26/12/2015

Matrimonio gay – Una lettera aperta al Movimento 5 Stelle

Alcune settimane fa Lorenzo Borré, sull’Intellettuale dissidente, ha posto alcune domande “laiche e pacate” sul matrimonio gay al portavoce del Movimento a 5 Stelle, formazione politica cui è regolarmente iscritto.

Riproponiamo integralmente la lettera e invitiamo alla riflessione tutti, in specie gli aderenti e simpatizzanti del M5S.

Caro Portavoce,

sono un iscritto (certificato) al M5S dal luglio 2012 e ritengo opportuno sottoporti queste pacate, laiche riflessioni sulla posizione scelta dal Gruppo Parlamentare M5S a proposito del DDL Cirinnà.

La discussione al Senato del DDL Cirinnà porrà il M5S davanti a un bivio: o l’attuazione dell’imperativo categorico del “tutti a casa”, facendo mancare il sostegno al Governo ed evidenziando la fine della maggioranza parlamentare, o il supporto indiretto al Premier su una questione divisiva che non faceva parte del programma elettorale del M5S, ma su cui “Renzi ha messo la faccia” e che è sostenuta dal mantra dei liberisti del “ce lo chiede l’Europa”.

La scelta che farà il Gruppo Parlamentare, peraltro più volte preannunciata, sarà -sembra di capire- quella della totale adesione all’impianto del DDL, coerentemente con l’iniziativa del maggio 2013, allorchè un nutrito drappello di Senatori eletti nelle liste del M5S presentò, come prima iniziativa parlamentare “di bandiera”, un trittico di DDL elaborati dalla Rete Lenford (Associazione di avvocati e giuristi specializzati nelle tematiche delle rivendicazioni LGBT): il primo (391) sulla regolamentazione del cambiamento di sesso, il secondo (392) che è il clone del DDL Scalfarotto presentato alla Camera, e il DDL 393 sul matrimonio omosessuale che all’art. 3 prevede l’introduzione dell’istituto “della filiazione tra persone dello stesso sesso coniugate”, in forza del quale “Il coniuge dello stesso sesso è considerato genitore del figlio dell’altro coniuge fin dal momento del concepimento in costanza di matrimonio, anche quando il concepimento avviene mediante il ricorso a tecniche di riproduzione medicalmente assistita, inclusa la maternità surrogata”, nonché l’abrogazione del divieto al ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e quella del divieto di anonimato della madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita” e ad ottenere il riconoscimento del “diritto” di filiazione attraverso le procedure eterologhe.

In buona sostanza il DDL in questione mira a introdurre nel nostro Ordinamento l’istituto della filiazione omogenitoriale attuata attraverso la fecondazione eterologa e/o la maternità surrogata e quindi a fondare uno statuto antropologico incentrato:

1) sulla orfanizzazione programmatica del nascituro, al quale viene precluso -recidendolo- ogni legame con uno dei due genitori biologici e ciò, per quanto riguarda la maternità surrogata, in palese violazione del Sesto Principio della Dichiarazione Universale dei Diritti del fanciullo (secondo il quale “salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non può essere separato dalla madre”) e sulla negazione del diritto del nascituro a conoscere l’identità di entrambi i genitori biologici e a mantenere un rapporto affettivo con loro;

2) sulla sostituzione del legame socioaffettivo tra genitori con la regolamentazione contrattuale della intera procedura di PMA e sulla deresponsabilizzazione genitoriale del Donatore/Surrogante;

3) sulla sostituzione della sessualità riproduttiva con procedimenti standardizzati di produzione del vivente (peraltro non legati alla condizione di sterilità assoluta del singolo componente della coppia, ma alla semplice volontà di avvalersi di detta procedura da parte di coppie dello stesso sesso).

