17/03/2016

Genitori, valori e dis-valori nei cartoni animati

I genitori sono un maschio e una femmina. Sempre.

Tutti siamo nati da una mamma e un papà, da un uomo e una donna. Chiunque provi a smentire questa affermazione non sta dicendo la verità, bensì sta lavorando di fantasia (... o sta macchinando in favore delle adozioni gay).

Eppure la fantasia – ce lo insegnano gli stessi bambini – ha un limite. E il limite biologico per cui i genitori sono sempre di sesso diverso è insuperabile, anche per chi sa mettere a tappeto l’avversario con agili mosse di Kung Fu.

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La Dreamworks e la Pixar sono storiche rivali nella produzione di film per bambini. La Disney, proprietaria da tempo della Pixar, dal 2010 – attraverso la Touchstone Picture, in parte ha un certo potere anche sulla Dreamworks

Un cartone animato dal successo planetario e un personaggio simpatico a tutti i bambini e adulti del mondo è stato utilizzato per far passare il concetto di stepchild adoption: l’idea che si possa crescere con due papà, uno biologico e uno adottivo, che in assenza di una mamma questa sia sostituibile da un doppione maschile”. E’ questo quanto ha scritto Mario Adinolfi sul suo profilo Facebook commentando il fatto che nel nuovo film della DreamWorks, Kung Fu Panda 3 in uscita nelle sale italiane – il protagonista del cartone animato, Po, abbia due papà. Alessandro Carloni, co-regista del film, in proposito aveva affermato: “E’ uno dei temi di cui s’è parlato molto a proposito del film negli Usa, qui in Italia mi sono reso conto che siamo un po’ più retrogradi (sic!) sull’argomento“.

Per Adinolfi invece, rivolgere ai più piccoli il messaggio che avere per genitori due papà sia una cosa normale è “tremendamente pericoloso”. Infatti, ha continuato il giornalista e attivista pro-family: “Nessuno ha due papà, meno che mai un papà adottivo sostituisce una mamma, e il fatto che nel cartone animato tutto sia ‘carino’ e inattaccabile è un problema in più, non un problema in meno”.

L’obiettivo vero di Kung Fu Panda, ha quindi concluso il candidato sindaco di Roma, è quello di fare il “lavaggio del cervello gender ai bambini”.

Come dargli torto? In effetti, Kung Fu Panda non è il primo cartoon (si veda quiqui) che propaganda modelli alternativi alla famiglia naturale, con due genitori dello stesso sesso o che si moltiplicano a dismisura... Le famiglie omosessuali, per esempio, sono infatti sponsorizzate su canali dedicati ai più piccoli come Disney Channel, che quest’anno ha voluto far fare gli auguri di Natale anche a due “papà”.

A proposito della Disney: molti sostengono che sia in mano alla massoneria e che  veicoli messaggi subliminali attraverso le proprie pellicole. Qualcuno ha visto anche in Frozen una sottile insinuante propaganda dell’omosessualità. Forse esagera. Più grave è stato sicuramente il messaggio lanciato anni fa da “Koda fratello orso”, in cui il ragazzino protagonista alla fine sceglie di diventare un orso: preferisce essere un animale piuttosto che un essere umano.

Probabilmente la verità è che nella Disney (e anche nella Dreamworks) ci sono “due anime”. Perché accanto a film criticabili, che insinuano nei bambini dei disvalori, ci sono tutta una serie di grandi classici, divertenti e ad alto valore educativo. Pensiamo – tra quelli più datati e forse meno noti – a “Le follie dell’imperatore”. Recentemente, per esempio, c’è stato della, Disney Pixar, Up, di cui abbiamo pubblicato un breve e commovente brano, e ancor più recentemente abbiamo trovato ricco di spunti positivi Inside Out, incentrato sul dominio delle emozioni. Un bel film di animazione sulla forza della famiglia – quella composta da una mamma e un papà – e sul “dominio” di se stessi e delle proprie emozioni.

Insomma, i genitori  sono sempre chiamati a vigilare e a filtrare, si sa, quello che vedono i bambini. A comprare i gadgets che raffigurano gli eroi “giusti”. Di questi tempi la vigilanza deve essere ancor più attenta. E un’arma nelle mani ce l’abbiamo: il pubblico può indirizzare la produzione Disney – e tutte le altre produzioni per bambini – sulla retta via: alla fine per loro conta la cassetta.

Anastasia Filippi

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