03/11/2017

Salute, popolazione, ecologia

In occasione della Conferenza organizzata in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze, dal titolo “La salute delle persone e la salute del pianeta: la nostra responsabilità”, abbiamo scritto delle nostre perplessità sulla ampia rappresentanza  della lobby ecologista e anti-natalista che non dovrebbe essere in sintonia con il pensiero di un’accademia pontificia.

Tra gli ospiti di spicco, l’economista Jeffrey Sachs, un paladino del controllo delle nascite.

Riccardo Cascioli, su La Nuova Bussola Quotidiana, ci offre una prospettiva critica dell’ideologia dominante – ahinoi – in seno alla Conferenza vaticana, che merita d’esser rilanciata.


Chi è Sachs, un economista di successo

Jeffrey Sachs, celebrato come uno dei più importanti e influenti economisti e ormai ospite fisso in Vaticano, è la figura chiave per capire il cambiamento della posizione della Santa Sede nell’affronto dei problemi legati a popolazione, sviluppo e ambiente.
Sachs ha avuto una rapida e brillante carriera come economista ed è diventato presto una figura importante alle Nazioni Unite, specialmente con due segretari generali: Kofi Annan, per il quale ha dato un grosso contributo nella stesura dei Millennium Goals; e Ban Ki-moon, con cui ha collaborato nella preparazione dei 17 Obiettivi di Sviluppo sostenibile. Per due volte Sachs è stato anche inserito nella speciale classifica del settimanale Time dei 100 personaggi più influenti al mondo. Gradualmente ha dedicato tutta la sua vita professionale allo “sviluppo sostenibile”: dal 2002 al 2016 è stato direttore dell’Earth Institute alla Columbia University, e oggi è direttore sia del Center for Sustainable Development sia del UN Sustainable Development Solutions Network. A buon ragione si può affermare che oggi Sachs è senza dubbio un vero guru dello “sviluppo sostenibile”, concetto che è un pilastro del pensiero neo-malthusiano.

Lo “sviluppo sostenibile”, la povertà e la salute

Secondo Sachs, lo “sviluppo sostenibile” è la risposta alla povertà. Di lui si dice infatti che sia stato scioccato dalla povertà vista durante un viaggio in Africa negli anni ‘90. Il concetto di sviluppo sostenibile, dice Sachs, «richiede un approccio unitario ai cambiamenti della società invece che perseguire soltanto la crescita economica». Tale approccio mette in relazione sviluppo economico, sostenibilità ambientale e popolazione; popolazione che, secondo lo schema tipico neo-malthusiano, mette eccessiva pressione sia sullo sviluppo economico sia sull’ambiente. Per questo il tema della sovrappopolazione e del controllo delle nascite è costantemente presente negli interventi di Sachs. Prendiamo ad esempio un’intervista rilasciata al Sunday Times il 15 aprile 2007, dal titolo già indicativo: «Siamo in troppi per poter stare bene». Alcuni passaggi: «Un tema globale è che il mondo è diventato estremamente affollato. Esercitiamo una pressione senza precedenti sull’ambiente della Terra, 6.5 miliardi di persone che emettono ogni anno 7 miliardi di tonnellate di carbonio in atmosfera….».

Per star bene in salute bisogna limitare le nascite

Basterebbe questo per capire subito che ci troviamo davanti a un fondamentalista del controllo delle nascite, ma è necessario anche citare il libro che lo ha reso famoso in tutto il mondo, “The End of Poverty” (La fine della povertà), dove tanti sono i riferimenti alla necessità di intervenire drasticamente per ridurre la fertilità se si vuole sconfiggere la povertà. Ovviamente la diffusione massiccia di ogni tipo di “contraccezione moderna” è la ricetta stabilita. Insomma è chiaro che per Jeffrey Sachs la guerra contro la povertà è di fatto una guerra per eliminare i poveri.

Ma cosa è lo “sviluppo sostenibile”?

A questo punto è anche importante capire bene il significato del concetto di “sviluppo sostenibile”, soprattutto da dove nasce la “sostenibilità”. Scopriamo così che l’adozione di questo termine, ovviamente non casuale, costituisce il classico esempio di trasferimento di una teoria scientifica dal mondo della biologia al mondo umano, tipico di una cultura centrata sul darwinismo sociale, ideologia che tende a negare l’unicità della specie umana rispetto alle altre specie animali.

L’origine biologica della “sostenibilità”

Infatti l’origine biologica della “sostenibilità” si fa risalire agli anni ’50 del XX secolo, ad esempio nello studio del comportamento dei pesci, ovvero dal rapporto tra la dinamica della popolazione ittica con la quantità di pesce. Il tutto allo scopo di stabilire il “pescato sostenibile”, dato dalla popolazione ottimale da mantenere per garantire il massimo possibile di pescato. Negli anni ’70 questo concetto, nato per merluzzi e orate, viene applicato alla specie umana; così si comincia a introdurre, seppure ancora vagamente, l’idea di uno sviluppo sostenibile che tenga insieme sviluppo economico e rispetto dell’ambiente. Questi sono anche gli anni del Club di Roma con il suo rapporto su “I limiti dello sviluppo” che identifica quattro percoli letali per l’umanità: l’esplosione della popolazione, la scarsità di cibo, la scarsità di risorse, la crisi energetica.

