29/06/2019

Istat: Italia destinata al deserto

Due fattori di grave crisi, a cui urgentemente si deve far fronte con straordinari investimenti, colpiscono l’Europa e l’Italia in particolare: invecchiamento della popolazione ed era glaciale della natalità.

Abbiamo ascoltato con interesse dell’annuncio di 1 miliardo risparmiato dal reddito di cittadinanza che sarebbe stato investito per le famiglie. Senza polemiche, sarebbe stato bello se fosse stato vero. Forse non c’era il miliardo di euro risparmiato, forse c’era ma serve ad altro o forse chissà, la verità è che l’Italia non ha ancora preso vera e piena coscienza dell’abisso dentro il quale sta scivolando. Tutti i dati pubblicati da Eurostat negli utlimi anni avrebbero dovuto mettere a soqquadro e rivoluzionare le politiche di investimento delle istituzioni centrali e dei governi nazionali: la ‘pera demografica’ si sta velocemente capovolgendo, senza che questo dato scalfisca i dibattiti o tolga il sonno di ‘Commissioni’ o governi europei.

Già due anni orsono, la Schuman Foundation aveva pubblicato uno studio che denunciava la assoluta insensibilità della politica di fronte alla sfida epocale che tutti i Paesi del continente stavano vivendo. Ancor prima di ogni polemica sulle migrazioni, è alle politiche della natalità che si deve dare impulso e a cui si devono dedicare investimenti consistenti e adeguati alla situazione odierna. L’attuale trend di nascite ci porterà a una decrescita economica e produttiva senza precedenti per il continente nella storia moderna, i cittadini dai ‘capelli grigi’ , come li chiama lo studio della Fondazione Schuman, non potranno lavorare sino alla morte, andranno in pensione e qualcuno dovrà pagare i servizi socio-assistenziali che si meritano. Questo qualcuno che lavora al posto dei genitori e dei nonni, magari inventa nuovi lavori e nuove imprese, semplicemente rischia di non esistere o ridursi sempre più.

«Con l’attuale indicatore di fertilità a circa 1,5, l’Europa di domani avrà un terzo in meno di giovani attivi nel lavoro rispetto ad oggi. Una riduzione drastica del tasso di natalità per un Paese è come una diminuzione degli investimenti per una impresa. In entrambi i casi, toccare il fondo va bene per un po’, ma comporta una importante spesa per il futuro. Di conseguenza, ogni politica familiare governativa che sostiene la crescita demografica è un investimento a lungo termine. Alcuni potrebbero obiettare che si potrebbe compensare la denatalità con maggiori flussi migratori sempre più grandi. Stanno scherzando e illudendo se stessi, come evidenziato dagli eventi recenti. […] I Paesi europei sembrano frutteti i cui alberi sono stati produttivi per 40 anni, raggiunta poi la maturità, nessuno si era ricordato di aver piantato le nuove piantine da frutto. Eppure, se vogliamo investire e consumare, noi dobbiamo avere fiducia nel futuro e la necessità di acquistare beni di base. Sfortunatamente, queste due caratteristiche, diminuiscono con l’età. Nel profondo, una società dinamica si basa sugli stessi fondamenti di economia e demografia. In altre parole, il desiderio di vivere si esprime attraverso l’economia, l’intrapresa e l’impegno a crescere figli, perché lo spirito imprenditoriale, così come quello dello sviluppo di un Paese, rimane sempre legato allo spirito della famiglia». (Robert Schumann.eu)

Il bravo e competente nuovo presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo, la scorsa settimana ha presentato il Rapporto sulla situazione del Paese. Lo si è commentato in vari modi e secondo diverse angolazioni, ma di commentatori che leggessero e si preoccupassero del continuo spopolamento del Paese Italia non ne abbiamo ascoltato. In una delle slides di presentazione del Rapporto, si dice «Italia 2050: sempre meno e sempre più invecchiati», saremo due milioni in meno perché i vecchi moriranno e giovani non nascono. “;Culle vuote”, ci spiega semplicemente la realtà, di cui non si vuol parlare e sulla quale le polemiche servono solo a dilazionare le responsabilità della politica (lo è stato ieri, lo è oggi): -140mila nati dal 2008 al 2018.

Una banalità? Pensiamo solo che ad oggi registriamo che nel 2050 mancheranno 142.000 persone che avrebbero avuto 42 anni, nel pieno della potenzialità, inventiva, entusiasmo: 142.000 managers, operai, architetti, medici, imprenditori, padri e madri di famiglia, volontari nel sociale… non ci saranno certamente. L’Italia sarà più ricca? L’economia andrà meglio? La crescita sociale, culturale, civile della nazione ne beneficerà? Sempre meno matrimoni, sempre meno famiglie con figli. Le uniche famiglie che crescono dal 2014 ad oggi, sono quelle con un figlio, le famiglie da 2 a 6 figli sono in costante calo, siamo tornati al mito del ‘figlio unico’ che però ha un limite assurdo: si dimezza la popolazione totale del Paese e si dimezzano le pensioni per tutti. Non investire rapidamente e progressivamente su famiglia e natalità, come invece fanno Polonia, Ungheria e dal prossimo anno anche Bulgaria e paesi Baltici, significa solo una cosa: l’Italia proseguirà nella sua desertificazione.

Luca Volontè

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