15/07/2019

Mass media e pedofilia. I pericoli di una comunicazione che la vuole favorire

I mass media intendono promuovere la pedofilia? Solo il porsi una simile domanda a molti apparirà come una provocazione gratuita e infondata. Eppure esistono molteplici elementi per immaginare come, sia pure in forma sotterranea e indiretta, il mondo della comunicazione possa effettivamente svolgere un ruolo nello sdoganamento degli abusi sui minori. In che modo? Le strategie da sviscerare sarebbero molteplici e richiederebbero ben altri spazi che quelli di un articolo, ma possiamo qui esporne comunque tre.

La prima è la scomparsa delle cronache del termine «pedofilia», che ormai viene impiegato solamente quando di mezzo c’è un presunto pedofilo prete: in quel caso, nessun vocabolo apparirà sufficientemente crudo e in grado di esprimere indignazione. In altri contesti, invece, tende ad affermarsi il ricorso ai termini «abusi» o «violenze», sempre termini gravi evidentemente ma, pur essendo corretti, connotati da una maggiore vaghezza che allontana il telespettatore o l’ascoltatore dall’orrore che diversamente sperimenterebbe.

Una seconda strategia mediatica pro pedofilia sta poi nel presentare i rapporti con minori non sempre come negativi. Il tentativo, in questo caso, è cioè quello di raccontare positivamente se non di incensare storie d’amore che avrebbero – per gli squilibri anagrafici che presentano tra i soggetti in causa – tutti i connotati di una perversione, ma che una certa narrazione riesce a presentare in modo accattivante, romantico, del tutto normale. Un caso da manuale da questo punto di vista è quello del presidente francese Macron e della moglie Brigitte.

Una terza tattica pro pedofilia, conseguente alla seconda, sta nel vagheggiare dell’esistenza di un non meglio precisato “diritto” del minore a sperimentare determinati rapporti. Una volta cioè che si arriva ad affermare l’ipotesi che rapporti tra adulti e minori sono talvolta da ritenere leciti, il passo successivo per rafforzare questo pensiero è quello di sottolineare che tale liceità poggi anche su un “diritto”: quello, come si diceva, del minore a poter esprimere i propri sentimenti, anche sul versante sessuale, con chicchessia. Adulti inclusi.

Naturalmente tutte e tre queste strategie mediatiche si basano, a loro volta, su un programma di progressiva gradualità che è quello definito dalla cosiddetta “finestra di Overton”, ossia dal principio – messo a punto da Joseph P. Overton (1960-2003) – secondo cui affinché un’idea dapprima rigettata come intollerabile diventi accettata se non perfino desiderata, è opportuno che si proceda a piccoli passi, con la consapevolezza che, con il tempo, gli atteggiamenti sociali possono modificarsi anche in modo radicale. Basta avere pazienza e sapersi muovere secondo i dettami della “finestra” che si vuole spalancare.

Ora, viene da chiedersi, esistono dei rimedi a tutto ciò? Come si può arrestare l’ambigua ma attiva strategia mediatica pro pedofilia? Il potere dei media potrebbe far pensar a qualcuno che si tratti di una battaglia inutile, già persa in partenza. Invece esistono numerosi esempi storici, che qui manca lo spazio di esporre, che ci parlano di rivoluzioni insperate e di vittorie positive avvenute proprio quando tutto pareva perduto. Ad avvantaggiarci, nella lotta per la difesa dei bambini dalla pedofilia, c’è un elemento, ossia il rifiuto incondizionato che in molti ancora suscita l’idea stessa dei rapporti tra adulti e minori. È un elemento di vantaggio, oltre che di buon senso, di cui conviene far tesoro in questa dura ma decisiva battaglia.

Giuliano Guzzo

 

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