13/08/2015

Fecondazione artificiale: Chi sono mamma e papà?

Proponiamo ai nostri lettori questo articolo che è stato pubblicato sul mensile Notizie ProVita meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato. Si parlava di fecondazione artificiale e si intitolava Chi sono mamma e papà?

Questo articolo si completa con la lunga lista di testimonianze che abbiamo pubblicato – e continueremo a pubblicare – rilasciate dai figli della fecondazione artificiale sul sito americano Anonymous.

Esiste un chiaro istinto iscritto in ognuno di noi che spinge a ricercare le proprie origini, la propria identità genetica, pena un grave disagio esistenziale: lo conferma anche un’indagine “politicamente corretta” del settimanale L’Espresso.

Nei matrimoni gay il figlio deve essere concepito artificialmente e quasi sempre viene privato non solo di una delle due figure di riferimento sessuale, ma anche della possibilità di conoscere la sua identità genetica. Se poi viene da un utero in affitto, è sradicato dalla donna che l’ha portato in grembo. In un bellissimo film americano, October baby, la protagonista, dopo aver scoperto di essere figlia adottiva, lascia i suoi genitori, alla ricerca della madre naturale che l’aveva abortita. Poi, dopo un percorso lungo e difficile, giunge a perdonarla e si riconcilia con coloro che, adottandola, l’hanno amata e servita, pur avendole taciuto la verità. Questa storia spinge a fare i conti con la realtà dell’adozione.

Chi se ne intende sa bene che agli adottanti vengono richiesti molti requisiti, perché l’adozione di un figlio è un gesto d’amore bellissimo ed encomiabile, ma difficile. Secondo la nostra legge è di gran lunga preminente l’interesse dell’adottato, su quello dell’adottante. Inoltre bisogna prevedere che il ragazzo, una volta adolescente, facilmente esprimerà, in modi più o meno forti, il suo desiderio di vedere i suoi genitori naturali (talora in aperto conflitto con quelli adottanti, nonostante che a loro spetti solo riconoscenza e gratitudine). Esiste, infatti, un chiaro istinto iscritto in ognuno di noi che spinge a ricercare le proprie origini, la propria identità genetica. Così è fatta la nostra natura.

E questo è un grosso problema in quei paesi dove è permessa la fecondazione artificiale (FIV) eterologa, cioè con seme o ovulo di persona estranea alla coppia: per esempio una moglie, il cui marito è infertile, fa fecondare l’ovulo con il seme di un altro uomo. Può anche accadere che siano una donna single o un uomo single a ricorrere a FIV eterologa, progettando quindi a priori (qui la differenza con l’adozione tradizionale è enorme) un figlio che non vedrà mai uno dei suoi genitori genetici. E’ facile capire, tenendo conto della breve introduzione fatta, che i figli dell’eterologa avranno, a un certo punto della vita, il desiderio di conoscere la loro identità genetica, sino a entrare in conflitto, molto più spesso che nel caso di un’adozione tradizionale, con i genitori adottivi. Questo è dimostrato dal fatto che i figli dell’eterologa, in molti paesi in cui essa esiste da anni, come Inghilterra e Usa, raggiunta la maggiore età, si associano per agire legalmente e arrivare a conoscere la loro origine genetica, accedendo ai registri contenenti il nome dei venditori di seme o di ovuli, oppure per fare pressione sui politici del loro paese affinché sia tutelato il diritto all’identità di ogni creatura.

Chiara Valentini, giornalista dell’Espresso, autrice di un’indagine, “La fecondazione proibita”, fortemente a favore di tutte le tecniche artificiali, racconta le difficoltà che incontrano i ragazzi nati da eterologa:

BludentalHeidi, nata da venditore di seme, ha gravi problemi psichici; Peter ha finalmente capito perché il padre l’ha sempre rifiutato, solo dopo essere venuto a conoscenza del fatto che non è suo padre genetico; Robert, venuto a sapere per caso di essere nato da seme di un estraneo, afferma: “E’ come essere stato investito da un treno”; Susan, invece: “Appena sarò più grande, cercherò di sapere chi è l’uomo che ha dato alla mamma il seme che mi ha fatto nascere. E’ duro crescere senza sapere niente di metà del proprio patrimonio genetico”. In Australia, racconta ancora la Valentini, in un documentario andato in onda nel 2000, viene seguito passo dopo passo il viaggio di una ragazza di 17 anni alla ricerca del donatore che le aveva dato la vita. Un’ultima nota: nei cosiddetti matrimoni gay, se a ottenere un figlio con FIV sono due donne, il figlio viene privato, non per forza maggiore, ma per scelta della madre, non solo del padre, ma anche dell’identità genetica maschile; nel caso di due uomini, il figlio viene sradicato dalla donna che lo porta in grembo e dalla madre genetica (e non giova certo, come dicono i responsabili delle Famiglie arcobaleno, che il bimbo vedrà comunque le due madri tramite fotografie o qualche saltuario incontro).

Ilaria Vidi

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’

 

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