19/02/2018

Gian Marco Centinaio: la vita è sacra, un bene indisponibile

La medicina e la ricerca sempre più s’intrecciano alla vita delle persone e grande è la tentazione di credere che, nel campo della morale, qualsiasi conclusione sia provvisoria e soggettiva.

Alla bioetica laica (che sostiene il valore del pluralismo etico), si contrappone l’etica della verità, la bioetica cattolica, per la quale la vita è un bene meraviglioso che Dio ci ha donato e di cui non possiamo disporre in modo arbitrario.

Dopo la sciagurata approvazione del biotestamento, la sacralità della vita continua a essere messa in discussione (vedi i ripetuti appelli del radicale Marco Cappato per una legge sull’eutanasia, che trovano ampio spazio sui media), per questo ProVita torna a parlare di bioetica. Questa volta con Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega al Senato, 47 anni, nativo di Pavia, autore di diverse battaglie pro vita contro la morte volontaria assistita. Prima del voto, lo scorso dicembre aveva dichiarato: «Il nostro voto sarà contrario, non perché siamo contrari a una legge in materia ma perché questa legge è un pasticcio ed è un preludio all’eutanasia».

Senatore, in ambito cattolico l’idea della sacralità e dell’indisponibilità della vita non possono essere messe in discussione.

«È quello che abbiamo affermato e ribadito nelle aule parlamentari quando si discuteva delle Dat, le disposizioni anticipate. Noi della Lega siamo sempre stati contrari».

Quindi conviene che la libertà deve essere esercitata a favore della vita e non, come accade per esempio con pratiche come l’aborto e l’eutanasia, contro la vita.

«Certo, la vita ci viene data, non la possediamo. Per questo non possiamo noi decidere di interromperla. Altrimenti facilmente si avallano le teorie sull’eutanasia e sul suicidio assistito».

La dignità della persona e il bene comune sono valori irrinunciabili e vanno salvaguardati sempre?

«Senza se e senza ma. Non siamo per l’accanimento terapeutico, però è nostra convinzione che la vita vada tutelata. La legge civile, uno Stato non devono contraddire i precetti della legge naturale e quindi risultare in antitesi con la dignità della persona, i suoi beni e valori di fondo. Parte della società civile pensa che queste siano affermazioni ottocentesche e demodé, ma non si tratta di mode: stiamo parlando di etica e di morale».

Già, invece secondo la bioetica laico secolare la vita non è buona in sé e quando l’esistenza è deteriorata, sarebbe meglio una morte voluta che una vita imposta.

«Le teorie della dolce morte non possono esistere in uno Stato civile. Resto dell’idea che anche alle persone con gravi patologie, disabilità, o il cui destino è segnato, deve essere tutelata la dignità. Questi pazienti devono poter continuare a vivere nel migliore dei modi. Compito della scienza, della medicina è di adoperarsi oggi più che nel passato per eliminare o alleviare il dolore delle persone malate o con disabilità».

Affermare il primato della libertà di vivere e morire a proprio piacimento, il principio di autonomia delle scelte degli individui nelle questioni bioetiche, significa legittimare l’aborto, il suicidio assistito e l’eutanasia.

«Troppo spesso anche il politico crede che il cittadino “voglia” qualche libertà o che si debbano sostenere dei presunti diritti. Il legislatore deve invece pensare al bene comune».

Ha denunciato anche le difficoltà delle coppie ad adottare un bambino, mentre per le unioni omosessuali che ricorrono all’utero in affitto, le adozioni risultano più facili.

«Le adozioni sono lunghe e molto costose, tranne che per le coppie non eterosessuali. Gli adulti possono fare quello che vogliono, in ambito privato, ma quando si tratta di figli, i bambini devono avere un padre e una madre, un uomo e una donna come genitori. Questa è famiglia naturale».

Patrizia Floder Reitter


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