23/09/2016

Pedofilia: camminiamo verso una progressiva normalizzazione?

La recente intervista rilasciata da Don Fortunato di Noto, dopo l’esclusione di Meter dall’Osservatorio per il contrasto alla pedofilia e della pornografia minorile, ha prodotto la solita, prevedibile ondata di critiche.

Guai a chi si azzarda a constatare l’evidente: ideologia gender, mentalità omosessualista e pedofilia sono strettamente collegate.

Rileva opportunamente Di Noto: «Noi sappiamo benissimo che ci sono frange internazionali che fanno forti pressioni affinché il bambino diventi un uomo indistinto dal punto di vista sessuale. Questo fa il gioco dei pedofili perché loro guardano ai bambini al di là del sesso di appartenenza. I pedofili sono attratti dai bambini prepuberi. [...] Per il pedofilo ha poca importanza il sesso del bambino, che sia maschio o femmina. [...] Allora il gender si collega a questi moti relativisti culturali, ecco possiamo dire che il gender crea un terreno fertile a queste tendenze. Insomma in natura nasciamo maschi o femmine e negare questo crea già qualcosa di sbagliato».

Ha chiaramente ragione. E, come abbiamo già visto qualche tempo fa, è possibile proseguire l’argomento anche su un altro versante (1).

Per la mentalità omosessualista i bambini non devono più avere il diritto a crescere col proprio padre e con la propria madre. L’art. 7 della Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo (2) dovrà essere cancellato. Per un motivo molto semplice: se è vero che uomini e donne sono uguali, che le differenze sono solo culturali (cioè slegate da ciò che maschio e femmina incarnano, a partire dalla dimensione psico-fisica: ovvero l’unica differenza complementare da cui si genera una nuova vita umana), se è vera insomma l’ideologia dell’indifferentismo sessuale, allora ne consegue che per il bambino sarà appunto “indifferente” crescere con due uomini o con due donne (o con tre, quattro, o un numero indistinto di “genitori sociali”, come suggeriva Giuseppina La Delfa), invece che con mamma e papà.

Anche in questo caso è del tutto evidente: poiché in una coppia dello stesso sesso non si genera nulla, “per sostanza e non per accidente” (ovvero per come la coppia è fatta, e non per malattia, età, o altro), ne consegue che i bambini devono essere presi altrove. Se si vuole davvero “normalizzare”, acquisire esteriormente l’apparenza di una famiglia “normale” (per poi logicamente accampare i diritti che sono propri di ogni famiglia), i bambini sono indispensabili. In qualche modo devono essere acquisiti.

O, meglio, acquistati.

Assistiamo così alla mercificazione della vita umana e al necessario passaggio dalla generazione naturale alla fabbricazione su ordinazione, con tutto il correlato mercato economico che si viene a creare: lo sperma di un donatore incontra un ovulo, un utero viene affittato, si redige un contratto, e così via: in un modo o nell’altro il bambino viene progettato, letteralmente costruito, prodotto e quindi venduto o al massimo ceduto alla coppia acquirente. Occorrono Agenzie, medici, laboratori, donne che mettono il proprio utero in affitto, avvocati, assicurazioni, e chissà cos’altro. Un giro economico spaventoso.

Ed è del tutto logico che in questo modo il nascituro non possa poi reclamare alcun diritto al padre o alla madre: gli è stato negato, ancor prima di nascere. Come si potrebbe tornare indietro?

Ma un minimo di logica consequenziale porta poi a questa’altra domanda: se neghiamo al bambino il diritto al padre o alla madre, che cosa ci impedisce di negare via via gli altri diritti inalienabili della persona umana? Perché dovremmo fermarci qui, visto che i primi paletti sono stati scavalcati?

È qui che entra in gioco il meccanismo del controllo e della manipolazione sociale ben descritto da Josef Overton: bisogna convincere le persone che i bambini deprivati di padre o di madre ed impiantati in coppie dello stesso sesso stanno benissimo e non hanno subito alcun danno. E bisogna fare in modo che a dirlo siano prestigiose riviste, che pubblicano ricerche “scientifiche”, finanziate e mirate a questo scopo. Chiunque farà rilevare che sono ideologicamente condizionate e metodologicamente inaffidabili, verrà immediatamente accusato di omofobia (3). È così che passa in secondo piano il punto fondamentale del processo: la riduzione di esseri umani da soggetti di diritto ad oggetti di (presunti) diritti altrui.

