13/11/2014

In Italia non si sposa più nessuno... Matrimoni in calo, parola di Istat

In Italia non si sposa (quasi) più nessuno: nel 2013, per la prima volta, il numero dei matrimoni è stato inferiore ai duecentomila. A rivelarlo sono i dati dell’Istat, secondo i quali l’anno scorso sono stati celebrati 194.057 matrimoni, ossia ben 13.081 in meno rispetto al 2012. Questo trend negativo non è comunque una novità, dal momento che negli ultimi cinque anni è stato registrato un calo delle nozze del 30%: traducendo, dal 2008 mancano all’appello circa 53 mila celebrazioni.

Questo quindi il quadro generale, che nello specifico rivela come nell’ultimo anno siano diminuite soprattutto le prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana, anche se neppure i matrimoni tra coppie composte da almeno un cittadino straniero (pari al 13,4% delle nozze celebrate nel 2013) vivono una stagione particolarmente florida. Interessante in proposito è invece rilevare che una sposa straniera su due proviene dall’Est Europa.

In relazione al totale aumentano invece i matrimoni successivi al primo, seppure anch’essi in assoluto siano in calo: nel 2008 essi costituivano il 13,8% del totale, mentre nel 2013 si sono attestati sul 15,8%.

I dati sul matrimonio diramati dall’Istat inducono quantomeno a due riflessioni.

Tralasciando l’indagine delle cause che spingono le persone a preferire la solitudine o altre forme di unione rispetto al matrimonio, è in primis impossibile negare le conseguenze determinate da questo stato di cose: viviamo in una società “liquida”, per riprendere la celebre definizione del sociologo Zygmunt Bauman. Una società fondamentalmente instabile e fragile, in gran parte dimentica delle tradizioni del passato e spesso priva di valori cui fare riferimento nel guardare al futuro. Naturalmente un tale contesto sociale non favorisce l’instaurarsi di relazioni stabili, che necessitano di un investimento (a volte anche faticoso) e comportano una buona dose di rischio.

Quale logica conseguenza di tutto questo, il numero delle nascite è in costante diminuzione, mentre l’età media della popolazione cresce inesorabilmente. Ed è qui che s’innesta una seconda riflessione, di carattere prettamente economico: una società che non genera bambini non uscirà mai dalla crisi. “Ora certo – ha affermato l’economo Ettore Gotti Tedeschi in un’intervista a Costanza Miriano – è più difficile pensare di fare famiglia e figli, per un problema di reddito e potere di acquisto legato ai bisogni artificiali imposti dal consumismo. Per le tasse raddoppiate in trent’anni, per assorbire i costi dell’invecchiamento della popolazione, che hanno ridotto i redditi reali della famiglia e hanno imposto il lavoro di entrambi i coniugi e conseguentemente ridimensionato il legittimo desiderio di far figli ed occuparsi di loro…Ma io credo che anche in queste condizioni si possa fare qualcosa di buono, ma ci vuole fede e coraggio. Mi spiego. Solo la prospettiva di fare famiglia crea nell’individuo un senso responsabile di impegno superiore che produce più produttività, crea attitudine al risparmio che si traduce in base monetaria necessaria alle banche per far credito per lo sviluppo ed i consumi veri e gli investimenti. Si pensi che negli anni 1975 il tasso di risparmio sul reddito delle famiglie era superiore al 25% ed oggi, avendo assorbito detto risparmi per consumare, si è ridotto a sotto il 5%. Si stimolino la formazione di famiglie con incentivi adeguati e la famiglia vera, orientata a prolificare , ridiverrà il motore dello sviluppo”.

Nel concludere spezziamo una lancia in favore del matrimonio che, seppur sia impegnativo e comporti molte fatiche e sacrifici, è innegabilmente anche una fonte di crescita e di gioia. E lo facciamo citando lo psicoterapeuta Claudio Risé, che su L’Osservatore Romano ha recentemente intessuto l’elogio della coppia, contro l’individualismo egoistico oggi predominante: “Coppia è bello. […] Le ultime riflessioni sulla coppia confermano così le statistiche note da tempo e verificate negli anni, soprattutto nei Paesi anglosassoni, che raccontano come le persone in una coppia stabile vivano più a lungo, si ammalino meno, abbiano situazioni economiche e sociali più risolte e dichiarino di essere più felici di chi invece vive in situazione di singleness”.

Giulia Tanel

 

 

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