22/06/2019

“;Gestazione per altri solidale”? Ma il bambino non è un oggetto!

La posizione della Cgil sull’utero in affitto? In realtà sembra un . La scelta di ospitare un dibattito sul tema presso la propria sede nazionale, a Corso d’Italia, non equivale affatto ad aver sposato in toto la causa. Pur essendosi detti dispiaciuti per le aspre critiche ricevute, i dirigenti sindacali hanno precisato di non avere ancora definito una linea generale. La presenza di Marco Cappato, dell’Associazione Luca Coscioni e di altri soggetti decisamente più sbilanciati verso una regolamentazione della pratica, parallelamente all’assenza di voci contrarie ha però decisamente marcato l’orientamento della tavola rotonda.

Come specificato da Sandro Gallittu, responsabile “nuovi diritti” della Cgil, gli unici veri punti fermi del sindacato sulla questione sono «la necessità di un regolamento certo», l’idea che «il proibizionismo non risolve il problema» e la «tutela dei bambini e delle bambine che sono già nati» con la maternità surrogata. «Su tutto il resto, la discussione è aperta», ha aggiunto Gallittu, denunciando comunque l’«attacco ai diritti riproduttivi», un fenomeno a suo avviso «non a compartimenti stagni» e particolarmente strutturato.

Chi sembra fare decisamente marcia indietro è proprio il segretario generale Maurizio Landini. «La Cgil», ha precisato, «non promuove né appoggia alcuna legge di sostegno o di regolamentazione della maternità surrogata. Simili decisioni, infatti, possono essere assunte solo dal nostro direttivo e ciò non è mai avvenuto». Landini ha comunque messo in guardia dal «pericolo di mercificazione, di riduzione della persona a oggetto, di deprezzamento della vita, una prospettiva che dobbiamo evitare anche solo di evocare». Al direttivo della Cgil, il segretario esprimerà dunque la propria «personale posizione», auspicando la possibilità di «approfondire, senza preconcetti, temi che hanno implicazioni etiche di tale portata».

Nello stesso convegno, tuttavia, Marco Cappato ha espresso una linea che, per quanto puntellata da inviti al dialogo e alla sintesi, si conferma perfettamente aderente all’impostazione ideologica del “vietato vietare”. L’esponente radicale denuncia quello che, a suo avviso, è un «meccanismo di enorme efficacia retorica», che denoterebbe una «totale sfiducia nel diritto e nella democrazia». Secondo questa logica ‘conservatrice’, qualunque normativa su temi etici condurrebbe lungo un «pendio scivoloso»: regolamentare l’eutanasia, ad esempio, «significherebbe ammazzare anziani e disabili». Finanche «etichette» come «utero in affitto», nella visione di Cappato, sarebbero sintomo di questa «sfiducia nella democrazia liberale».

Cappato non è nemmeno d’accordo col principio per il quale «il corpo non si tocca» e, soprattutto, non può essere oggetto di scambio commerciale. E, a tal proposito, tira in ballo «le regolamentazioni del lavoro, della sicurezza, dei trasporti», le quali «hanno a che fare con un bilanciamento tra le regole di protezione dell’individuo e il margine di libertà che un individuo si può prendere».

«Non esistono principi costituzionali assoluti», ha proseguito Cappato, «né il principio di autodeterminazione, né la difesa della vita, perché non esiste nulla di assoluto nella vita, nemmeno la libertà», ciononostante se la libertà viene negata, si cadrebbe nello «stato etico», condannando «il diritto e la democrazia a una paralisi totale», ha argomentato.

Una proposta di legge sulla “;gestazione per altri solidale”, effettivamente, è stata illustrata proprio al convegno alla sede della Cgil ed è appoggiata, tra gli altri, dalla stessa Associazione Luca Coscioni e da Famiglie Arcobaleno. «Anche confrontando le pratiche analoghe legali in molti altri Paesi del mondo come Canada, Stati Uniti o Grecia, il testo descrive con precisione le condizioni di accesso al percorso, ammettendolo ai soli fini solidaristici e prevedendo una serie di tutele volte ad assicurare che le parti ricevano un adeguato monitoraggio medico e siano consapevoli e rispettose della reciproca situazione», ha dichiarato Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Coscioni. Con questa legge, i gruppi radicali riuscirebbero così a proteggersi dall’accusa di volere l’utero in affitto, ad aggirare i limiti stabiliti dalla legge 40 e forse persino a schivare i paletti imposti dalle recenti sentenze della Corte Costituzionale.

Altra proposta è quella dell’associazione Articolo 29, che prevede il diritto della gestante di “rivendicare” il concepito come proprio figlio, in qualsiasi momento della gravidanza surrogata. Un’impostazione che però è stata contestata da vari uditori presenti al dibattito, secondo i quali, i ripensamenti delle madri surrogate sono molto rari e comunque metterebbero in una posizione di debolezza e di ricatto, le persone o le coppie “commissionanti”.

Non sono mancate le proteste di femministe storiche, come Alessandra Bocchetti, e militanti Lgbt come Aurelio Mancuso, presidente di Equality, contrari all’utero in affitto, mentre alcune uditrici hanno messo in luce il rischio che la “gestante surrogata” possa rifiutarsi, anche all’ultimo momento, di cedere il bambino portato in grembo o appena partorito.

Che la maternità surrogata possa realizzarsi a titolo gratuito piuttosto che a titolo oneroso, non rimuove però lo scoglio etico più grosso: quello dei bambini come oggetto di diritto, quindi suscettibili, se non di una compravendita, comunque di uno scambio. Da dono, la maternità diventa essa stessa un diritto, mentre gli unici diritti ignorati e calpestati sono proprio quelli dei bambini.

Luca Marcolivio

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