Ma non è finita, purtroppo. Se il bambino viene ridotto – secondo l’azzeccata definizione di Claudio Risé – ad “adorabile oggetto di consumo” (4), il processo sarà definitivamente portato a termine quando la scienza ci dirà – gradualmente e in modo impercettibile, come Overton insegna – che tutto sommato una pedofilia soft è accettabile, in quanto non provoca danni. Concesso questo, si passserà via via a gradini ulteriori, fino a farci accettare l’idea che tra adulti e bambini ci possono essere rapporti erotici. Lo dice, lo dirà la scienza, quindi ci sarà poco da ribattere.

Voi dite che è un’esagerazione? Nient’affatto. Pensateci un attimo: se possiamo negare il padre o la madre perché la scienza ci dice che un bambino vive bene anche senza, perché dovremmo negare la legittimità di scambi erotici tra adulti e bambini se anche in questo caso la scienza ci dice che “non ci sono danni”?

Pensate che sia un evento futuristico, di là da venire? Sbagliato.

Siamo già in piena campagna di sessualizzazione del bambino. Per non dire peggio. Dal 2014 – per esempio – illustri professori, sociologi e psichiatri, educatori, assistenti sociali, intellettuali e politici, pubblicamente e apertamente, in consessi di prestigio internazionale (da ultimo una conferenza a Cambridge), sostengono apertamente che la pedofilia è normale, per uomini normali. Se non c’è violenza, e con la dovuta “educazione”, per i bambini è piacevole e naturale intrattenere rapporti sessuali, anche con gli adulti. «I pedofili sono una categoria ingiustamente demonizzata…» (5). E poi ancora – sempre per esempio – pensiamo al caso di quell’articolo di  Jack Minor, dal Northern Colorado Gazette, che si intitolava sintomaticamente: «I pedofili vogliono gli stessi diritti degli omosessuali». L’attrazione per i bambini è già diventato un orientamento sessuale come tanti, una variante tra le altre, un altro dei “generi” in voga. È un’altra delle pulsioni che ormai abbiamo imparato ad elevare al rango di “diritto”.

Del resto dal canto loro – come aveva rilevato anche Francesca Romana Poleggi – «gli psichiatri stanno facendo in modo di derubricare anche la pedofilia dalle malattie mentali, così come avevano fatto per l’omosessualità negli anni ’70.  Un gruppo di professionisti ha proposto di modificare la definizione di pedofilia contenuta nel Manuale di diagnostica e statistica dei disordini mentali: non più “pedofili”, ma “persone attratte dai minori”, perché bisogna aiutare i professionisti della mente umana a comprendere detti soggetti, aldilà degli “stereotipi” e dei pregiudizi costruiti dalla società. Infatti, secondo loro, gli effetti negativi del sesso tra adulti e bambini sono stati eccessivamente sovrastimati: la grande maggioranza delle persone che ha avuto rapporti con adulti durante l’infanzia  non ha riportato conseguenze sessuali negative una volta raggiunta la maturità» (6). Un’altra finestra di Overton che si apre.

Lo stesso movimento avviene sul piano politico. Da anni il lavoro del partito dei pedofili è monitorato con attenzione, preoccupazione ed ultimamente con allarme dagli osservatori più accorti. Tra gli intellettuali e cattedratici che hanno sposato la mala causa, Tommaso Scandroglio sulla Nuova Bussola Quotidiana ha segnalato Margo Kaplan, docente alla Rutgers School of Law di Camden: la professoressa ha scritto un articolo sul New York Times intitolato Pedofilia: un disturbo e non un crimine (Pedophilia: A Disorder, Not a Crime). È interessante notare, con Scandroglio, come la tecnica usata per legittimare i pedofili sia la stessa che è stata messa in pratica per la legittimazione dell’omosessualità: un passo alla volta, una degradazione impercettibile. Proprio come Overton insegna: «un primo passo per rendere accettabile una condotta o una condizione è affermare che non è poi così rara. Scrive la Kaplan: “Secondo alcune stime, l’1 per cento della popolazione maschile continua, molto tempo dopo la pubertà, a sentirsi attratto da bambini in età prepuberale”. La pedofilia è quindi una realtà sociale, un fenomeno che esiste ed esiste accanto a noi».

Intanto già da tempo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dice che la pedofilia è un disturbo solo se «provoca un disagio o difficoltà interpersonali». Quindi un pedofilo sereno non soffre di alcun disturbo; se il bambino è “consenziente”, il “disturbo” magicamente scompare.

