30/09/2018

Natalità, parla Gotti Tedeschi: “Si può sperare in Fontana”

Culle vuote e pacchetto denatalità per invertire la tendenza italiana: il tasso di nascite più basso d’Europa. Cambiare rotta è un dovere non solo sociale, ma anche economico. Il futuro della società è legato a doppio filo all’incremento della popolazione. ProVita ha intervistato Ettore Gotti Tedeschi, già banchiere dello Ior ed economista esperto in tema di andamento demografico, che avverte: «Si può sperare in Lorenzo Fontana ».

È una necessità indifferibile quella di invertire la dinamica demografica”. Partiamo da qui. Quanto è vero per il nostro Paese?

«La risposta dovrebbe essere sì, è una necessità fondamentale e strategica da tantissimi punti di vista, morali, sociali, politici, economici etc. Ma, ahimè, non riesco a credere che ciò possa avvenire. La cultura anti-vita, anti-famiglia e figli è dominante e l’autorità morale pensa più ai migranti, all’ambiente e al debito pubblico piuttosto che alla vita. Se manca il conforto e l’incoraggiamento dell’autorità morale, in chi si può sperare? Bene, oggi c’è una risposta, si può sperare in Lorenzo Fontana, ministro della famiglia».

E infatti il ministro Fontana ha presentato un pacchetto di proposte per il rilancio della natalità che verte sia sugli sgravi fiscali che sui servizi. Non si conoscono i dettagli ancora, ma lei a cosa penserebbe?

«Beh, non li conosco neppure io naturalmente, ma Fontana è una persona con le idee chiare e capacità elevate, oltre che avere il senso della vita, ed il senso del soprannaturale. Immagino abbia anche adeguati consiglieri per questo progetto di rilancio natalità».

Sono indispensabili una serie di incentivi di carattere strutturale per la natalità, dice il ministro. Ma basteranno?

«Quando vedrò il pacchetto di incentivi potrò capire meglio. La domanda “basteranno?” però merita di essere approfondita. Basteranno a che? A far nascere nuove famiglie? A fare più figli? A fare crescere il PIL? Io sognerei che si riprendesse il senso della vita della famiglia e dei figli.

Se la domanda è “basteranno a fare crescere il Pil”, la mia risposta è la seguente. I figli si possono fare in tanti modi, senza sposarsi e senza far sesso, quello che per me conta è che i figli oltre a farli bisogna educarli. Allora il valore per la società diviene alto e la crescita ha un valore. Ricordo poi alcuni riferimenti numerici. Un figlio a coppia (in prospettiva e come esempio campione) significa dimezzamento della popolazione, due figli a coppia significa crescita zero o tasso di sostituzione. Tre figli o più a coppia significa crescita. Mia impressione è che la “cultura dominante globale” (che abbiamo visto ben operare negli ultimi 40 anni), spieghi la non natalità con ragioni economiche e spinga per un figlio a coppia ( il figlio “consolatorio”), cioè decrescita della popolazione (con conseguente decrescita economica), perché detta cultura dominante e gnostica considera la creatura umana cancro della natura ed è più preoccupata a difendere l’ambiente che non la vita. Questa preoccupazione non solo è sbagliata ma produce effetti opposti a quelli dichiarati».

È solo un problema economico la scelta di non fare più figli?

«No di certo, ma questo è un argomento ormai scontato. La scelta di non fare più figli è scelta culturale, voluta o subita, di visione gnostica. La domanda di base torna ad essere antropologica: cosa è un figlio?».

Quanto è importante l’inversione di tendenza che un governo imprime? E quanto è necessario?

«È molto importante, è persino determinante. Dimostra quanto un governo abbia a cuore realmente il bene della società. Si tenga conto che se un governo ha il coraggio di affrontare realisticamente questo tema, fa implicitamente una dichiarazione chiarissima: “Questo governo ama la vita umana, vuole governare per valorizzare la vita umana e crede nella famiglia. Le altre attività di governo sono a supporto di questa centralità della persona umana”. Inoltre dichiarerebbe che privilegia le idee, anche ideali, alla realtà conseguenza di idee sbagliate. Affermerebbe che vuole ritornare ad una forma di governo fondata su valori alti, non ad una forma di governo nichilista che ignora valori ed opera secondo prassi».

Marta Moriconi

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