23/04/2016

I giovani, quella pensione che non vedranno mai... e la famiglia

Leggevo recentemente alcuni articoli sui giovani e l’economia. Un tema caldo, spinoso, tirato spesso in causa nelle chiacchiere da bar, ma raramente analizzato secondo una visione capace di abbracciare il problema nella sua complessità e in grado di allargare lo sguardo sul futuro.

Al di là dei tassi di disoccupazione, dei giovani ‘mammoni’ e delle percentuali di laureati, qual è lo stato delle cose? Quale futuro aspetta i giovani di oggi e quelli di domani?

Quello che è certo è che i giovani non se la passano molto bene. Proviamoe a riflettere su una recente affermazione di Tito Boeri, presidente dell’Inps. L’economista ha infatti affermato – citiamo da Il Sole 24Ore – che “c’é una penalizzazione molto forte dei giovani e dato il livello della disoccupazione giovanile c’é il rischio di avere intere generazioni perdute all’interno del nostro Paese. Noi invece abbiamo bisogno di quel capitale umano“. E il rischio è che la generazione dei nati negli anni ’80 possa vedere la pensione solamente a 75 anni, il che ovviamente supera ogni limite di buonsenso (oltre che di resistenza fisica e oltre che la perdita di un’intera categoria di potenziali ‘nonni’, vera e propria risorsa per la società).

Ovviamente i giovani risentono di questa situazione, e non solamente sotto il profilo economico, che in realtà rimane l’aspetto meno importante, dal momento che momenti di crisi e di ristrettezze si sono sempre verificati nel corso della storia. Il problema più grande, e con risvolti negativi su più piani, è la perdita di speranza nel futuro. Una depressione, questa, che non aiuta i giovani a impegnarsi e a investire in cose durature, come può ad esempio essere la decisione di fare famiglia e di mettere al mondo dei figli.

L’economia del Paese influenza la salute della società nel suo complesso e, nel contempo, la salute della società determina una ricaduta economica. Si entra così in un circolo vizioso che l’economista Ettore Gotti Tedeschi ha spesso evidenziato, ricevendo in risposta critiche da destra e da sinistra: una società che non fa figli, è una società che non potrà mai sperare in una ripresa economica. I bambini sono il nostro futuro e i giovani, intese come persone in età fertile, sono la vera risorsa di una Paese che sta lentamente agonizzando. Su queste due categorie è dunque necessario puntare con coraggio e lungimiranza, anche se questo comporta la perdita di alcuni (eccessivi) privilegi di cui godono i figli del boom economico, che oggigiorno portano a casa una pensione spesso superiore agli stipendi di tanti giovani laureati con un lavoro precario.

Scriveva recentemente Matteo Borghi su La Nuova Bussola Quotidiana: “Vecchi sempre più ricchi e tutelati contro giovani sempre più poveri e precari. È questa l’immagine non solo dell’Italia, ma di tutto l’Occidente che esce da un’inchiesta del Guardian basata su dati del Luxemburg Income Study. Un’indagine che dimostra come, negli ultimi tre decenni (1979-2010), ci sia stato uno spostamento di reddito netto dai più giovani ai più anziani in nazioni progredite come Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Germania, Francia, Spagna e Italia. Nazioni fra le quali, purtroppo, offriamo ancora una volta l’esempio peggiore. Basti pensare che, in trent’anni, da noi i lavoratori della fascia d’età compresa fra i 25 e i 29 anni hanno perso il 19% del reddito, mentre i pensionati fra i 65 e i 69 anni e fra i 70 e i 74 hanno guadagnato rispettivamente il 12 e il 20%“.

Occorre dare lavoro ai giovani affinché possano ricominciare a sperare, mettendo così in campo azioni in grado di garantire un futuro all’Italia. E in tutto questo le politiche familiari giocano un ruolo di snodo fondamentale: incentivando le nascite si sostiene la demografia e s’incentiva l’economia, aumentando la circolazione di capitale e creando nuovi posti di lavoro.

Ed ecco quindi spiegato perché puntare sulla famiglia fondata sulla fertile unione tra un uomo e una donna non è una battaglia ideologica, ma è l’unica cosa realmente necessaria da fare: per il benessere dei singoli... e di tutti!

Teresa Moro


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