Secondo passo: «La pedofilia è uno stato e non un atto. […] Circa la metà di tutti i pedofili non sono sessualmente attratti da loro vittime» dice la professoressa. Quindi la metà dei pedofili sono persone per bene, che i bambini neanche li toccano. Ma se non ne sono attratti sessualmente che pedofili sono? Ci vuole far credere che tutti coloro che amano i bambini – educatori, intrattenitori, baby sitter – sono pedofili? (7).

E il cosiddetto “mondo scientifico”? Non si sottrae di certo alla regola. Logico. In Inghilterra sono i docenti accademici a stabilire che «è normale voler fare sesso con i bambini» (8).

Basterà dare un’occhiata al testo originale per restare a bocca aperta: «Paedophilia is natural and normal for males». Niente male, come salto in avanti verso il progresso. Tanto, “lo dicono gli scienziati“. Giusto? Quindi, che c’è di male?

Anche i “grandi” pensatori contemporanei si stanno muovendo in questo senso. Qualcuno ha già lasciato intendere che i pedofili sono una categoria ingiustamente demonizzata, come un tempo era quella degli omosessuali. Overton docet, anche in questo caso: si veda per esempio il caso di Richard Dawkins che ha paertamente sostenuto una “pedofilia mite” (9).

Come è facile constatare il meccanismo è abbastanza semplice, anche se a quanto pare inarrestabile. Un passo alla volta, attraverso la giustapposizione di una neo-lingua ad hoc, la manipolazione sociale raggiunge l’obiettivo desiderato: far credere che la scienza è in grado di stabilire ciò che è bene o male per l’uomo, una serie di piccoli cambiamenti che vengono imposti con gradualità quasi impercettibile, ma che condurranno inevitabilemete alla totale degradazione dell’essere umano, a partire dai più piccoli e indifesi. Per questa via, i bambini saranno completamente ridotti ad oggetto di consumo. Perché no, anche sessuale.

A questo miscuglio di immaturità critica (se non si tratta di una vera e propria psicosi sociale), d’incapacità di cogliere anche le più evidenti fallacie logiche nelle pseudo argomentazioni che ci vogliono imporre come verità indiscutibili, dobbiamo rispondere che la Sociologia e la Psicologia non sono scienze dure, non dimostrano alcunché e non sono in grado di esibire se non ipotesi e congetture, destinate ad essere superate, confutate, corrette. Spesso in breve tempo. Le scienze umane non sono in grado di dirci nulla di vincolante sul piano etico.

Anche se per assurdo la “scienza” ci dicesse un domani che una “pedofilia mite” non provoca danni durevoli ad un bambino, noi dovremmo comunque rifutarla, in quanto ferisce la dignità e la scarlità dell’uomo, piccolo o grande che sia. Esattamente lo stesso motivo per cui oggi ci opponiamo alla deprivazione violenta di padre o madre che avviene per i bambini introdotti in coppie omosessuali con i trucchi più disparati e la complicità di leggi ingiuste. Anche se alcuni “scienziati” ci vogliono far credere che un bambino può vivere benissimo senza mamma. Mentre, chissà perché, due omosessuali non possono vivere senza un bambino.

Alessandro Benigni


Note:

(1) Per una trattazione più estesa: Sui legami tra omosessualismo e pedofilismoparte prima e parte seconda

(2) Testualmente: «Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi».

(3) Per una rilettura di questo punto si vedano: E’ omofobia difendere i diritti dei bambini? e Come l’ideologia condiziona le ricerche sulle adozioni in coppie dello stesso sesso.

(4) Consiglio tra l’altro la lettura dell’articolo di Uccr, in cui si dà conto della presa di posizione dello psicanalista Claudio Risè, sociologo e già docente di Psicologia dell’Educazione all’Università di Milano ed esperto del campo educativo, riguardo la moda odierna di dare ai bambini due padri, due madri o qualche nonna-madre: «l’essere umano – afferma Risé – non viene più considerato come una persona con un suo corpo, ma solo come un oggetto prefabbricato. Qui si sta organizzando la produzione di bambini come adorabili oggetti di consumo»

(5) Qui l’articolo integrale, tratto dal numero speciale di Notizie ProVita sulla pedofilia.

(6) Qui l’articolo integrale: I diritti dei … pedofili.

(7) Qui l’articolo integrale: Pedofilia: un “disturbo”, non un crimine.

(8) Si veda, per esempio, l’articolo di Tempi, a firma di Benedetta Frigerio: Il pedofilo seriale Jimmy Savile non era nessuno. In Inghilterra sono i professoroni a dire che «è normale voler fare sesso con i bambini».

(9) Si veda a questo proposito l’articolo: Il biologo ultrà dell’ateismo Dawkins apre alla «pedofilia mite». «Peggio l’educazione cattolica».

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