4) sulla mercificazione del vivente propria di dette procedure (utero in affitto, cessione di gameti). Il DDL denota[va] dunque un’impostazione fondata, in ultima analisi, sulla rivendicazione di diritti che si basano sulla “cosificazione” (rectius: reificazione) dell’uomo, sottoponendo il vivente alla logica delle leggi di mercato: come sopra accennato, infatti, l’intero sistema procreativo artificiale si fonda su un atto dispositivo del nascituro in cui il legame sociale e il rapporto sessuale generativo tra un uomo e una donna sono sostituiti da una transazione di natura privatistica che ha ad oggetto la produzione di un essere umano.

Questa ideologia dei diritti civili si salda a sua volta con l’ideologia della Forma Capitale, in quanto l’uomo, il vivente, viene trasformato in un segmento del processo di produzione, sposando una concezione del diritto che cambia i propri orizzonti, non avendo più come riferimento il Bene Comune, ma -nuovamente- i diritti assoluti dell’individuo. L’individuo diventa il fulcro, il centro di una nuova concezione della società, in base alla quale è sufficiente un atto di volontà, unito alla consapevolezza di avvalersi di una procedura di procreazione artificiale, per costituire un rapporto di filiazione; questa, lungi da essere una mia interpretazione, è un principio di diritto positivo sancito da diverse pronunce giurisprudenziali, le quali -rifacendosi all’ideologia assolutista dei diritti individuali- hanno univocamente affermato che in base al principio di autodeterminazione dell’individuo è possibile sovvertire il principio, fondamentale nel nostro statuto antropologico, secondo cui il rapporto di filiazione si basa sulla discendenza genetica. E veniamo al DDL Cirinnà.

L’impostazione del DDL 393 è la stessa che permea il DDL Cirinna, il cui artt. 5 recita: «All’articolo 44 lettera b) della legge 4 maggio 1983, n. 184 dopo la parola “coniuge” sono inserite le parole “dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”». L’art. 44 della 184 novellato sarebbe pertanto del seguente tenore: “ I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7: a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre; b) dal coniuge o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge; c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre; d) quando vi sia la constatata impossibilita’ di affidamento preadottivo”.

Si tratta dunque della sostituzione dell’istituto della “filiazione omogenitoriale” con quello dell’”adozione omogenitoriale”, istituti che però sono sostanzialmente accomunati dagli stessi principi in quanto nella categoria di “figlio biologico dell’altro partner” rientra il figlio prodotto con le procedure di PMA citate dall’art. 3 del DDL 393, di talchè l’approvazione di detta norma sarebbe un esplicito viatico a questa procedura di parafiliazione basata sulla mercificazione del vivente e sullo sfruttamento del corpo umano a fini riproduttivi. Convinzione rafforzata dalla preclusione “di fatto” dell’applicabilità della norma di salvaguardia di cui all’art. 46 L. 184/83, che preclude l’adozione de qua in caso di opposizione dell’altro genitore biologico, in quanto nella fattispecie l’altro genitore biologico è ignoto.

Fatte queste riflessioni, si precisa che chi scrive è convinto che il sostegno al DDL Cirinnà sia, nelle modalità e nel merito, ascrivibile alla volontà del gruppo parlamentare del M5S, ma non al M5S come soggetto politico. Sul punto, a prevenire l’obiezione che l’85% degli iscritti al Mov. si è espresso a favore, deve osservarsi che il quesito posto sul portale del Movimento in ordine all’essere “favorevoli o contrari” alle Unioni Civili non consente affatto di affermare che il “mandato” conferito dai votanti riguardasse l’aspetto dell’adozione di figli prodotti con la fecondazione eterologa e/o la maternità surrogata (ovvero, si ripete, con procedure in cui la condizione di orfano del minore è predeterminata da chi vi ricorre).

