29/01/2017

Genitori in dialogo coi figli. Si può, si deve

Essere genitori? Una gioia infinita e, nel contempo, una responsabilità enorme e un punto di “non ritorno”.

Mettere al mondo un figlio cambia la vita, volenti o nolenti: dal momento del concepimento in poi s’inizia a “perdere” se stessi, si è costretti a erodere il naturale egoismo per fare spazio alla creatura che verrà.

In tale ottica, essere genitori non è una cosa che si può improvvisare, anche se un pizzico d’incoscienza è di certo necessaria per fare un passo così al di sopra delle capacità meramente umane.

Mettere al mondo un figlio comporta che poi si provveda alla sua salute. Ebbene, se si analizza l’etimologia di questa parola si vede come essa racchiuda sia la “salute fisica”, sia la “salvezza”: anima e corpo.

Nella società di oggi, invece, quando si dice «L’importante è la salute» si fa riferimento al solo aspetto corporeo. E, sotto questo aspetto, non si può dire che i bambini del Duemila non siano più che curati: anche nel caso di divorzi o di situazioni difficili si pone molta attenzione al “corpo”. Però è venuta sempre più a mancare la salus dell’anima, il benessere interiore dei bambini. Una salute interiore che si costruisce nell’educazione quotidiana, con l’esempio e con il dialogo.

E proprio sul dialogo tra genitori e figli l’editorialista del The Guardian Joan McFadden ha recentemente realizzato un’inchiesta, coinvolgendo psicoanalisti e terapeuti.

I dati emersi sono interessanti: da un lato la consapevolezza che le “convocazioni formali” dei figli “per parlare” sono oramai cosa passato, dall’altra l’importanza di trovare nuovi metodi per non vedere sfumare la relazione genitori-figli, così importante soprattutto nell’adolescenza. Ecco quindi che serve un “dialogo trasversale”, senza formalità di sorta e contraddistinto dalla brevità, pur nell’incisività. «La dottoressa Rachel Andrews, psicoterapeuta e membro della British Psychological Society, in base alla sua esperienza assicura che una decina di minuti al giorno di semplice chiacchiera magari mentre si cucina, o si fa jogging, o ci si dedica a un hobby, può essere il terreno più fertile per far germogliare il seme della confidenza: si parla di tutto, con leggerezza, e lì può aprirsi lo spazio per affrontare un vero problema».

I genitori devono imparare ad ascoltare i loro figli, mantenendo un atteggiamento disponibile ad accogliere eventuali condivisioni, domande o emozioni. I figli percepiranno subito questa predisposizione e saranno maggiormente invogliati a restare in dialogo con i genitori, in un clima di fiducia che farà finire in secondo piano gli strumenti tecnologi, troppo spesso fonte di isolamento anche in famiglia.

Il dialogo, comunque, non è di certo una cosa che s’inventa con i figli nel pieno dell’adolescenza. È un’attitudine che va costruita fin dall’inizio. Come? Semplicemente guardando ai propri bambini come persone competenti – ovviamente secondo la loro maturità -, in grado di esprimere opinioni e prendere delle decisioni, e non come dei “birilli” da muovere a proprio piacimento. Piegarsi sulle ginocchia e mettersi con gli occhi alla stessa altezza dei propri bambini prima di parlare con loro è uno dei doni più grandi che un adulto, maestro ed educatore, può fare: al piccolo in questione, ma anche alla società. È in questo modo, infatti, che si crescono persone bilanciate, con la giusta autostima e responsabili.

Teresa Moro

Fonte: Il Corriere della Sera


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