24/02/2018

L’utero in affitto arriva in Cassazione

Ricordate la sentenza del 23 febbraio dello scorso anno (giusto un anno fa!) della Corte d’Appello di Trento, che a proposito di due bambini nati negli Stati Uniti attraverso l’utero in affitto, sanciva che il loro padre biologico e il suo compagno sono i due genitori che compariranno sul loro certificato di nascita?

Adesso il caso, troppo delicato, sarà deciso dalle Sezioni unite della Cassazione. Scrive Il Sole24Ore che secondo il procuratore generale, il ministero dell’Interno e il sindaco di Trento avevano fatto ricorso perché: «la Corte d’Appello ha invaso il campo del legislatore, equiparando coppie omosessuali e famiglie tradizionali».

L’avvocato della coppia di uomini, cui è stata riconosciuta per la prima volta in Italia la possibilità di essere considerati padri di due bambini, è Alexander Schuster di Trento, già legale della coppia di donne che nel 2014 ottenne dal Comune di Roma il riconoscimento del figlio nato in Argentina. Professore a contratto nella facoltà di giurisprudenza di Trento, ideatore e coordinatore di numerosi progetti Lgtb con il sostegno dell’Unione europea, Schuster è attivissimo all’interno del Csg, il Centro di studi interdisciplinari di genere dell’ateneo trentino.

Commentando la sentenza dello scorso anno, che aveva accolto il suo ricorso riconoscendo il diritto di «genitorialità piena», l’avvocato aveva detto: «Sarebbe innaturale che in Trentino ci fossero solo due papà con questa ambizione». Ora, come giustamente titola Il Sole24Ore: «I giudici prendono tempo sui genitori omosex».

Ma c’è un problema a monte: la legittimazione della pratica dell’utero in affitto che è contro ogni legge di natura, ogni logica razionale, e ogni morale, e che – se comunque dovesse essere permesso (e ci auguriamo davvero di no) – dovrebbe essere normato dal parlamento, perché ancora il principio della separazione dei poteri dovrebbe essere rispettato.

O ci arrendiamo al totalitarismo delle toghe?

Redazione


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