18/02/2019

Lo scopo della vita è dare la vita: la storia straordinaria di una mamma fiorentina

Essere madri vuol dire dare la vita per i propri figli. Alcune di loro lo fanno letteralmente, fino al sacrificio della vita stessa. Così è stato per la trentasettenne Caterina Morelli, spentasi lo scorso 8 febbraio, dopo una lunga e terribile malattia. Una vicenda che può ricordare, per molti versi, quella della Serva di Dio Chiara Corbella (1984-2012). Tutta Firenze si è stretta nei giorni scorsi intorno alla famiglia di questa giovane donna, in particolare al marito Jonata e ai piccoli Gaia e Giacomo. Sabato scorso, in una gremitissima basilica della Santissima Annunziata, l’estremo saluto a Caterina: più che un funerale, una festa per la sua salita al Cielo. Ancor più sorprendente è stato l’omaggio reso domenica scorsa dalla Curva Fiesole dello stadio Artemio Franchi. «Ciao Cate. Jonny siamo con te»: questo l’affettuoso striscione rivolto dagli ultrà viola al marito di Caterina, durante il match Fiorentina-Napoli.

Messaggi di cordoglio sono giunti anche dal cardinale arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, che ha parlato di una «vita di puro Vangelo», e da don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, in cui Caterina ha militato fin da giovanissima. «Ha dato letteralmente la propria vita per l’opera di un Altro che si è realizzata per un disegno veramente misterioso», scrive Carron. Caterina, «avendo detto il suo ‘sì’ a Cristo, avendo Lui negli occhi, ha lasciato che afferrasse la sua esistenza e la rendesse feconda, radunando intorno a lei un popolo trascinato dal suo sguardo lieto e pieno di carità verso tutti», prosegue il leader di Cl nel suo messaggio.

Laureatasi in medicina a Firenze, Caterina ha conosciuto Jonata nel 2008, allo stadio Franchi (lui è un ultrà del collettivo della Fiorentina) e, nel 2009, è nata la loro prima figlia Gaia. La coppia si sposa il 16 giugno 2012 e pochi giorni dopo scopre di aspettare il secondo figlio. Contemporaneamente, a Caterina viene scoperto un nodulo al seno in stato già avanzato. I medici le consigliano di abortire per potersi sottoporre agevolmente a chemio e radioterapia. Caterina rifiuta e si affida alle cure dei medici del Gruppo Adulto di Milano (associazione di laici legati a Cl), giudicate più compatibili con la salute del bimbo che porta in grembo. Poco dopo ha luogo il primo intervento chirurgico allo Ieo di Milano. Dopo la nascita di Giacomo (febbraio 2013), si sottopone a un ciclo di chemioterapia e ad altre operazioni che sembrano sortire successo. Caterina ritrova le forze e riesce a specializzarsi in Clinica Pediatrica.

Il tumore, però, arriva a recidivare un paio d’anni più tardi con parecchie metastasi al fegato, a un polmone, alle ossa, tali da renderla inoperabile. In questi anni difficilissimi, Caterina non si lascia scoraggiare e trova conforto nella fede. Assieme al marito, organizza pellegrinaggi a Lourdes e Medjugorje per pregare per la sua salute. La sua vicenda suscita la solidarietà e l’affetto di tanti amici vecchi e nuovi, che vanno a trovare Caterina e pregano per lei.

La malattia non le impedisce di dedicare tempo ed energie agli altri: si dedica ai senzatetto e ai disoccupati, ospitandoli spesso in casa e pregando insieme a loro. Assiste inoltre molti piccoli pazienti oncologici ricoverati all’ospedale Meyer e conforta le loro famiglie. Negli stessi anni lavora anche presso l’associazione Ant per le cure domiciliari dei malati terminali. Grazie all’amicizia di Caterina e Jonata, molti di questi sfortunati si sono riavvicinati alla fede e alla Chiesa. La generosità senza risparmio della giovane dottoressa era già emersa quando, da specializzanda, aveva partecipato a un progetto caritativo a sfondo sanitario in Burkina Faso, a cura di Madirò – Medici per lo Sviluppo: la onlus ha ricordato Caterina con un post su Instagram, sottolineando il suo «spirito allegro e dolce rivolto agli altri».

Dal settembre 2018, la situazione precipita e la malattia di Caterina diventa terminale, con metastasi anche al cervello. Gli ultimi giorni sono intensissimi: il 26 gennaio viene celebrata in anticipo la prima comunione di Gaia, per dare l’ultima gioia alla mamma morente. Poi ancora tante visite in casa, compresi vari sacerdoti per celebrare messa e dare la comunione a Caterina. Nel pomeriggio di giovedì 7 febbraio, perde conoscenza e inizia l’agonia. Amici e familiari continuano a pregare intorno a Caterina, in un clima di festa, proprio come lei avrebbe voluto. «Qui c’è veramente un angolo di paradiso sulla terra», ha commentato uno dei frati celebranti in quelle ultime particolarissime settimane. Le prime ore di venerdì 8 febbraio, Caterina nasce al Cielo.

Si conclude così la breve esistenza di una donna il cui principale desiderio del cuore è stato quello di dare la vita per chiunque incontrasse: per il marito, per i figli, per gli amici, per i pazienti, per i bambini africani, per i poveri della sua città. Sempre col sorriso, mai un lamento per la malattia, sempre irradiando allegria intorno a sé: è quello che avviene con i santi. Quelli del Cielo e quelli della porta accanto.

Luca Marcolivio

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