone, quelli veri, si scrivono migliorando eventualmente il codice civile, non estendendo impropriamente il diritto matrimoniale.

Ma soprattutto, una legge che permetta di trattare la persona umana non come fine ma come mezzo sarebbe incivile e inaccettabile. Il DDL Cirinnà contiene una tale aberrazione, doppia e tripla, perché permetterebbe ad esempio a un uomo con tendenze omosessuali, che volesse diventare papà, di ricorrere (all’estero) all’abominevole pratica dell’utero in affitto, e poi, impunito, di far adottare al compagno il figlio così generato. In pratica: una donna verrebbe usata per la gestazione (magari a pagamento); a volte un’altra donna verrebbe usata per la fecondazione (magari si paga anche questa); il figlio sarebbe il mezzo per soddisfare la voglia di paternità di due uomini (questo non lo si paga: lo si compra); inoltre quel figlio stesso sarebbe reso artificialmente orfano di madre vivente.

Ebbene, se siamo arrivati al punto che nel Parlamento si sta per votare su questo Disegno di legge, tra pressioni politiche e mediatiche volte a favorirne l’approvazione, allora siamo arrivati anche al punto che occorre prendere posizione, chiaramente e pubblicamente.

E se lo dice un Coordinamento ecclesiale, non è perché la Chiesa voglia scrivere o emendare le leggi dei parlamenti, ma perché ha il dovere di insegnare (almeno ai credenti) a custodire e promuovere il bene, a detestare le bugie, a essere giusti verso chi non ha voce, a proteggere la dignità delle persone da ciò che potrà ferirla o calpestarla.

Difendiamo la dignità dei nostri figli (e di quelli futuri) da scenari così vergognosi e aberranti. E difendiamoli da progetti didattici e da testi allucinanti che li confondono precocemente sulla differenza sessuale e sul significato autentico di una parola semplice e bellissima come “famiglia”.

E difendiamo anche la dignità dell’uomo e della donna, che nessuna legge deve permettersi (nemmeno indirettamente) di ridurre a produttori/venditori di gameti o di uteri.

E difendiamo pure la dignità del matrimonio: resta qualcosa di speciale, di meraviglioso, che non può essere equiparato ad altri generi di assortimento affettivo.

E difendiamo inoltre la dignità del Parlamento, che non può andare a tal punto contro la ragione (e in questo caso anche contro il giudizio della stragrande maggioranza dei cittadini).

E difendiamo, a ben guardare, anche la dignità di chi ha tendenze omosessuali: deve sperimentare il rispetto e l’amore del prossimo per la sua persona, non l’ossequio del diritto ai suoi capricci.

Don Alessio prosegue, con dettagli tecnici e logistici per l’organizzazione dei pullman, e con l’impegno della Diocesi a contribuire alle spese dei meno abbienti.

E poi conclude: “Bisogna agire e reagire insieme al tentativo in atto di forzare la concezione della persona umana e l’ordinamento giuridico della nostra Repubblica”.

Ringraziamo di cuore Don Alessio, per queste parole pacate, profonde, piene di amore per il prossimo e di dignità.

Redazione

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