20/01/2015

Gender : urge una “resistenza educativa”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo dell’On. Olimpia Tarzia, che spiega la strategia dell’ideologia del gender.

Olimpia Tarzia è Presidente del Movimento PER – Politica Etica Responsabilità, vice Presidente della V Commissione Cultura, diritto allo studio, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili, spettacolo, sport, turismo, del Consiglio Regionale del Lazio, coordinatrice nazionale del Comitato Di Mamma ce n’è una sola – contro l’utero in affitto.  

Siamo di fronte ad un attacco antropologico alla famiglia di portata pesantissima: vale la pena ricordare che già l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali Unar, organismo governativo dipendente dal ministero delle Pari opportunità e dunque dalla presidenza del Consiglio dei ministri, ha emanato un documento, di oltre 50 pagine, in cui raccomanda: “Tra le varie criticità, va evidenziata la discriminazione che deriva dal mancato riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto o del matrimonio tra persone dello stesso sesso in Italia, che può produrre disparità “automatiche” di trattamento”.

Il documento indica con precisione la strategia: primo fra tutti, il controllo delle opinioni e delle dichiarazioni dei cittadini. Gli strumenti sono vari, dall’introduzione di corsi di formazione scolastici per docenti, studenti, personale e amministrativo, svolti da associazioni LGBT (lesbica, gay, bisessuale e transgender) accreditate dal ministero dell’Istruzione, a campagne gay-friendly nelle aziende. Lo stesso indottrinamento, secondo le raccomandazioni dell’Unar, dovrebbe svolgersi fra le forze di polizia, la magistratura e i servizi sociosanitari e ospedalieri.

Con circolare del 31 ottobre 2014 il MIUR ed il Dipartimento Pari Opportunità hanno invitato le scuole di ogni ordine e grado ad attivare opportuni percorsi, indicando che “la prevenzione ed il contrasto dei fenomeni di violenza e di discriminazione, sulla base del genere, della religione, della razza o dell’origine etnica, della disabilità, dell’età, dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere richiedono azioni mirate da parte dei soggetti istituzionali e delle Associazioni.

L’Unar utilizza a piene mani l’”antilingua” ed introduce il termine “eterosessismo”, attribuendolo a chi rifiuta e stigmatizza ogni forma di comportamento, identità e relazione non eterosessuale. Si manifesta sia a livello individuale sia a livello culturale, influenzando i costumi e le istituzioni sociali e scolastiche, fin dalla prima infanzia, con lo scopo di impedire che nei bambini si installi la convinzione che la persona umana è naturalmente definita come maschio o femmina. Tale convinzione, infatti, è di ostacolo alla ben nota ideologia del gender, secondo la quale occorre scegliere il proprio orientamento sessuale, puntando alla destrutturazione della distinzione tra maschio e femmina. Programma che, per avere successo, deve essere impartito sin dall’infanzia, nonostante la protesta crescente di molti genitori, classificati come Genitore 1 e Genitore 2.

Nella fattispecie, ci sono alcuni termini cui dobbiamo sempre porre molta attenzione. Attenzione, dunque, quando nelle iniziative scolastiche, vengono proposti progetti contenenti le seguenti parole: cultura del rispetto e dell’inclusione, prevenzione del contrasto di ogni tipo di violenza e discriminazione (anche riferita ai disabili), violenza sulle donne, bullismo omofobico, identità di genere. Non, ovviamente, perché non si condividano i temi, ma perché rappresentano spesso veri e propri cavalli di Troia per l’ideologia del gender. Rispetto all’identità di genere, è necessario un chiarimento: il genere è la distinzione di sesso indicata dal’art. 3 della Costituzione per garantire l’uguaglianza dei cittadini. Ma nessuna norma di legge definisce la cosiddetta identità di genere che è presente soltanto nei decreti di delega ministeriale alle pari opportunità (da ultimo d.m. 10/07/2013) e nelle norme sull’idoneità al servizio militare (d.m. 4/06/2014).

