20/08/2016

Single in aumento. Sì, una relazione è faticosa, ma dà gioia

In questa calda estate – sotto diversi punti di vista, non tanto e non solo legati al meteo – a tenere banco ci sono i classici temi “sempreverdi” (appunto il caldo, gli italiani in vacanza, le autostrade da bollino nero, l’abbandono degli animali, il femminicidio...), con l’aggiunta di qualche novità: le Olimpiadi di Rio pro Lgbt, per esempio, o la propaganda in favore dei single.

Sì, oramai viviamo in un tempo in cui a fare notizia non sono la famiglia e i bambini, ma i gay e i single. Il tutto con uno sguardo che di lungimirante ha ben poco.

Rispetto alle Olimpiadi si è già scritto, sottolineando come i mass media abbiano veicolato in una precisa direzione le informazioni da dare e dando evidenza di come – al contrario – a Rio vi siano state diverse dimostrazioni pro-life e pro-family.

Veniamo dunque subito a parlare dei single, che sono sempre più numerosi: in Italia le “mono-famiglie” (ecco un altro termine coniato dalla neolingua, volto a travisare la realtà) sarebbero circa il 30%. In Svezia raggiungono addirittura il 50%.

Naturalmente vi è chi vive la propria situazione di single con sofferenza e disagio, e che vorrebbe trovare la persona giusta con cui condividere la vita.

Accanto a questa tipologia di single ve ne sono tuttavia altre tre.

Quelli che vivono la loro singletudine con orgoglio, che ostentano questo loro “status” sociale agli occhi del mondo: sono liberi da ogni vincolo, possono organizzare la propria giornata attorno all’aperitivo con gli amici, nessuno impedisce loro di andare a letto tardi e di mangiare la pizza direttamente dal cartone, se desiderano così... Sono persone responsabili solamente di se stesse, che non devono rispondere a nessuno. Sono single, e lo sono per scelta. Vi sono poi i single-ideologici-convinti, ma sono pochi; e i single-di-ritorno, quelli che dopo un’esperienza a due – o più esperienze e in più di due, oramai non ci sono più limiti – finita male, magari anche con dei figli sulle spalle, decidono che preferiscono stare soli.

A supporto del moderno plotone dei single è stata recentemente pubblicata una ricerca dal titolo Quello che nessuno ti ha mai detto sui single, presentata al 124/esimo convegno annuale della American Psychological Association che si è svolto a inizio agosto a Denver, negli Stati Uniti. La ricerca, rilanciata con un titolo entusiastico dall’Ansa, sostiene che: «Non tristi e soli, alla disperata ricerca di un’anima gemella. Le persone single sono invece più aperte alle esperienze di quelle che hanno scelto la vita di coppia, hanno un maggiore senso di autodeterminazione e sono più propense ad una maggiore crescita e sviluppo psicologico. [...] I single tendono a dare più valore al proprio lavoro e sono anche più in contatto con i genitori, fratelli, amici, vicini e colleghi di lavoro. Inoltre hanno un senso di auto-determinazione più marcato e sono più propensi a sperimentare un senso di continua crescita e sviluppo come persona. Un altro studio citato mostra che sono meno inclini a sperimentare emozioni negative rispetto a persone sposate». Insomma, secondo i dati di questa ricerca i single sarebbero persone più dinamiche, più presenti alla realtà, con più relazioni e – in definitiva – più felici. Al contrario, chiosano gli stessi ricercatori: «Quanto agli studi che sostengono come sposarsi renda le persone più felici, sane e meno isolate, non sembrerebbero “metodologicamente in grado di dimostrare tali affermazioni”».

Eccoci al solito ritornello: la famiglia e il matrimonio sono una prigione, sono la tomba dell’amore, mentre la libertà e la possibilità di fare ed essere “come ci si sente” sono i veri valori da abbracciare. Della serie: non importa da che parte si attacchi la famiglia (unioni gay, ipersessualizzazione, gender, singletudine...), basta attaccarla. Sempre e comunque.

A tutto questo lo psicologo Tonino Cantelmi risponde con una riflessione sull’identità personale – alla riscoperta del maschile e del femminile – e sulla fatica dell’entrare in relazione con l’altro, unico vero canale per raggiungere la felicità.

«Secondo me la singletudine – afferma Cantelmi – è un fenomeno legato alla rinuncia a quella che ho definito la “progressione magnifica”: esserci, “esserci-con”, “esserci-per”. E sì, perché la “progressione magnifica” permette di partire da un Io (l’esserci), per passare ad un Tu (l’“esserci-con”) e infine giungere ad un Noi (l’“esserci-per”), dimensione ultima e sola che apre alla generatività, alla creatività ed all’oblatività».

Tuttavia oggi a dominare sono logiche narcisistiche, le amicizie sui social, l’ipersessualizzazione, la continua ricerca di emozioni, l’incapacità di fermarsi, alla continua rincorsa di qualcosa di altro e di nuovo... Tutti fattori cui si aggiunge la sempre più preoccupante perdita d’identità da parte delle persone, anch’essa diventata fluida e soggetta agli umori del momento.

«Insomma si tratta della demolizione dell’esserci, cioè del punto di partenza. Ed ecco che la possibilità più semplice è proprio la singletudine. [...] Se all’uomo d’oggi è precluso il raggiungimento di una identità stabile, che si articola e si declina nelle varie dimensioni, come in quella psicoaffettiva e psicosessuale, la conseguenza prima è che l’“esserci-con” (per esempio la coppia) assume nuove e multiformi manifestazioni, fino a dissolversi impietosamente. L’“esserci-con” non è più il reciproco relazionarsi fra identità complementari (maschio-femmina per esempio), sul quale costruire dimensioni progettuali, nelle quali si dispiegano le legittime attese esistenziali, ma si riduce all’occasionale incontro tra bisogni individuali che vanno reciprocamente a soddisfarsi, per un tempo minimo, al di là di impegni reciproci e di progetti che superino l’istante. È il trionfo dell’individualismo. E forse anche dell’infelicità».

Teresa Moro

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