La commissione Brundtland e le conferenze sulla salute riproduttiva

Toccherà comunque più tardi alla Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo (detta anche Commissione Brundtland, dal nome dell’ex premier norvegese che la presiedeva) definire con precisione il concetto di “sviluppo sostenibile”. Istituita nel 1983, terminò i suoi lavori nel 1987 con la pubblicazione del rapporto “Our Common Future” (Il nostro futuro comune). Oltre a chiedere la convocazione di una Conferenza internazionale su ambiente e sviluppo (che si sarebbe poi tenuta nel 1992 a Rio de Janeiro) e la promulgazione di una “Carta della Terra”, il rapporto lancia definitivamente il concetto di “sviluppo sostenibile” che viene definito «lo sviluppo che risponde ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni».
Di primo acchito sembra facilmente sottoscrivibile, ma il testo del rapporto spiega bene che la leva principale per raggiungere lo scopo è quella della popolazione, responsabile sia del sottosvuiluppo che della distruzione dell’ambiente. Le politiche di controllo delle nascite diventano così centrali per raggiungere uno “sviluppo sostenibile”. Argomento che sarà pienamente recepito dal Summit della Terra del 1992 a Rio de Janeiro, che fu peraltro la prima di una serie di conferenze internazionali (fino al 1996) che ebbero proprio la declinazione del concetto di “sviluppo sostenibile” al loro cuore. Nascono così anche altri concetti collegati, come salute riproduttiva e diritti riproduttivi, principio di precauzione, identità di genere.

La “salute riproduttiva” cozza con la morale cattolica

La Chiesa condanna l’allarmismo demografico

Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, la grande propaganda contro la vita e la famiglia che si respirava a queste Conferenze internazionali non poteva non trovare l’ostilità da parte della delegazione della Santa Sede. Basti pensare che proprio nel 1994 (anno della Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo) il Pontificio Consiglio della Famiglia pubblicò un documento sulle “Dimensioni etiche e pastorali delle tendenze demografiche” in cui contesta esplicitamente il concetto di “sviluppo sostenibile” e lo bolla come una forma di neo-colonialismo, in cui i paesi ricchi impongono il controllo delle nascite (incluso l’aborto) ai paesi poveri. Il documento condanna anche esplicitamente l’allarmismo demografico che allora dominava. Per la Santa Sede era chiaro che il concetto di “sviluppo sostenibile” nasceva da una visione negativa dell’uomo e del suo ruolo sulla Terra.

Allora, dagli anni ’90, la Chiesa cattolica è diventata il principale obiettivo delle forze neo-malthusiane

Molte cose sono cambiate da allora, al punto che coloro che erano gli avversari in durissimi scontri nelle Conferenze internazionali degli anni ’90, oggi sono accolti in Vaticano con tutti gli onori. Jeffrey Sachs è il caso più eclatante, ma basta dare un’occhiata ai titoli delle relazioni e ai relatori delle Conferenze organizzate dalla Pontificia Accademia delle Scienze per rendersi conto che oggi il concetto di “sviluppo sostenibile” è diventato di casa anche in Vaticano.
Come è potuto accadere?
Qui dobbiamo capire che da quelle Conferenze degli anni ’90 la Chiesa cattolica è diventata il principale obiettivo delle forze neo-malthusiane. Le ragioni sono essenzialmente due:

1.la Chiesa cattolica rappresenta l’unico punto di resistenza all’ideologia del Nuovo Ordine Mondiale, l’idea di un governo – o una governance – mondiale guidata da elites tecnocratiche. Alle conferenze internazionali questa resistenza si concretizzava con l’alleanza con paesi latino-americani e islamici, grazie alla quale fu impedita l’approvazione di dichiarazioni e piani di azione che decretassero la fine della famiglia naturale, l’affermazione dell’ideologia di genere e il diritto all’aborto. Per questo motivo la Chiesa cattolica finì nel mirino: tentarono prima con una campagna per espellere la Santa Sede dall’Onu, poi con un programma di infiltrazione.

2. Poter usare la grande forza morale che la Chiesa cattolica esercita per metterla al servizio del Nuovo Ordine Mondiale.
Un passo decisivo per indebolire e annullare la resistenza della Chiesa cattolica era – ed è – l’introduzione del concetto di “sviluppo sostenibile” nella Dottrina Sociale della Chiesa, un’istanza sostenuta anche da molti vescovi, a cominciare da quelli tedeschi e francesi. Ci fu un tentativo in questa direzione anche con l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate, ma fu respinto. Caritas in Veritate infatti si basa sul concetto di “sviluppo umano integrale”, diametralmente opposto a “sviluppo sostenibile”

Purtroppo, le Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, sotto la guida del vescovo Marcelo Sanchez Sorondo, sono state guidate in questi anni in modo di permettere a questa ideologia anti-cattolica di essere pienamente integrata nella Chiesa.
Un importante successo della lobby neo-malthusiana è stato l’introduzione del concetto di “sviluppo sostenibile” nell’enciclica di papa Francesco, Laudato Sii. Qui sta il vero punto di svolta, e non a caso da questo momento Jeffrey Sachs diventa onnipresente agli eventi organizzati dal Vaticano, sempre più centrati su ambiente e povertà.
Tale integrazione è così avanzata che recentemente monsignor Sorondo ha potuto parlare di «un momento magico» perché «per la prima volta il discorso della Chiesa e il discorso del mondo così come rappresentato dalle Nazioni Unite marciano insieme». Una capitolazione.

Riccardo Cascioli

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana


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