Sul piano scientifico, ben sappiamo che è il livello biologico quello a cui si deve porre la sorgente primaria della sessualità, e dal quale essa riceve la sua direzione iniziale. Il soggetto umano acquisisce infatti la sua struttura biologica dal suo primo istante di vita, cioè dal concepimento, quando il nucleo del gamete paterno si fonde con il nucleo del gamete materno, dando origine ad un nuovo essere umano, frutto dell’unione dei patrimoni genetici dei genitori ma con identità genetica totalmente nuova, unica, irripetibile. Il sesso di una persona è l’espressione di una caratteristica inscritta in modo indelebile in ogni sua cellula. Sin dall’istante del concepimento, infatti, si verifica il primo dimorfismo sessuale, di tipo genetico, attraverso i cromosomi sessuali XX per la femmina e XY per il maschio, segue poi un dimorfismo gonadico con la strutturazione delle ghiandole sessuali maschili e femminili e in seguito il dimorfismo sessuale fenotipico, attraverso la differenziazione degli apparati riproduttivi maschili e femminili. Sempre nella vita prenatale si instaura poi un dimorfismo sessuale neuro-endocrino, cioè un primo collegamento differenziato tra cervello e andamento ormonale.

Possiamo quindi concludere che ogni persona nasce maschio o femmina come risultato dell’attuazione di un progetto che è intrinseco ed essenziale al suo essere, progetto che fonda la singolarità biologica dell’uomo e della donna.

Banner_la_croce                   Le lobbies omosessualiste, alla ricerca di nuovi mercati (come quello della compravendita dei gameti per l’ eterologa) sono sempre più agguerrite. E’ quindi molto alto il rischio che nelle scuole entrino associazioni che promuovano scelte verso tendenze diverse dal sesso biologico, proprio sulla base della nozione di “identità di genere”.

Oltre che sul piano biologico, è palese l’intendimento di manipolare il piano giuridico, introducendo per legge l’idea che le proprie percezioni soggettive sono di per sé giuste, indipendentemente dai fondamenti biologici, antropologici ed etici. Si sarebbe uomini e donne non per una oggettiva determinazione biologica del sesso (già all’atto del concepimento), ma solo se ci si riconosce come tali. La differenza fra uomo e donna sarebbe esclusivamente il frutto di stereotipi culturali imposti ai bambini. Le lobbies LGBT considerano un diritto pretendere che un registro di stato civile indichi che il proprio sesso è “undefined”, superando così la dicotomia maschile/femminile, in vista di una ‘neutralizzazione del genere’.

E’ attualmente al vaglio del Parlamento la proposta di legge Scalfarotto, un documento liberticida, in quanto è in aperta violazione della libertà di pensiero, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, un limite alla libertà di pensiero che negherebbe in maniera autoritaria il diritto fondamentale in merito ai propri convincimenti etici. E’ un testo pericolosissimo il cui tema centrale sta nel risvolto penale, che prevede la reclusione fino a 1 anno e 6 mesi per chi incita a commettere o commette atti di discriminazione motivati dall’identità sessuale della vittima.

Una manifestazione o una campagna di opinione organizzata, ad esempio, affinché i parlamentari si oppongano al matrimonio gay, costituirebbe incitamento a commettere atti di discriminazione penalmente punibili. Finirebbe fuorilegge perfino il Catechismo della Chiesa cattolica e chi pubblicamente sostiene che gli atti compiuti dagli omosessuali sono «contrari alla legge naturale», poiché «precludono all’atto sessuale il dono della vita e non costituiscono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale» (art. 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica).

Se la legge entrasse in vigore, andrà applicata e si dovranno avviare indagini. A quel punto servirà una sorta di psicopolizia, di un Grande Fratello, che verifichi le motivazioni del crimine d’odio.