E invero, anche a non voler considerare che il sondaggio è stato minato dal fatto che nel corso delle votazioni è cambiato il tenore letterale del quesito (inizialmente era riportato l’ambiguo inciso che le unioni civili non contemplavano l’adozione “di minori estranei alla coppia”, mentre il quesito formulato nella seconda parte della giornata glissava completamente sulla questione) deve ritenersi pacifico che la questione sia talmente complessa e articolata da dover essere affrontata, ponderata e decisa in ogni sua singola parte e quindi esser sottoposta ad un nuovo sondaggio che faccia espresso riferimento alla fattispecie dell’adozione del figlio biologico del partner. Non solo: la “fuga in avanti” di quanti che sostengono il DDL Cirinnà nella sua interezza, mal si concilia con il principio politico chiarito nel comunicato del Blog il 10.10.2013, intitolato “qualche precisazione sul metodo M5S” che si riporta testualmente: “ Qualche precisazione sul metodo di relazione tra eletti, iscritti e elettori del M5S per la formulazione di nuove leggi.

1. L’eletto portavoce ha come compito l’attuazione del Programma del M5S

2. In caso di nuove leggi di rilevanza sociale non previste dal Programma, come può essere l’abolizione del reato di clandestinità, queste devono essere prima discusse in assemblea dai proponenti e quindi proposte all’approvazione del M5S attraverso il blog;

3. In caso di approvazione, i nuovi punti saranno inseriti nel Programma che sarà sottoposto agli elettori nella successiva consultazione elettorale“.

In applicazione di tale principio i parlamentari dovrebbero dunque astenersi dal votare il DDL Cirinnà. Ma la questione presenta anche risvolti pragmatici: nel momento in cui il M5S ha l’occasione storica di far cadere il Governo Renzi e mandare tutti a casa, non appoggiando un DDL su cui il premier ha messo la faccia, come sarebbe accolta dall’elettorato la riduzione del M5S a truppa di complemento in surroga delle defezioni interne del PD, con funzioni di salvatrice del Governo?

La speranza è l’ultima a morire e chi scrive è convinto che la missione del Movimento grillino sia quella di mandare a casa questi governanti e non quella di aiutarli a rimanere in sella. Chiudo pertanto queste riflessioni facendo mie quelle del filosofo Pietro Barcellona, sperando che spingano alla riflessione chi di dovere: “Proporre alla società l’idea che i figli si possano produrre su commissione e con meccanismi artificiali induce nell’individuo contemporaneo l’illusione di un’onnipotenza sulla natura che, come la nostra società dimostra, produce effetti catastrofici. Si possono capire le spinte individualistico-liberali che caratterizzano un’epoca di neoliberismo selvaggio in cui sono stati sciolti e cancellati tutti i legami sociali e il destino dell’umanità non è più un affare collettivo; ma bisogna per lo meno produrre un dibattito pubblico in cui sia chiara la posta in gioco di tutte le istanze libertarie e dei nuovi diritti che sembrano costellare le nostre giornate”.

Mi limito a chiudere queste considerazioni con questa banale riflessione: è veramente strano che da tante parti della società si invochi la necessità di misure contro la brutale logica dei mercati finanziari di sottrarre alle decisioni individuali tutto ciò che attiene al cosiddetto bene comune, e che si invochino giustamente limiti alla ricchezza in nome della solidarietà e dell’equità redistributiva, e che poi invece si affidi assolutamente all’arbitrio individuale ciò che riguarda la vita e la morte dei membri della comunità nazionale (intesa naturalmente non come organismo ma come insieme di gruppi). Non ci si può battere per una visione solidaristica che tende giustamente a limitare l’arbitrio individuale nell’uso delle risorse naturali e poi si proclami la radicale libertà individuale nei campi della vita e della morte dove si sviluppa e costruisce l’identità culturale dell’intera società.”.

Il M5S è a un bivio: dimostrare che il suo orizzonte politico è il Bene Comune fondato sulla volontà popolare o salvare il Governo Renzi pur di far approvare un DDL che, se sol si pensi allo sfondamento della quota 40% della disoccupazione giovanile, non costituisce una priorità per il Paese e comunque non giustifica quelle forzature delle prassi costituzionali di cui si legge oggi sui giornali (salto della discussione in commissione).

 

Cordiali saluti,

Lorenzo Borré

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