La High Court of Australia, con una sentenza recentissima (caso NSW Registrar of Births, Deaths and Marriages v. Norrie, del 2 aprile 2014, ha stabilito che esiste il ‘terzo’ sesso, o meglio il sesso (genere sessuale) ‘indefinito’, il che vuol dire che il sesso, anche nella sua dimensione fisico-biologica, può non essere riconducibile alla coppia maschile/femminile. In Germania, una legge approvata il 7 maggio 2013, consente ai genitori di un neonato, in sede di registrazione dell’atto di nascita, di non specificare (lasciare in bianco) il sesso dello stesso.
Sul piano educativo, è bene ricordare che l’educazione in termini pedagogici presuppone sempre una determinata concezione dell’uomo, della storia e della cultura. Mi sembra necessario quindi, innanzitutto, tentare di discernere i vari filoni antropologici che sottendono, nella cultura contemporanea, una certa visione della sessualità. Una prima concezione antropologica è quella che fa riferimento alla “scientificità” e alla “neutralità”, senza alcun tipo di riferimento ai valori etici. Questo tipo di visione tende ad assicurare informazioni sui meccanismi anatomici e fisiologici in vista di un uso igienico della funzione sessuale, al fine di evitare pericolosi contagi e “rischi” di gravidanze. Un secondo filone antropologico punta sulla necessità di liberare dai tabù sessuali, considerati da costoro frutto della tradizione cristiana; tabù che impedirebbero la fruizione della sessualità e in particolare del piacere che essa comporta. In questa logica tutto è ammesso, tutto è normale, anche le devianze e le perversioni e la società deve assicurare la libertà ad ogni individuo di scegliere i modi che più ritiene opportuni per raggiungere il piacere nell’esercizio della sessualità, considerandolo pressoché un diritto civile. Una terza visione dell’uomo considera la sessualità non come espressione valoriale della persona, ma come espressione sociale e culturale e quindi soggetta a cambiamenti storici, arrivando così a dichiarare che non esistono norme morali certe e valide per ogni tempo, ma mutevoli e quindi legate all’evoluzione dei costumi.

Quale invece la concezione antropologica della sessualità, alla quale noi vogliamo riferirci? E’ quella che segue un’etica personalista, che considera l’uomo un essere trascendente la storia e la cultura, sostanzialmente libero e capace di orientarsi nella vita, che trova in Dio il suo fondamento, la ragione del suo essere e del suo fine ultimo.
Nell’avviare un percorso di educazione della sessualità, non si può non tener conto che questa si compone di due elementi tra loro connessi: l’informazione e l’educazione. Questi due elementi, però, pur essendo strettamente collegati, non si devono confondere. L’informazione è la corretta presentazione dei dati scientifici ( di natura genetica, anatomica, fisiologica, patologica) sulla sessualità. L’educazione prevede, invece, uno scopo morale, anche se non può prescindere dai dati scientifici; essa se svolta nella sua correttezza a interezza, dovrebbe aiutare l’adolescente e il giovane a comprendere come comportarsi nei confronti della propria e della altrui sessualità.

Urge, dunque, una vera e propria resistenza educativa. Si sta tentando, infatti, di arrivare ad uno stravolgimento antropologico e della legge naturale che avrà negli anni futuri, ricadute sociali, culturali, legislative inimmaginabili. Papa Francesco, di recente ha dichiarato che “La famiglia non e’ ideologia”. “La famiglia rimane il fondamento della convivenza e la garanzia contro lo sfaldamento sociale. I bambini hanno il diritto di crescere in una famiglia, con un papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al loro sviluppo e alla loro maturazione affettiva”.
Il Papa ha anche sottolineato che non bisogna cadere nella trappola dei concetti ideologici perché “la famiglia e’ un fatto antropologico, e conseguentemente un fatto sociale, di cultura”. Insomma, non si puo’ parlare oggi di famiglia conservatrice o famiglia progressista: la famiglia è famiglia. Anche se la Chiesa Cattolica dispone di una sua ‘teologia della famiglia’, quando essa parla della ‘non-negoziabilità’ del riconoscimento e della promozione della famiglia naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e del rifiuto dell’adozione di istituti giuridici che, direttamente o indirettamente, la indeboliscano, fa appello al logos, al ragionamento, al bene comune.

La non negoziabilità del matrimonio costituzionalmente riconosciuto comprende anche l’indisponibilità ad equiparare alla famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna altre forme di unione. Mentre rimane indiscutibile l’inviolabilità dei diritti delle persone in quanto individui, allorché si rivendicano diritti per forme di vita comune, la società, attraverso l’ordinamento giuridico, ha il dovere di integrare armoniosamente le esigenze del bene comune con quelle dei singoli soggetti. In questo senso, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna vanta un’eccellenza rispetto ad altri tipi di legami.

Olimpia Tarzia

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